Italia e Direttiva anti-SLAPP: il Parlamento chiamato a colmare un vuoto normativo

lentepubblica.it
Il tema delle querele temerarie e delle azioni giudiziarie strumentali in Italia torna al centro del dibattito politico: il Parlamento chiamato a colmare un vuoto normativo in materia di Direttiva anti-SLAPP.
A riportarlo in primo piano è stata l’audizione del presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, Carlo Bartoli, svoltasi il 24 settembre davanti alla XIV Commissione Affari europei della Camera. L’occasione era l’esame della legge di delegazione europea, uno strumento con cui il Parlamento recepisce nel diritto interno le normative approvate a Bruxelles.
Bartoli ha richiamato l’attenzione dei deputati su una lacuna rilevante: nel testo in discussione manca infatti la Direttiva 2024/1069, che introduce misure di contrasto alle cosiddette SLAPP (Strategic Lawsuits Against Public Participation), ossia le cause legali intentate con l’unico scopo di intimidire chi esercita attività di interesse pubblico, in particolare i giornalisti.
Un fenomeno in crescita in Europa
Il presidente dell’Ordine ha ricordato come il fenomeno non sia marginale. Molti cronisti, soprattutto quelli impegnati in inchieste delicate, vengono trascinati in procedimenti giudiziari che non mirano a ottenere giustizia, ma a logorare chi scrive attraverso costi economici e pressioni psicologiche. L’allarme è stato ribadito anche dalla Commissione europea nel Rapporto sullo Stato di diritto 2025, che evidenzia un peggioramento delle condizioni dei media in diversi Stati membri.
Secondo Bruxelles, i professionisti dell’informazione affrontano un clima sempre più ostile: dalle aggressioni fisiche alle molestie sui social, fino a campagne denigratorie orchestrate per screditarli. A questi rischi si aggiungono le azioni legali intimidatorie, che spesso assumono un carattere sia civile sia penale. Non si tratta solo di episodi isolati, ma di un vero e proprio meccanismo di pressione capace di scoraggiare il lavoro investigativo e, di conseguenza, di impoverire la qualità della democrazia.
L’appello a recepire la direttiva
Per Bartoli, è fondamentale che l’Italia non perda l’occasione di introdurre tutele più efficaci contro questo genere di abusi. La direttiva europea, pur rivolta in primo luogo alle controversie di carattere transfrontaliero o con soggetti provenienti da Paesi extra UE, può rappresentare un punto di partenza per rafforzare le garanzie anche a livello nazionale.
“Non possiamo limitarci a un recepimento parziale” – ha sottolineato – ricordando che una normativa autonoma e mirata permetterebbe tempi rapidi di approvazione e ridurrebbe il rischio che la Commissione apra una nuova procedura di infrazione nei confronti dell’Italia. Una scelta che, a suo avviso, servirebbe non solo a evitare sanzioni, ma soprattutto a dare un segnale concreto sul rispetto della libertà di stampa.
Libertà di informazione sotto pressione
Il dibattito sulla normativa anti-SLAPP non riguarda solo la categoria dei giornalisti, ma tocca da vicino la tenuta del sistema democratico. Il principio in gioco è la possibilità per i cittadini di essere informati senza che chi racconta fatti scomodi rischi di finire in tribunale per anni. Ogni procedimento avviato con intenti vessatori comporta spese legali, perdita di tempo e stress che finiscono per trasformarsi in una forma di censura indiretta.
La direttiva europea stabilisce un quadro di principi che mira a prevenire e sanzionare l’uso distorto della giustizia, tutelando chi partecipa al dibattito pubblico. L’Italia, però, rischia di rimanere indietro se non recepirà per tempo queste regole.
Un contesto nazionale già fragile
Il nostro Paese non parte da una situazione rassicurante. Da anni le organizzazioni internazionali segnalano criticità sul fronte della libertà di stampa in Italia. Le querele per diffamazione, spesso sproporzionate, vengono utilizzate come strumento per scoraggiare le inchieste giornalistiche. A ciò si aggiungono altre fragilità: la protezione ancora insufficiente delle fonti e dei segreti professionali, l’assenza di una riforma organica della normativa sulla diffamazione e un contesto di crescente precarietà economica nel settore dell’informazione.
In questo quadro, l’adozione di una norma specifica contro le SLAPP assumerebbe un valore simbolico e pratico: sarebbe un passo avanti verso un ambiente più sicuro per chi fa giornalismo investigativo e, al tempo stesso, un segnale di coerenza con gli standard europei.
Il rischio di isolamento
Non recepire la direttiva significherebbe esporsi non solo a conseguenze giuridiche da parte dell’Unione, ma anche a un isolamento politico. Mentre altri Paesi lavorano per rafforzare le protezioni ai cronisti e a tutti coloro che contribuiscono al dibattito democratico – attivisti, ricercatori, associazioni – l’Italia rischia di essere percepita come poco attenta a un tema cruciale.
Inoltre, un vuoto normativo su questo fronte potrebbe alimentare la percezione di un Paese in cui la libertà di parola è formalmente garantita, ma sostanzialmente fragile.
Un banco di prova per il Parlamento
La legge di delegazione europea rappresenta dunque un banco di prova per il Parlamento. L’invito di Bartoli è chiaro: inserire la direttiva anti-SLAPP in modo esplicito, evitando di relegarla a un provvedimento generico o diluirla in norme più ampie che ne ridurrebbero l’efficacia.
Il percorso legislativo non sarà semplice, ma la posta in gioco è alta. Una norma specifica, chiara e autonoma permetterebbe di dotare l’Italia di strumenti rapidi contro le azioni legali intimidatorie, tutelando non solo i giornalisti ma l’intera società civile.
Conclusioni
La vicenda mette in luce una questione che va oltre l’ambito tecnico: quale spazio vogliamo garantire alla libertà di informazione nel nostro Paese? Il recepimento della direttiva anti-SLAPP non è un atto burocratico, ma una scelta politica che riguarda il futuro della democrazia.
Accogliere la sollecitazione del presidente dell’Ordine dei giornalisti significherebbe rafforzare le garanzie per chi svolge un ruolo essenziale di controllo e denuncia. Al contrario, rinviare o indebolire l’attuazione della direttiva rischia di lasciare irrisolti i problemi segnalati dall’Europa e di esporre i cronisti a nuove forme di intimidazione.
In un’epoca in cui la qualità dell’informazione è messa in discussione da fake news e pressioni politiche, il segnale che arriverà dal Parlamento sarà decisivo per capire se l’Italia intende difendere con forza la libertà di stampa o se preferisce lasciare questo diritto esposto alle insidie delle querele temerarie.
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