Hideo Kojima a Lucca: quando la connessione diventa emozione

Nel Teatro del Giglio di Lucca, il tempo ha smesso di scorrere. È bastato un applauso, quello che ha accolto Hideo Kojima, per piegare lo spazio tra videogioco e realtà, tra Italia e Giappone, tra chi crea e chi gioca.
Death Stranding 2: On the Beach — un’opera nata per riflettere sulla connessione in un mondo frammentato — ha trovato in quella sala il suo significato più profondo: connettere davvero le persone.
Hideo Kojima a Lucca | Come una Rockstar
Il giorno antecedente al main event di questa Lucca Comics and Games 2025, Piazza San Michele è stata un’onda che si muoveva all’unisono. Un bagno di folla ha trasformato il cuore di Lucca in un set a cielo aperto, con la presenza dei migliori cosplayer ispirati a Death Stranding.
Quando Kojima è apparso affacciato, l’aria si è tesa e poi ha ceduto, esplodendo in un boato. Per un istante, la città ha somigliato al suo universo: fili invisibili tendevano a unire estranei, sconosciuti che diventavano comunità. Non c’era coreografia, eppure tutto era perfettamente sincronizzato.
È in quel momento che Death Stranding è uscito dal videogioco ed è entrato nella realtà: non solo estetica, ma appartenenza. [gallery columns="2" size="medium" ids="1110803,1110804"]
Death Stranding 2: On The Beach Panel a Lucca comics & games 2025
Il giorno seguente, il cuore dell’evento si è spostato al Teatro del Giglio, dove l’attesa aveva il respiro di qualcosa di irripetibile. Ogni posto era occupato, ogni sguardo rivolto al palco, come se tutta Lucca si fosse raccolta lì dentro.
A introdurre Hideo Kojima è stata Eva Carducci, che con poche parole ha ricordato come il suo lavoro abbia ridefinito i confini tra cinema e videogioco, tra emozione e interattività. Poi, tra applausi che sembravano non finire mai, il maestro giapponese è salito sul palco, seguito da Luca Marinelli e Alissa Jung, i volti di Death Stranding 2: On the Beach.
Il loro ingresso è stato sobrio ma carico di intensità: tre figure unite da un progetto comune, da un linguaggio che trascende le parole, da quella stessa “connessione” che il gioco ha fatto diventare carne e simbolo.
“Ora ci siamo riconnessi con il pubblico”
Kojima ha parlato con la sincerità di chi ha appena chiuso un lungo viaggio creativo. "Con la pandemia è stato difficile sviluppare il gioco. Anche con Luca e Alissa abbiamo girato durante quel periodo. Il gioco riguarda la connessione, ed è curioso, perché lavoravamo da remoto. Ora però ci siamo riconnessi con il pubblico, e questo mi emoziona molto." Quella frase, detta con semplicità, ha illuminato il senso dell’intero tour mondiale. Accanto a lui, Luca Marinelli ha restituito l’emozione con l’entusiasmo puro di chi realizza un sogno: "È stato meraviglioso, per me un sogno diventato realtà. Mi ricordo me stesso a 14 anni, mentre giocavo ai titoli del maestro Kojima."“L’umanità ha bisogno di sentirsi vicina”
Kojima ha poi riflettuto su come il primo Death Stranding abbia finito per anticipare il nostro tempo: "Quando è uscito il gioco, poi è arrivata la pandemia — ma non l’avevo previsto. Nel primo parlavo già di connessione, e quando il mondo si è chiuso, è diventato quasi come quello del gioco. Per sviluppare il sequel ho lavorato da remoto, da solo in ufficio. Però ho capito che l’umanità ha bisogno di muoversi, di sentirsi vicina. Per questo ho riscritto il concetto del primo gioco: per esplorare ancora di più il bisogno reale di connettersi."La scelta di Luca Marinelli
Poi è arrivato il momento più atteso: la storia dietro la scelta di Luca Marinelli come nuovo antagonista, Neil Vana. Kojima ha parlato con la sincerità di chi non ha bisogno di costruire un mito, perché lo è già.
"Ho conosciuto Luca Marinelli dopo aver visto l’incredibile villain in Lo chiamavano Jeeg Robot. Mi ha sorpreso, l’ho trovato un attore straordinario. Poi ho visto Martin Eden quando è uscito in Giappone: il film era bello, ma lui era grandioso."
Al suo fianco, Marinelli ha abbassato lo sguardo, quasi imbarazzato. Kojima ha continuato:
"Ho scritto un commento e Luca mi ha contattato per ringraziarmi, dicendo di essere un mio fan. Quando ho saputo che Mads Mikkelsen, che aveva interpretato Clifford Unger, non sarebbe tornato perché impegnato, ho deciso di creare un antagonista ancora più potente. Ho pensato a Luca, mi sembrava perfetto per il ruolo di Neil Vana. Lo chiamavano Jeeg Robot è un film sull’animazione giapponese, quindi l’ho visto un po’ come un segno del destino." Sorridendo l'attore ha raccontato la sua reazione al messaggio ricevuto dal "Maestro", come preferisce chiamarlo: "All’inizio pensavo fosse uno scherzo. Quando ho capito che era tutto vero… è stato incredibile. Ricordo il giorno in cui mi ha spiegato il concept: mi ha emozionato, era potente, un messaggio d’amore per l’umanità. In quel momento ho sentito di essere tornato in contatto con il me stesso di vent’anni fa."
“Non sei Snake, hai solo una bandana in testa!”
Ovviamente non è mancato il riferimento alla bandana indossata dal Neil nel gioco, un momento che ha fatto saltare dalla sedia tutti i fan all'uscita del trailer. Qui Kojima e Marinelli hanno spiegato come sono andate le cose: "Quando Luca ha visto per la prima volta il concept di Neil, indossava una bandana. Mi ha scritto: “Ma… sto interpretando Snake?” Io: “No, non sei Snake, hai solo una bandana in testa!”. Marinelli ride: "È vero! Mi ero gasato. Ma poi capisci che con Kojima ogni simbolo sposta il significato, non lo copia".Dentro il set: il making of di una connessione
A metà del panel, sullo schermo del Teatro del Giglio, sono apparse alcune clip inedite di making of tratte dalle sessioni di performance capture di Death Stranding 2. Le immagini mostravano Marinelli e Alissa Jung avvolti nelle tute di motion capture, immersi in un set quasi spoglio, illuminato da centinaia di sensori. Si muovevano lentamente, misurando gesti e respiri, come attori in una coreografia invisibile. Il pubblico ha reagito in silenzio, catturato dalla delicatezza di quelle sequenze: un abbraccio tra i due personaggi, un dialogo sussurrato, uno sguardo che diventava emozione digitale. Marinelli, ricordando quel momento, ha detto: "Il set era vuoto, ma la sensazione era fortissima. Dovevamo immaginare tutto: lo spazio, la luce, il vento. Hideo ci chiedeva di non “recitare”, ma di sentire. È stato un lavoro diverso da qualsiasi film. Era come tornare bambini, quando giochi a immaginare un mondo e credi che sia vero." Accanto a lui, Alissa Jung ha parlato con tono dolce, ma deciso: "Per me è stato come tornare alle origini, ai radiodrammi. Siamo entrati nella fantasia di Kojima, è stato un po’ come fare teatro. Le telecamere in faccia erano complicate, ma ho sentito una libertà enorme. Kojima cerca sempre emozioni autentiche, e questo mi ha ispirata anche come regista. È un modo di lavorare che ti fa capire quanto la verità, anche in un videogioco, possa essere umana." [caption id="attachment_1110811" align="aligncenter" width="1200"]
Durante il panel sono state mostrate delle clip esclusive sul making of di alcune scene di Luca Marinelli e Alissa Jung[/caption]
L’arte appartiene a voi
Poi, dopo un lungo applauso, il creatore ha spostato il discorso su un tema più universale — la libertà creativa e l’accesso agli strumenti dell’arte. È stato il momento più emozionante del panel: "Quando ero giovane, dovevi far parte di una compagnia, perché non c’erano altri mezzi per sviluppare e non potevi fare tutto da solo. Dovevi appartenere a una compagnia per creare un gioco. Ma se sei in una compagnia ci sono delle regole da seguire per creare, e questo significa che non puoi essere creativamente te stesso al 100%. Oggi tutti, in uno scenario digitale, hanno una videocamera. Potete girare con un iPhone, montare sul telefono, scaricare un engine per un gioco, fare CG o VFX. Quando ero ragazzo una macchina da montaggio era costosissima. Ora no. Potete far recitare un vostro amico, creare con un vostro amico. Quando ero bambino non c’era alcun modo per realizzare tutto ciò. Scrivevo un libro e non sapevo come farlo arrivare alle persone. Dovevi cercare un editore o vincere un premio. Oggi lo impagini, lo metti su internet, e tutto il mondo può leggerlo. Potete dire: “Sono qui, creo questo”. E questo è meraviglioso — voglio che le persone lo facciano!" Il teatro è rimasto sospeso nel silenzio, poi Kojima ha proseguito, con tono quasi paterno: "Voglio che il fatto di amare i giochi e i fumetti vi dia sicurezza: l’arte oggi appartiene a voi, a tutti. Assorbite tutto ciò che amate e, se possibile, create qualcosa voi stessi. E se non potete farlo da soli, fatelo insieme ai vostri amici. Potete presentarlo al mondo, e chi lo vedrà potrà seguirvi, ispirarsi, creare a sua volta: è un ciclo continuo. È per questo che voglio che tutti continuino a creare."Metodo Kojima: fiducia, attori, tempo
Sul set la parola chiave è “fiducia”. "Li metto in queste strane tute: devo chiedere fiducia. Non posso dare tutto lo script, lavoriamo per sequenze. All’inizio qualcuno non è a suo agio, ma parliamo, ceniamo insieme. Ci vogliono quattro anni dallo scan alla fine: devo lavorare con persone che mi piacciono." E con quella ironia che disarma: "Del mio 70% fatto di film, diciamo che il 35% sono film italiani." Mettendo a tacere le voci sulla strizzatina d'occhio al suo vecchio protagonista: "La bandana di Neil? Volevo un personaggio fico come Cliff, non volevo fare Snake!."“La connessione che abbiamo creato qui oggi non finirà”
Prima dei saluti, l’ultima promessa: "La connessione che abbiamo creato qui oggi non finirà. Anche se tornerò in Giappone, resterete dentro di me — come nel gioco, i fili invisibili ci terranno uniti. Per un attimo, davvero, Lucca è più vicina a Tokyo. E non per le mappe, ma per ciò che resta nell’aria quando un’idea, finalmente, diventa un ponte. [caption id="attachment_1110814" align="aligncenter" width="1200"]
Come finale, c'è stata la Walk of fame di Kojima e Shinkawa[/caption]
Un’impronta che resta
Il giorno successivo, in un momento più raccolto ma non meno simbolico, Hideo Kojima e Yoji Shinkawa hanno lasciato le impronte delle proprie mani nel Walk of Fame di Lucca Comics & Games. Un gesto che ha il sapore del rito e della memoria: le stesse mani che hanno dato forma a Metal Gear, a Snatcher, a Death Stranding, ora impresse per sempre nella pietra, a testimoniare un’eredità culturale che va oltre il medium. Mani che creano mondi, e che a Lucca hanno trovato la loro eco più umana. Quando le luci del Teatro del Giglio si sono spente, e la folla ha cominciato a disperdersi, restava la sensazione di aver assistito a qualcosa di irripetibile. Kojima non è più soltanto un autore di videogiochi, ma un narratore dell’epoca contemporanea: un artista che traduce l’isolamento in linguaggio, la tecnologia in sentimento, e la distanza in abbraccio. A Lucca, ha chiuso il suo tour mondiale, ma ha aperto un nuovo capitolo della sua poetica: quello in cui la connessione non è solo una meccanica di gioco, ma un’eredità condivisa. Le sue parole, i suoi gesti, e ora anche le sue impronte, restano lì — come ponti invisibili tra chi gioca e chi crea, tra il mondo reale e quello dei sogni. E forse è proprio questo il messaggio più autentico di Death Stranding 2: che nessun confine è davvero impossibile da attraversare, finché qualcuno tende la mano.L'articolo Hideo Kojima a Lucca: quando la connessione diventa emozione proviene da GameSource.
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