Massimo Carnelos: un nuovo ponte tra Italia e Silicon Valley


Massimo Carnelos, nuovo Console Generale d’Italia a San Francisco, ha alle spalle una lunga carriera diplomatica iniziata nel 2001. Con esperienze significative in Nuova Zelanda, Cipro, Baghdad e Londra, è stato anche capo dell’Ufficio economico dell’Ambasciata d’Italia nel Regno Unito e membro del direttorio della Banca Europea per la ricostruzione e lo sviluppo. Negli ultimi anni a Roma ha fondato e guidato l’unità per l’innovazione tecnologica e le start-up, un’esperienza che lo ha portato naturalmente verso la Bay Area, cuore mondiale della tecnologia.
Lo abbiamo incontrato per parlare della sua visione, delle opportunità per l’Italia e delle sfide del suo mandato.
Console Carnelos, ci racconta il suo percorso fino a San Francisco?
Sono in diplomazia dal 2001 e ho ricoperto incarichi in diverse realtà: vice capo missione in Nuova Zelanda, Cipro e Baghdad, poi capo dell’ufficio economico a Londra e membro del direttorio della BERS. Negli ultimi due anni a Roma ho avuto l’onore di creare da zero l’unità dedicata a innovazione tecnologica e start-up. È stato un lavoro appassionante, che ha reso naturale il mio trasferimento a San Francisco, dove innovazione e tecnologia sono al centro della vita economica e sociale.
Come ha vissuto l’arrivo a San Francisco e l’incontro con la comunità italiana?
È stato sorprendente e coinvolgente. Ho scoperto un legame profondo tra questa città e l’Italia: un flusso migratorio antico, che ha lasciato tracce forti nella storia e nello sviluppo della California. Ma ci sono anche tanti giovani italiani che arrivano oggi, pronti a lanciarsi in imprese, università e ricerca. Una comunità viva, preziosa, che è un onore rappresentare.
Lei è considerato un esperto di innovazione: che ruolo può avere l’Italia in Silicon Valley?
Un ruolo sempre più rilevante. L’Italia non è solo moda, design e cucina: è anche ricerca avanzata, robotica, biotech, scienze della vita, tecnologie quantistiche ed energia. Si percepisce sempre di più che siamo un Paese di innovatori. Il nostro ecosistema di venture capital e il numero di start-up crescono anno dopo anno, e vedo una nuova generazione di imprenditori italiani brillanti, con idee e coraggio di rischiare.
Quali opportunità si aprono per le start-up italiane qui? E che consiglio darebbe ai giovani imprenditori?
Venire in Silicon Valley è come per un calciatore esordiente giocare in Champions League. Qui l’ecosistema è avanti decenni rispetto a gran parte del mondo, e per una start-up italiana significa immergersi in una realtà veloce, competitiva, dinamica. Non si tratta solo di competenze – che i nostri ingegneri hanno eccome – ma di mindset. Il mio consiglio è: venire qui con apertura, intraprendenza e, se possibile, con una scale-up già strutturata. Le fasi iniziali, pre-seed o seed, vanno sviluppate in Italia. Qui bisogna arrivare preparati, pronti a misurarsi con i migliori.
Quali sono i suoi obiettivi a lungo termine come Console Generale?
Ne indico due. Primo: ridurre drasticamente i tempi di attesa per i servizi consolari – passaporti, atti civili e notarili, carte d’identità. Stiamo aumentando il personale e presto ristruttureremo gli uffici per ampliare gli sportelli. Secondo: favorire l’inserimento delle imprese italiane nelle grandi filiere americane, soprattutto tecnologiche. Con Innovit vogliamo accompagnare le nostre start-up verso la crescita globale.
La sua circoscrizione è vastissima: dall’Alaska alle Hawaii. Ha messo in valigia piumini e costumi?
Ho portato entrambi, e anche la muta! Amo il mare e qui l’acqua è molto più fredda che in Italia.
E da tifoso, riesce a seguire le partite?
Sì, seguo la Roma, per quanto possibile da qui.
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