Delitto della freccia: nell’appello ‘bis’ pena ridotta a 21 anni per Evaristo Scalco


Milano. La Corte d’Assise d’Appello di Milano ha ridotto di due anni la pena e ha condannato a 21 anni di carcere Evaristo Scalco, il maestro d’ascia che nella notte tra l’1 e il 2 novembre 2022 , dalla finestra del suo appartamento nel centro storico di Genova, ha scoccato una freccia che ha trafitto e ucciso Javier Alfredo Miranda Romero, un operaio che si trovava per strada a festeggiare con un amico la nascita del figlio.
I giudici, in linea con la richiesta del sostituto procuratore generale hanno inflitto il minimo della pena prevista per il reato di omicidio, in questo caso aggravato dai futili motivi. L’uomo 67 anni, e agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico nella sua abitazione di Cittiglio, in provincia di Varese, “sta male – ha affermato l’avvocato Federico Papa che lo difende con Jacopo Pensa – perché ha ucciso una persona quando, in realtà, non ha mai fatto male a una mosca”.
Per la difesa, infatti, Scalco voleva solo spaventare la vittima e l’amico con i quali aveva avuto un diverbio. Comunque “ci dispiace” per la sentenza perché “questo era un processo che avrebbe dovuto definirsi con il rito abbreviato. Ha dimostrato resipiscenza, si è pentito, e sta risarcendo la famiglia”. Sulla norma che impone il processo ordinario qualora le contestazioni, come per tale vicenda, possano portare all’ergastolo, i due legali hanno sollevato una questione di legittimità costituzionale che però è stata respinta. La Corte milanese ha celebrato il processo dopo che la Cassazione ha annullato solo la parte che riguardava la determinazione della pena la decisione di secondo grado.
Lo scorso maggio, la Cassazione, nel ribadire che si è trattato di omicidio volontario, ha rinviato alla Corte d’Assise d’Appello di Milano per una nuova qualificazione della pena. Scalco, incensurato, era stato condannato dal tribunale e dalla Corte di appello di Genova a 23 anni di carcere, con l’esclusione solo dell’aggravante dell’odio razziale e non di quella dei futili motivi.
Secondo la ricostruzione agli atti processuali, Scalco, in quel periodo assunto come artigiano per svolgere alcuni lavori sullo yacht di Renzo Piano in rimessaggio a Genova, si era affacciato e aveva mal apostrofato Romero e l’amico per via degli schiamazzi e perché avrebbero pure fatto i loro bisogni contro un muro. Agli insulti i due avevano replicato e, uno gli avevamo strato il dito medio. Il maestro d’ascia a quel punto aveva preso l’arco e montato la punta più letale che aveva in casa e scoccato la freccia, colpendo Romero. Era poi sceso in strada e aveva provato a estrarre il dardo. La vittima arrivò in condizioni disperate in ospedale dove poi morì. Oggi nel processo d’appello bis i giudici si sono presi 30 giorni per le motivazioni. Probabile che si ritorni in Cassazione.
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