Delitto Garlasco: martedì il Riesame per Venditti, un altro pm accusato di corruzione

Nella resa dei conti fra magistrati di Pavia di oggi e di ieri, dopo Mario Venditti (colui che chiese l’archiviazione per Andrea Sempio nelle nuove indagini sul delitto di Garlasco nel 2017) un altro pm è accusato di corruzione dalla Procura di Brescia. L’indagine è quella su un presunto ‘sistema Pavia’ con al centro l’ex procuratore aggiunto fino al 2023, poi presidente del Casinò di Campione, la sua squadra di carabinieri, imprenditori e pubblici funzionari.
Indagato Pietro Paolo Mazza: accuse non legate al delitto di Garlasco
Il pm di Milano, Pietro Paolo Mazza, ex sostituto a Pavia durante la stagione Venditti, è stato perquisito giovedì nel suo ufficio al quarto piano del palazzo di giustizia in via Freguglia da militari del Gico della guarda di finanza di Brescia su delega del procuratore Francesco Prete e della pm Claudia Moregola. E’ indagato nell’ambito di un filone, mandato a Brescia per competenza, dell’inchiesta ‘Clean 2’ che riguarda le toghe dopo che il procedimento pavese si è chiuso con una condanna a 4 anni e 6 mesi in primo grado per l’ex carabiniere Antonio Scoppetta, una messa alla prova per l’imprenditore Carlo Primo Boiocchi mentre sono ancora a processo gli ex militari Maurizio Pappalardo e Daniele Ziri. Il magistrato 53enne perquisito nulla c’entra con le indagini sul delitto di Garlasco e le presunte dazioni di denaro per decine di migliaia di euro contestate a Venditti e che le avrebbe ricevute dalla famiglia di Andrea Sempio nel 2017 per chiederne l’archiviazione nel primo fascicolo che lo ha visto coinvolto, su input della difesa di Alberto Stasi, come presunto omicida di Chiara Poggi il 13 agosto 2007.
A Mazza è contestato invece un episodio di corruzione e peculato per aver comprato un’auto a prezzo di favore dalla società Esitel dei fratelli Cristiano e Raffele D’Arena. In cambio le avrebbe affidato un servizio d’intercettazioni telefoniche e informatiche durante lo svolgimento di un’inchiesta. In quegli anni la Esitel – finita anche indagata e archiviata a Brescia per aver creato una “inedita rete informatica aggiuntiva a quella ministeriale” in cui “deviare i dati sensibili/riservati tratti dalle intercettazioni in corso fuori dagli ambienti rigorosamente stabiliti per legge” si legge in un documento firmato dall’allora Procuratore di Milano, Francesco Greco – era la fornitrice ufficiale del servizio di captazioni per la Procura di Pavia. Per questo motivo l’avvocato Massimo Dinoia, che con il collega Fabrizio Testa assiste il pm, contestualizza l’episodio e dichiara di avere “molta fiducia che la vicenda si chiuda positivamente nel più breve tempo possibile”.
Il 14 ottobre l’udienza davanti a Riesame per Venditti
Nel frattempo è stata fissata per martedì 14 ottobre l’udienza davanti al Tribunale del riesame di Brescia per Mario Venditti. L’ex magistrato 72enne, con l’avvocato Domenico Aiello, chiede di annullare il decreto di perquisizione eseguito nei suoi confronti il 26 settembre. Al centro del filone investigativo c’è un appunto sequestrato alla famiglia Sempio e scritto a penna con la dicitura “VENDITTI GIP ARCHIVIA X 20. 30. € euro”, che secondo gli inquirenti sarebbero invece 20-30mila euro. La nota è datata 4 febbraio 2016 ma si tratterebbe di un errore materiale visto che la prima indagine su Sempio viene avviata solo nel dicembre 2016 dopo la richiesta di revisione del processo presentata dalla difesa Stasi alla Procura generale di Milano. Proprio dalla Procura generale potrebbe arrivare un assist involontario alla difesa di Venditti. Dalle migliaia di pagine degli incartamenti del fascicolo su Garlasco spunta infatti un appunto girato all’aggiunto il 17 gennaio 2017, 20 giorni prima dell’interrogatorio con Sempio e della presunta corruzione, dalla sostituta procuratrice generale Laura Barbaini che aveva sostenuto l’accusa nel processo bis a Stasi fino alla condanna definitiva a 16 anni. Barbaini scrive a chiare lettere che Sempio “non risulta aver svolto alcun ruolo né avere mai avuto alcuna collocazione nella vita di Chiara Poggi“. Fra loro “non esiste alcun contatto diretto” nei “sei mesi precedenti all’omicidio, né in epoca anteriore”. Il coinvolgimento del commesso di Voghera nel delitto viene definito come come un’ipotesi priva di “ogni razionalità e plausibilità” che si cala nel “più totale vuoto probatorio” con indizi “del tutto irrilevanti”. Per la magistrata è Stasi ad aver “sempre operato in modo da condizionare gli interventi e i non interventi degli investigatori dell’epoca e dell’autorità giudiziaria”. “A titolo di esempio, ha fatto comparire nel 2014 una bicicletta nera da la Luxory olandesina, risultata diversa, secondo la Cassazione, da quella visionata la mattina del 14 agosto 2007” dal maresciallo Marchetto dei carabinieri assieme al padre dell’imputato, come “non ha mai indicato il venditore della bicicletta Umberto Dei, necessario per verificare la originalità o meno dei pedali della bicicletta”, né ha dichiarato “di avere nella disponibilità una bicicletta nera da donna”, vista da una testimone il giorno dell’omicidio.
L’oggi 42enne, detenuto a Bollate in regime di semi libertà, avrebbe sempre scelto “il modo e il momento per tentare ancora una volta di condizionare l’azione degli investigatori (in questo caso di Pavia)” con “informazioni peraltro già scrutinate dai precedenti giudici e dalla Corte di Assise di Appello”, incluse le “conversazioni” di 2, 8 e 21 secondi verso casa Poggi del 7-8 agosto 2007 e lo “scontrino del parcheggio di Vigevano”.
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