Inchiesta urbanistica Milano, i legali: “Con l’abuso d’ufficio non ci sarebbe mai stata corruzione”

Agosto 28, 2025 - 05:30
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Inchiesta urbanistica Milano, i legali: “Con l’abuso d’ufficio non ci sarebbe mai stata corruzione”

Con l’abuso d’ufficio questa inchiesta per corruzione non sarebbe mai esistita“. Il ‘mantra‘, a metà fra una battuta e una lamentela, circola da settimane fra gli avvocati milanesi coinvolti nell’indagine sull’urbanistica che ha scosso Milano e portato, dopo anni in cui non accadeva, ad arresti (poi revocati) di vertici dell’amministrazione e imprenditori e a interdittive per corruzione. Che l’abuso d’ufficio – cancellato – si sarebbe presto trasformato in qualcosa di molto più grave c’è chi lo aveva previsto con largo anticipo. È il caso dell’avvocato Franco Coppi, forse il più celebre penalista in vita d’Italia, difensore di Silvio Berlusconi e Giulio Andreotti. Lo disse ai cronisti del palazzo di giustizia nel 2023, a margine di un’udienza dei processi per il Monte dei Paschi di Siena: “Togliere l’abuso d’ufficio vorrà dire che i pubblici ministeri procederanno per corruzione, si allargherà il concetto di ‘utilità’ e quindi al posto dell’abuso avremo la corruzione, non mi pare una grande alzata d’ingegno“.

L’inchiesta e il dibattito sulla riforma della giustizia

Sul caso concreto dell’urbanistica di Milano nessuno si espone pubblicamente con nome e cognome, perché al momento c’è da difendere onorabilità e conseguenze penali per i propri assistiti, ma il fascicolo con 75 indagati fra cui il sindaco Giuseppe Sala, Manfredi Catella, Stefano Boeri e l’ex assessore Giancarlo Tancredi in agosto è diventato, nel mondo dell’avvocatura meneghina, lo spunto per discutere delle riforme della giustizia, del ministro Carlo Nordio e del referendum costituzionale per la separazione delle carriere. “Voterò convintamente per separare pm e giudici – spiega uno dei legali più noti del foro milanese – ma se fossi l’Associazione Nazionale Magistrati userei l’urbanistica come sponsor contro la riforma Nordio“. Il ragionamento del professionista è lineare: la Procura ha chiesto 6 arresti in carcere e domiciliari con 11 capi d’imputazione di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, false dichiarazioni e induzione indebita. Un gip ha disposto gli arresti attenuando le custodie in carcere (tranne in un caso) dopo gli interrogatori preventivi. Ha riconosciuto fondati sui gravi indizi solo 7 capi d’imputazione, restringendo la “dazione corruttiva“, ad esempio per Catella con l’architetto Alessandro Scandurra, dai 138mila euro individuati da pm e guardia di finanza ai soli 28mila euro di una singola e presunta “falsa fattura” nell’estate 2023. Non ha riconosciuto il capo d’imputazione con gli indagati principali e più ‘mediatici’ (Sala-Tancredi-Catella-Boeri, il dg del Comune Malangone, il presidente della commissione paesaggio Marinoni) sul progetto dell’ex Pirellino. Il Tribunale del riesame ha revocato tutti gli arresti, annullandone completamente 3 (si vedrà se per i gravi indizi o le esigenze cautelari) e ne ha sostituiti altri 3 con interdittive e sospensioni professionali. Ha riqualificato inoltre l’ipotesi di reato: da corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio (articolo 319 codice penale, da 6 a 10 anni di pena) nella più lieve corruzione per esercizio delle funzioni (318, da 3 a 8 anni), che giornalisticamente viene tradotta con il funzionario pubblico “a disposizione” o a “libro paga” del costruttore privato ma non per il singolo atto contrario al suo ruolo. Un’evoluzione in fase di indagini preliminari che per il legale mostra “plasticamente” l’indipendenza dei giudici dalle Procure.

Articolo 318 o 319? Il tema della qualificazione giuridica

Sul tema di quale tipo di ‘corruzione’ sia quella dell’edilizia meneghina, un avvocato che assiste costruttori in un processo al via lo aveva detto sin dal 16 luglio, giorno delle perquisizioni e delle richieste di arresto: “Questo al massimo è un 318 (del codice penale, ndr)” e quindi una corruzione ‘semplice’. A palazzo di giustizia ne discutono anche le toghe. “Un 318, da scrivere molto bene”, commenta un sostituto esterno al pool Siciliano-Petruzzella-Filippini-Clerici che indaga sul ‘mattone’. “Sì, probabilmente un 318”, aggiunge un gip, stimato nell’ufficio, e preoccupato che l’intera categoria dei magistrati si “giochi la faccia” su una vicenda così delicata.

La linea dei pm: deroghe urbanistiche come atti contrari alla legge

In tanti non sono d’accordo, fra accuse e difese. I pm lo hanno scritto a chiare lettere nelle memorie: in edilizia e in urbanistica approvare scostamenti dalle “norme morfologiche” (altezze, densità edilizie, volumi dei nuovi palazzi) attraverso una commissione paesaggio nominata da sindaco e assessore, che offre pareri obbligatori ma non vincolanti e a cui di fatto vengono delegati gli atti amministrativi degli uffici di Palazzo Marino che dovrebbero solo essere conformi alla legge e all’interesse pubblico, e per di più composta da architetti pagati regolarmente dagli immobiliaristi, è un atto contrario ai doveri d’ufficio. Per gli inquirenti quelle norme sugli edifici sono vincolanti senza lasciare spazio a deroghe, a maggior ragione se ‘approvate’ a colpi di circolari interne agli uffici firmate dai dirigenti che potrebbero mai sostituirsi a leggi nazionali. In alcuni casi ad essere violati sarebbero addirittura principi costituzionali a tutela del paesaggio, l’ambiente, la convivenza civile. Così come per loro approvare nuove costruzioni “impattanti” che aumentano il “carico urbanistico” senza un “piano attuativo”, magari come “ristrutturazione edilizia” di piccoli edifici che viene autorizzata con una o più Scia (Segnalazione certificata d’inizio attività) recepite dalla pubblica amministrazione in 30 giorni, è contrario alla legge nazionale e alla giurisprudenza di Consulta, Cassazione e Consiglio di Stato.

La linea delle difese: recenti leggi e sentenze consentono flessibilità

Linea che per alcuni difensori, invece, ignorerebbe completamente le più recenti leggi in materia di edilizia e ristrutturazione (2013-14 con il Ministro Maurizio Lupi, 2020 con il governo Conte bis in piena pandemia e 2022 con il governo Draghi), la potestà legislativa ‘concorrente’ di Stato-Regioni in materia di governo del territorio dopo la riforma del Titolo V del 2001, le circolari (una del 1969 e una del 2020) del Ministro delle Infrastrutture e alcune sentenze: ad esempio il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Sicilia (sezione isolana del Consiglio di Stato) sulla ristrutturazione o il più recente Tar Lombardia sul progetto di via Razza 5. Cantiere che per la Procura però non c’entra affatto con le contestazioni in corso per lo scarso impatto urbanistico, ed è inoltre uno degli episodi corruttivi di cui è accusata l’associazione di categoria dei costruttori Assimpredil-Ance con l’ex dirigente Giovanni Oggioni. Inoltre il Tar, sottolinea un consulente dei pm, per giustificare le motivazioni del provvedimento con cui ha sancito la non necessità di un “piano attuativo” in via Razza ha citato la più recente pronuncia del Consiglio di Stato in materia, del 5 maggio 2025. Sentenza dei massimi giudici amministrativi che però sostiene esattamente il contrario.

Il vuoto lasciato dall’abuso d’ufficio

Linea più sfumata da parte di un altro legale dei collegi difensivi, presente in almeno 3-4 indagini sull’edilizia aperte dalla Procura. “L’urbanistica e i palazzi? Sono plurimi casi di abuso d’ufficio“, spiega. “La cancellazione del reato ha creato vuoti normativi e comportamentali devastanti“, aggiunge facendo alcuni esempi concreti che lo hanno coinvolto negli ultimi mesi in prima persona: assoluzioni portate a casa per i propri assistiti che avevano assunto nella propria amministrazione pubblica parenti e amanti senza dichiararlo. Tesi che in Procura a Milano fa sorridere più di qualcuno, dopo che il mondo dell’avvocatura è stato fra i principali sponsor dell’abolizione del reato che puniva il pubblico ufficiale che abusa dei propri poteri, voluta da maggioranza e Guardasigilli. “Gli fa gioco dire così – ironizza con una battuta un procuratore aggiunto – perché guarda un po’: cucù, il reato non c’è più“. Non c’è più ma non ha minimamente fermato i pubblici ministeri. Ai funzionari dello Sportello unico edilizia di Milano che erano accusati di abuso d’ufficio la Procura ha cambiato l’ipotesi in corso d’opera. Se prima erano accusati di aver avallato i falsi degli architetti e progettisti, come l’affermare in una relazione asseverata per la Scia che due nuovi torri di 20 piani non aumentano il “carico urbanistico”, ora rispondono direttamente e in concorso del falso ideologico: da 1 a 6 anni di potenziale pena ma soprattutto, in caso di condanna, reato ostativo che impedisce di accedere ai benefici di legge. Oltre alle indagini aperte dalla Procura della Corte dei Conti dove si rischiano condanne per danni erariali monstre sui mancati oneri di urbanizzazione.

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