I caprini d’Aspromonte diventano Presidio Slow Food
Roma, 18 nov. (askanews) – I caprini d’Aspromonte di tre produttori che allevano e trasformano il latte sulla montagna calabrese che separa il Tirreno dallo Ionio diventano presidio Slow Food. Il lavoro di valorizzazione rientra nel progetto Presidiamo la Calabria, che prevede il lancio di sei Presìdi e la segnalazione di dieci prodotti sull’Arca del Gusto.
La capra d’Aspromonte, spiega Francesco Saccà, allevatore e casaro, referente dei tre produttori che aderiscono al progetto, è un animale rustico e resistente, ben adattato a sopravvivere con quel poco che la natura gli mette a disposizione. La capra d’Aspromonte è iscritta al registro anagrafico delle razze autoctone ed è a rischio di estinzione, anche perché produce poco latte rispetto ad altre capre: circa un litro al giorno, ma con il pregio di essere molto ricco e proteico. Il Presidio Slow Food nasce per tutelare e promuovere i formaggi caprini, ma nell’ottica di valorizzare l’intero ecosistema montano. Si tratta in ogni caso di caci a latte crudo, ma non esiste una ricetta unica. Ogni azienda lavora il latte rispettando la tradizione del proprio luogo, spiegano i casari.
All’interno del Presidio Slow Food dei caprini d’Aspromonte, il cui areale comprende i comuni montani del Parco nazionale dell’Aspromonte, rientrano quindi produzioni diverse: dalla ricotta ai formaggi freschi, fino alle tome. Di norma, il procedimento prevede che si scaldi il latte crudo appena munto e si aggiunga caglio di capretto. Poi, dopo la coagulazione, si rompe la cagliata in modo più o meno fine a seconda del risultato desiderato, si sistema in fuscelle di giunco o di plastica e si pressa a mano. Alcune forme, specialmente se di peso superiore ai tre chili, possono venire anche stagionate per diversi mesi, talvolta oltre un anno.
Un capitolo a parte, aggiunge Saccà, lo merita la musulupa, già presente sull’Arca del Gusto di Slow Food, un formaggio fresco, pressato in stampi di gelso nero di forme che richiamano la figura femminile. Ha una tradizione lunghissima legata alla cultura locale di origine greco-albanese: tradizionalmente veniva preparata nei giorni di Pasqua e si donava alla donna amata come augurio di fertilità.
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