Dopo la Global Sumud Flotilla, ora Israele minaccia anche l’Europa

A causa delle condizioni meteorologiche estreme della scorsa notte, cinque delle navi più piccole che costituiscono la Global Sumud Flotilla – che sta facendo rotta verso Gaza con l’intento di portare alla popolazione aiuti umanitari – sono tornate indietro per motivi di sicurezza, ma il resto della flotta sta adesso proseguendo il suo periglioso viaggio in mare.
«Siamo sollevati nel confermare che tutti sono al sicuro e presenti, e la missione continua – dichiarano oggi i volontari – Quando piccole imbarcazioni civili devono fare il lavoro che i governi hanno fallito nel fare, salpando per rompere l’assedio e porre fine al genocidio, sfide come queste sono comuni. Se anche solo uno dei governi complici avesse inviato le proprie navi, molto più capaci, verso Gaza, questi ostacoli non ricadrebbero sulla gente comune. Restiamo saldi nel nostro impegno a raggiungere Gaza, ad unirci alle navi in partenza da Tunisi, Grecia e Italia, e a rimanere uniti nel rompere l’illegale assedio di Israele con una missione umanitaria e nonviolenta».
Ormai non ci sono più dubbi che nella Striscia di Gaza si stia consumando un genocidio, perpetrato da Israele a danno dei palestinesi. Ieri anche la più grande associazione accademica al mondo che riunisce gli studiosi del genocidio – la International association of genocide scholars (Iags) – ha approvato una risoluzione in cui si dichiara che «le politiche e le azioni di Israele a Gaza soddisfano la definizione legale di genocidio contenuta nell’Articolo II della Convenzione delle Nazioni Unite per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio (1948)», e che al contempo «le politiche e le azioni di Israele a Gaza costituiscono crimini di guerra e crimini contro l’umanità, come definiti dal diritto internazionale umanitario e dallo Statuto di Roma della Corte penale internazionale».
Da qui la richiesta della Iags «a tutti gli Stati» di lavorare attivamente a politiche «per garantire il rispetto dei propri obblighi ai sensi del diritto internazionale, inclusi la Convenzione sul genocidio, il Trattato sul commercio delle armi e il diritto internazionale umanitario, in relazione a Israele e Palestina», oltre all’invito al «Governo di Israele e tutti gli altri membri delle Nazioni Unite a sostenere un processo di riparazione e giustizia transitoria che garantisca democrazia, libertà, dignità e sicurezza per tutto il popolo di Gaza».
Nulla però sembra più distante dalle azioni di Israele, uno stato nato paradossalmente per dare un luogo sicuro dove vivere alla popolazione ebraica dopo il genocidio cui era stata sottoposta da nazismo e fascismo. Ieri il ministro della Sicurezza nazionale israeliana, Ben Gvir, ha dichiarato che il suo Governo tratterà come terroristi le centinaia di volontari in arrivo da 44 differenti Paesi con le loro barchette piene di cibo e aiuti. Oggi ha rincarato la dose, aggiungendo minacce neanche troppo velate all’Europa: «I Paesi europei che si abbandonano all'ingenuità e si arrendono alle manipolazioni di Hamas finiranno per sperimentare il terrore in prima persona».
Che fare? Come suggerito su queste colonne da Aurelio Caligiore, Ammiraglio ispettore del Corpo della Guardia Costiera, le minacce del Governo israeliano verso i volontari diretti a Gaza, se concretizzate, sarebbero fuori da ogni istituto giuridico previsto dal diritto internazionale. Occorre dunque garantire un ombrello Sar (Search and rescue) alle oltre 50 unità dirette a forzare il blocco navale sulle coste della Striscia di Gaza. Potrebbe occuparsene Frontex, ovvero l'Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera dell'Ue che coordina la gestione delle frontiere esterne dell'Unione europea e dei Paesi associati all'area Schengen. Ma al momento accanto ai volontari della Global Sumud Flotilla c’è solo la società civile, a partire dagli ambientalisti.
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