Dal porto al bicchiere: la rinascita della Mesccia, il distillato che racconta secoli di scambi

Pensare oggi al Principato di Monaco significa immaginare yacht e grattacieli, isole artificiali e ristoranti di lusso, ma prima di questo la città stato per secoli è stata un porto mediterraneo, crocevia di merci e culture. Un’eredità forse non evidente oggi, ma non per questo dimenticata, come ben sa il Principe Alberto, mon ha deciso di riportare in vita la Mesccia, una bevanda nata nel XVII secolo e rimasta a lungo soltanto nei documenti e nelle memorie locali.
Più che un distillato, la Mesccia era il riflesso liquido di una geografia economica: una miscela composta da rum caraibico, Vermouth piemontese e Marsala siciliano, nata dagli scambi che facevano del porto di Monaco una tappa nelle rotte che collegavano l’Atlantico al Mediterraneo. L’operazione promossa oggi dal Principe ha un valore che va oltre la sfera del gusto: è un recupero identitario, un atto di “archeologia liquida” che rimette al centro la funzione storica del Principato come ponte fra mondi.
Il porto di Monaco prima del lusso
L’immagine attuale di Monaco come capitale del lusso rischia di offuscare la sua funzione primaria nei secoli passati: quella di porto. L’insenatura nota come Porto Ercole era utilizzata già in epoca antica, frequentata da Fenici e Greci, descritta dagli autori romani come un rifugio sicuro sulle coste frastagliate della Liguria marittima. Nel Medioevo passò sotto il controllo di Genova, che ne comprese il valore strategico e lo utilizzò come scalo per mercanti e militari.
Quando nel 1297 i Grimaldi conquistarono la rocca che domina la baia, il porto divenne fulcro del nuovo dominio. Non era un luogo secondario: la sua posizione lungo la costa lo rendeva prezioso per chi navigava tra la Provenza, Genova e i collegamenti transoceanici. Nei secoli successivi il piccolo scalo non perse questa centralità, fungendo da punto di approdo per merci, cibarie e botti che viaggiavano dal Mediterraneo orientale fino ai Caraibi e ritorno. È in questo contesto che si formò la Mesccia: un distillato figlio degli intrecci portuali.
Rum e triangolazione: la logica del commercio atlantico
Per comprendere l’essenza della Mesccia bisogna guardare a occidente, verso i Caraibi. Qui, nel XVII secolo, nacque il rum, distillato ottenuto dalla fermentazione della melassa di canna da zucchero. La sua storia è inseparabile dalla cosiddetta Triangolazione Atlantica, l’asse commerciale che univa Europa, Africa e Americhe. Le navi partivano dall’Europa con tessuti, armi e manufatti, giungevano in Africa per imbarcare schiavi, e raggiungevano le colonie americane dove la forza lavoro era destinata alle piantagioni di canna da zucchero.
Da lì ripartivano stive cariche di zucchero, melassa e rum, prodotti che tornavano in Europa per alimentare i mercati e le abitudini di consumo. Il rum, dunque, non era solo una bevanda: era parte di un sistema economico che intrecciava produzione, tratta e commercio. A Monaco, porto di passaggio e redistribuzione, quel liquido si incontrava con botti di Vermouth e di Marsala, dando vita a una miscela che condensava in sé le rotte di mezzo mondo.
Oggi la rinascita della Mesccia riparte proprio da quel cuore caraibico. È ad Haiti, patria di uno dei rum più autentici e meno industrializzati, che viene coltivata la rara canna da zucchero Crystalline. Questa varietà, lavorata senza ricorso a processi intensivi, mantiene aromi delicati e complessi. La sua distillazione in piccoli alambicchi ricorda da vicino la tradizione del Clairin, il rhum agricolo haitiano prodotto in villaggi e campagne con fermentazioni spontanee e metodi ancestrali. Haiti diventa così il primo polo della rinascita: lì la canna viene raccolta e trasformata in materia prima alcolica, poi spedita verso il Mediterraneo per completare il percorso che un tempo definiva la Mesccia.
Il secondo polo è La Distillerie de Monaco, unica realtà del genere nel Principato, situata nel quartiere della Condamine. Incastonata tra la rocca e il porto, la distilleria ha il merito di aver riportato nel cuore della città la produzione artigianale di spiriti. Oltre a gin e liquori ricavati da agrumi e frutti locali – celebre l’Orangerie, ottenuta da arance amare monegasche – la distilleria si è posta come laboratorio per dare forma a questa rinascita.
Qui la canna haitiana trova la sua seconda distillazione, completando un processo che lega due mari, due continenti e due tradizioni. Nei prossimi anni è previsto l’affinamento in botti ex-Vermouth ed ex-Marsala, proprio per rievocare la formula originaria della Mesccia e restituirle la complessità che l’aveva resa peculiare nel XVII secolo.
Un distillato come memoria storica
La Mesccia, così reinterpretata, non è soltanto un progetto enologico. È un gesto che intreccia storia, geografia e memoria. Da un lato, rievoca il porto di Monaco come scalo di mercanti e marinai, prima che la modernità lo trasformasse in vetrina di lusso. Dall’altro, restituisce voce a una circolazione atlantica che ha segnato il destino di interi continenti, nel bene e nel male.
Con la sua rinascita, il Principe Alberto rimette in circolo non solo un distillato dimenticato, ma l’idea stessa di Monaco come crocevia di mondi. Un piccolo Stato che si racconta attraverso un bicchiere, in cui il Mediterraneo e l’Atlantico tornano a specchiarsi.
La Mesccia, miscela storica di rum caraibico, Vermouth piemontese e Marsala siciliano, torna a vivere grazie all’iniziativa del Principe Alberto: un distillato che racconta il passato marittimo di Monaco
L’articolo Dal porto al bicchiere: la rinascita della Mesccia, il distillato che racconta secoli di scambi è tratto da Forbes Italia.
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