Di Pietro e Caiazza, la strana coppia per il Sì al referendum sulla separazione delle carriere: “Anm? Non ci azzeccate”
La coppia che non ti aspetti: Antonio Di Pietro e Gian Domenico Caiazza uno accanto all’altro ieri nella sala stampa della Camera dei Deputati per presentare ufficialmente il Comitato per il Sì alla riforma per la separazione delle carriere promosso dalla Fondazione Einaudi.
L’ex magistrato di Mani Pulite arriva a Montecitorio prima degli altri compagni di avventura. Si ferma a leggere Il Giornale, il quotidiano a lungo di proprietà di Silvio Berlusconi, poi però in conferenza allontana lo spettro del fondatore di Forza Italia: “Quel Silvio di cui non ricordo il cognome voleva mettere i pm sotto il controllo politico” mentre “questa riforma non intacca l’indipendenza della magistratura”. Ha poi rivendicato il suo cambio di posizione: “Chi cambia idea è un traditore o una persona responsabile che sa fare autocritica? Rivendico quello che ho detto allora e quello che dico adesso, separiamo queste carriere”. Ha aggiunto: “I governi e le maggioranze passano, ma il quadro di riferimento di uno Stato di diritto dev’essere chiarito. Andava completato già nel ‘89, non è una cosa fatta adesso per andare contro qualcuno”. Anche perché, ha sottolineato l’ex pubblico ministero, “se un Pm si vuole inginocchiare può già farlo adesso, Palamara docet. Non lo ferma nessuno, solo il tritolo o un altro magistrato”. Per questo è importante “il giudice terzo, è l’unico che può fermarlo e valutarlo”.
Di Pietro è il frontman della campagna proprio contro i suoi ex colleghi magistrati. E non risparmia parole per il ‘sindacato’ delle toghe: “Ai colleghi dell’Anm dico che non c’azzeccano e che la separazione delle carriere non è una vendetta di qualcuno, ma è indispensabile per completare il quadro definito con la riforma del processo del 1989 e, quindi, serve ai cittadini”. Poi l’ammissione: “Chi mi conosce sa che ho fatto il pm e l’ho fatto anche in modo forte, ma oltre quello ho fatto di tutto, dal poliziotto, all’avvocato, fino all’indagato e all’imputato. E dopo 30 anni durante i quali ho vestito ‘tutte le giacche’ posso dirvi che è importante che a giudicare su questa riforma sia uno che le ha vestite tutte”.
Alla sua sinistra l’ex presidente dell’Unione Camere Penali e presidente del Comitato, Gian Domenico Caiazza: “La falsificazione principale è che la riforma sottoporrebbe il Pm all’esecutivo, una volgare menzogna. L’articolo 104 della Costituzione che ha garantito a tutti i magistrati la loro autonomia non è stato minimamente modificato. Fare un’affermazione del genere che non si misura col dato testuale ma che è molto efficace sull’opinione pubblica è una vergogna, il nostro impegno è smentire questa menzogna”. Il penalista ha proseguito: “La separazione delle carriere non è una eccezione nel mondo democratico ma la regola, l’eccezione siamo noi insieme a Turchia Bulgaria e Romania”. “Esiste un altro Paese al mondo in cui la magistratura è organizzata in correnti politiche e la sua associazione si comporta da soggetto politico?”, si è chiesto ancora Caiazza. “Questo spiega perché la riforma del metodo elettorale, del sorteggio, è il vero obiettivo del fronte contrario, perché disarticola il potere delle correnti di formazione del Csm”. Proprio sul tema del lancio dei dadi per i due possibili futuri Csm Caiazza ha ammesso: “ho cambiato idea dopo aver ascoltato le parole dell’attuale Consigliere del Csm Andrea Mirenda”.
Tuttavia come ha ricordato il presidente dell’Anm Cesare Parodi qualche giorno fa è stata proprio l’Unione Camere Penali nel 2019 a scrivere un comunicato in cui, tra le varie cose, si pronunciavano contro il sorteggio allora proposta dall’ex Ministro Bonafede. Forse per il bene di tutti sarebbe meglio che la campagna la si portasse avanti sul piano del merito, perché su quello della coerenza la perdono tutti, considerato che anche Nicola Gratteri, frontman del No, si è speso sempre a favore del sorteggio ma ora è uno dei più fermi oppositori della riforma Nordio per il timore di un assoggettamento del pm all’Esecutivo. “È vero che la riforma è stata approvata da una maggioranza di centrodestra ma nasce a sinistra 36 anni fa, come conseguenza del passaggio da rito inquisitorio ad accusatorio”, ha ricordato l’ex senatore Andrea Cangini. “Acclamata come ineludibile anche dai dirigenti del Pd solo 6 anni fa è una riforma attesa e trasversale, infatti nel comitato abbiamo persone libere che amano il merito delle questioni politiche”.
Ai numeri ci ha pensato il deputato di Forza Italia Enrico Costa: sulla responsabilità civile dei magistrati, “dal 2010 al 2025 su 872 cause 15 condanne, nell’ultimo anno 61 cause e 3 condanne. Dal 2017 al 2024 su 5933 casi di ingiusta detenzione, sono state 9 le sanzioni disciplinari. Nel 2024 98,5% valutazioni positive. O è tutto perfetto o c’è qualcosa che non funziona”. Da qui per lui la necessità della riforma. Al momento “abbiamo già raccolto molte adesioni, quasi 1500 persone in pochi giorni, e ci stiamo attivando per aprire sedi locali in tutto il Paese”, ha spiegato Giuseppe Benedetto, presidente della fondazione Einaudi che ha concluso: “Il 19 dicembre a Napoli inizia il nostro viaggio in giro per l’Italia per spiegare i motivi del Sì, seguiranno tanti altri appuntamenti”.
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