La vita di Jane Goodall, signora degli scimpanzé
Jane Goodall si è spenta il 1 ottobre a Los Angeles, all'età di 91 anni. È morta per cause naturali mentre era impegnata in un tour di conferenze negli Stati Uniti.
È difficile definire a parole le diverse anime di una scienziata divenuta un'icona della ricerca, della conservazione animale e delle donne nella scienza: un'etologa che con i suoi studi sul campo, nelle foreste della Tanzania tra gli scimpanzé, ha cambiato il modo in cui gli scienziati studiano gli animali selvatici e rivoluzionato la nostra visione di questi primati, mostrati per la prima volta come dotati di personalità distinte, emozioni e capacità un tempo ritenute solo umane.. Non è eccessivo dire che Jane Goodall «ha cambiato per sempre la nostra relazione con la natura, e con essa, quella con la nostra umanità», ha ricordato la National Geographic Society, della quale Goodall è stata un membro per oltre sessant'anni. Lascia in eredità un messaggio di empatia e di cura per il mondo animale, di cui si è fatta ambasciatrice e per la cui conservazione si è spesa fino all'ultimo.. I primi anni e l'incontro con Leakey. Nata a Londra nel 1934, Jane Goodall sviluppò precocemente una passione per gli animali: da piccola adorava La storia del dottor Dolittle (un medico che si dedica agli animali e parla con essi nella loro lingua) e un peluche a forma di scimpanzé ricevuto in dono dal padre. Nel 1957, all'età di 23 anni e desiderosa di mettere a frutto i suoi interessi per la vita selvatica, si mise in contatto con Louis Leakey, il paleantropologo che all'epoca stava riportanto alla luce, con la moglie Mary, fossili di ominini nella Gola di Olduvai, nella piana del Serengeti (nel nord della Tanzania).. Inizialmente, lo scienziato l'assunse come segretaria, ma poi intravide un gran potenziale nell'intelligenza, nella passione, nell'etica del lavoro e nell'apertura mentale di Jane Goodall, che non aveva perseguito all'epoca un'istruzione formale in paleontologia o primatologia. «Voleva qualcuno la cui mente non fosse confusa dall'atteggiamento riduzionista della scienza nei confronti degli animali», avrebbe spiegato in seguito la scienziata.. Leakey sperava che una migliore comprensione degli scimpanzé, i primati più vicini all'uomo, aiutasse ad avere intuizioni sui nostri più lontani antenati. E sapeva che quelli che la comunità scientifica dell'epoca percepiva come difetti - non avere una solida carriera accademica alle spalle ed essere una donna in una categoria dominata dagli uomini, si sarebbero rivelati assi nella manica. Non si sbagliava.. Nella foresta tra gli scimpanzé. Jane Goodall arrivò nel Parco nazionale del Gombe Stream, un'area naturale protetta della Tanzania che ospitava una popolazione di alcune migliaia di scimpanzé (Pan troglodytes), di cui oggi sopravvivono meno di un centinaio di esemplari, nel 1960, accompagnata dalla madre, per iniziare a studiare i primati nel loro habitat naturale.
L'osservazione paziente e profonda di Jane Goodall, e il suo approccio così intimo e informale nell'approcciarsi agli animali, che chiamava "i miei amici" e identificava per nome, segnarono una svolta rivoluzionaria. Invece di assegnare numeri agli scimpanzé, diede loro dei nomi propri, documentando la loro personalità, le loro emozioni e le dinamiche all'interno dei loro gruppi. Fu guadagnandosi la fiducia di un maschio adulto, che chiamava "David Barbagrigia", che fu accettata dagli scimpanzé e poté osservare il loro comportamento da vicino.. Gli scimpanzé pescano le termiti. Tre mesi dopo Jane Goodall vide David Barbagrigia fare qualcosa che nessun umano si sarebbe mai aspettato di vedere in un primate: infilare un rametto frondoso appositamente privato dalle foglie in un nido di termiti, per poi tirarlo fuori e mangiare gli insetti rimasti attaccati. L'animale stava usando uno strumento per compiere un'azione, e non solo, l'aveva realizzato con uno scopo ben preciso.
Dunque gli scimpanzé non solo usavano utensili, ma li costruivano anche; un fatto del tutto inedito, che sembrava mettere in discussione l'unicità umana, e che il suo mentore Leakey commentò così: «Ora dobbiamo ridefinire "utensile", ridefinire "uomo", o accettare gli scimpanzé come umani».. Jane Goodall scoprì anche - tra le altre cose - che gli scimpanzé hanno personalità molto ben caratterizzate e possono provare emozioni come gioia e dispiacere, che sono capaci di comportamenti attribuiti di solito all'uomo come abbracci, baci, pacche sulle spalle, che mangiano anche carne e non solo solo vegetariani, che sviluppano legami familiari e amicali profondi che possono durare decenni, ma che come l'uomo sono capaci di comportamenti brutali, aggressivi e violenti.
Come ricorda la CNN, ancora oggi la piccola foresta di Gombe ospita lo studio più lungo e dettagliato di un animale nel suo habitat naturale al mondo.. Jane Goodall ottenne una sovvenzione dalla National Geographic Society per proseguire gli studi, si sposò col regista olandese Barone Hugo van Lawick ed ebbe un figlio. Conseguì il dottorato in etologia presso l'Università di Cambridge, nel 1965, e fondò nella riserva di Gombe un centro di ricerca sui primati, il Gombe Stream Research Center.. Grazie a Jane Goodall ora possiamo associare i concetti di cultura e creatività non solo agli umani, ma anche ai primati e ad altri animali. Come raccontava qualche settimana fa, in un'intervista che uscirà sul numero di Focus in edicola dal 21 ottobre: «Quando parlai di cultura, la gente disse: "Gli animali non hanno cultura!". Ma le prove continuavano ad accumularsi. Ad alcuni scimpanzé piace davvero dipingere. Un maschio faceva sempre forme a ventaglio: nessuno gliel'aveva insegnato. Altri tracciano cerchi intricati. [...] Che sia arte o arricchimento, questo è un dibattito filosofico, i loro stili sono inconfondibili. Io credo che la creatività non sia un'esclusiva umana».. Un metodo inedito. La metodologia di Jane Goodall, strisciare per giorni nella foresta tra gli scimpanzé e stabilire con essi un rapporto diretto, che non passava per uno sterile numero (uno strumento all'epoca privilegiato proprio per mantenere la distanza e non perdere oggettività) fece storcere il naso agli etologi suoi contempopranei. Così come criticato e tacciato di antropomorfismo fu il suo attribuire ad essi lessico e comportamenti tipicamente umani. Ma tutto questo fece di Jane Goodall la prima e unica umana accettata dalla società degli scimpanzé.. Ambasciatrice degli animali. Jane Goodall è stata anche un'incredibile divulgatrice, che ha aiutato intere generazioni a comprendere la natura degli animali. Ha scritto 32 libri, 15 dei quali per bambini, e ispirato leader mondiali, celebrità, scienziati e ricercatori a creare una connessione e una relazione rispettosa con gli altri umani, con gli animali e con l'ambiente. «Gli scimpanzé imparano osservando... ma (gli esseri umani) possono usare le parole per discutere del passato e raccontarne storie» diceva, convinta che la capacità di comunicare a parole ci dia anche la responsabilità di preservare il Pianeta.
Dalla metà degli anni '80, preso atto della rapida scomparsa in Africa delle foreste dove si studiavano gli scimpanzé, la scienziata decise di concentrare i suoi sforzi sulla tutela ambientale, diventando attivista. Il suo Jane Goodall Institute, findato nel 1977, è impegnato in programmi a difesa della conservazione in tutto il mondo, attraverso "una rete di programmi e di progetti interconnessi che mettono al centro dello sviluppo la forza delle comunità locali per la conservazione".. Jane Goodall è stata anche Messaggero di Pace delle Nazioni Unite, e protagonista di spicco dell'Obiettivo 15 dell'Agenda 2030, che punta a "proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile degli ecosistemi terrestri, gestire le foreste in modo sostenibile, contrastare la desertificazione, arrestare e invertire il degrado del suolo e fermare la perdita di biodiversità"..
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