Il Leoncavallo e l’omicidio di Fausto e Iaio: la storia dei due militanti del centro sociale

Per mezzo secolo è stato il cuore pulsante della Milano ribelle, fucina di cultura alternativa e teatro di battaglie politiche: il Leoncavallo non è (stato) solo un centro sociale, ma un pezzo di storia d’Italia anche durante il cupo periodo degli anni di Piombo. Ora che, 31 anni dopo l’occupazione della sede di via Watteau, è stato sgomberato, riemergono molte vicende che hanno segnato un’epoca. Tra queste, quella tragica di Fausto e Iaio, due ragazzi militanti del “Leonka”, uccisi nel 1978. Il caso è tuttora irrisolto.
La storia di Fausto e Iaio
La sera del 18 marzo 1978, Fausto Tinelli e Lorenzo “Iaio” Iannucci, entrambi 18enni e militanti del centro sociale Leoncavallo, vengono uccisi a colpi d’arma da fuoco in via Mancinelli, a Milano, a pochi passi dalla sede del centro. Quella sera sarebbero dovuti andare a un concerto proprio nel centro sociale meneghino. Dopo un pomeriggio tra amici e prima di andare a cena a casa di Fausto, i due passano da un locale ritrovo abituale dei giovani del quartiere Casoretto. Passano davanti a una edicola che è lungo il percorso tra via Casoretto e via Mancinelli e proseguono per via Mancinelli, dove alle 19.55, si fermano.
L’uccisione
A ricostruire cosa successe sono le testimonianze di chi era per strada in quel momento, tra cui la signora Marisa Biffi che nota un gruppo di tre persone con cui Fausto e Iaio hanno una discussione piuttosto accesa. Poi i colpi, Iaio che si accascia al suolo, morto, e Fausto che muore poco dopo durante il trasposto in ospedale. I tre scappano, si dividono, spunta anche una moto che da via Padova, la direzione verso cui uno dei tre è fuggito, sfreccia in piazza Durante passando davanti alle sirene delle forze dell’ordine. Dalla moto qualcuno lancia una pistola, una Beretta calibro 9, che però non è l’arma del delitto.
Sono 8 i colpi esplosi contro Fausto e Iaio, calibro 7.65, tre i componenti del gruppo descritti da testimoni uno con un giubbotto scuro e capelli castani e ricci, due con impermeabili chiari. La signora Biffi nota anche un sacchetto di plastica tra le mani dei tre. A rivendicare la morte dei due amici, pochi giorni dopo il delitto, un messaggio firmato ‘Esercito Nazionale Rivoluzionario. Brigata Combattente Franco Anselmi’ e forse da quel messaggio si potranno ottenere nuove risposte su quello che è un omicidio ‘politico’, figlio di un periodo storico di sangue e violenza.
Le indagini
Le indagini, coordinate dal pm Armando Spataro, coinvolgono anche i militanti del Leoncavallo, che consegnano un cappello insanguinato trovato sulla scena. L’inchiesta si concentra sulla destra eversiva: tra gli indagati, poi archiviati nel 2000, figurano Massimo Carminati, Claudio Bracci e Mario Corsi.
La pista dell’inchiesta sullo spaccio di eroina
Un altro filone investigativo sulla morte dei due giovani militanti ha ipotizzato il coinvolgimento di ambienti legati allo spaccio di droga a Milano. L’attenzione degli inquirenti si è concentrata su un dossier, a firma Collettivi Comunisti Autonomi, cui anche Fausto e Iaio avrebbero partecipato, sul traffico di eroina in città. Dopo la morte segue una grande mobilitazione fin dai giorni dei funerali che culmina con la nascita del gruppo ‘Mamme del Leoncavallo‘ a cui danno vita le madri di Fausto e Iaio e altre donne del centro sociale, impegnandosi nell’immediato alla lotta contro l’eroina.
La riapertura dell’inchiesta
La gip di Milano Maria Idria Gurgo Di Castelmenardo ha accolto la richiesta della Procura e disposto la riapertura delle indagini sull’omicidio di Fausto Tinelli e Lorenzo “Iaio” Iannucci, uccisi il 18 marzo 1978 nei pressi del centro sociale Leoncavallo. L’avvocato della famiglia Tinelli, Nicola Brigida, ha definito la decisione “un passo necessario per fare piena luce su un duplice omicidio tragico, che colpì due giovani colpevoli solo del loro impegno civile e politico”.
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