“Live Aid, quando la musica cambiò il mondo”: un evento irripetibile raccontato a Castronno


Un piccolo studio londinese, una giornata di fine novembre e una telefonata che cambia tutto: così è nata Do They Know It’s Christmas?, la canzone simbolo della solidarietà musicale che avrebbe portato, nel giro di pochi mesi, a uno dei più grandi eventi globali della storia, il Live Aid. A raccontare i retroscena di quella stagione irripetibile è stato l’incontro denso di aneddoti e riflessioni ospitato venerdì 10 ottobre a Materia, la sede di VareseNews a Castronno insieme a Gian Paolo De Tomasi, Cris Mantello e gli autori del libro Live Aid: il Juke box musicale compie 40 anni Aldo Pedron e Angelo De Negri.
La genesi
Tutto comincia nel novembre del 1984, quando Bob Geldof e Midge Ure riescono a riunire in un solo giorno alcuni tra i più grandi nomi della musica britannica in uno studio messo a disposizione per sole 24 ore. Lo scopo? Registrare un brano natalizio i cui proventi sarebbero stati interamente devoluti alla causa della fame in Etiopia.
«Non c’erano email, non c’erano budget: solo telefonate e determinazione» hanno raccontato Pedron e De Negri ricordando come artisti del calibro di Bono, Sting, George Michael, Boy George ed Elton John abbiano aderito al progetto con entusiasmo, presentandosi allo studio spesso senza aver dormito, in abiti sportivi, pronti a incidere la storia. Il brano, diventato Do They Know It’s Christmas?, scalò immediatamente le classifiche, superando anche Last Christmas degli Wham!, rimasto beffardamente al secondo posto fino alla morte di George Michael, trent’anni dopo.

Dall’Inghilterra agli Stati Uniti: “We Are The World” e la risposta americana
Il successo del progetto britannico ispirò una risposta americana: nel gennaio 1985 si registrò We Are The World, con protagonisti del calibro di Michael Jackson, Bruce Springsteen, Bob Dylan, Stevie Wonder e Cindy Lauper. Anche qui, l’organizzazione fu straordinaria: i musicisti vennero radunati la sera stessa della cerimonia dei Grammy Awards e convinti a registrare subito. All’ingresso dello studio un cartello invitava tutti a «lasciare l’ego fuori dalla porta».
L’America fece le cose “alla grande”: champagne, buffet e un cast stellare. Ma fu proprio dalla differenza di stile tra inglesi e americani che nacque l’idea più ambiziosa di tutte: un grande concerto globale.
13 luglio 1985: il mondo si ferma per Live Aid
Live Aid si tenne il 13 luglio 1985, in contemporanea da Londra (Wembley Stadium) e Filadelfia (JFK Stadium), e fu trasmesso in diretta via satellite in 150 paesi. Si stima che oltre due miliardi di persone abbiano seguito almeno un momento dello spettacolo, ancora oggi l’evento televisivo con lo share più alto mai registrato.
Il cast fu immenso: Queen, U2, David Bowie, Madonna, Led Zeppelin, Elton John, Phil Collins (che suonò in entrambi i continenti, volando con il Concorde), Status Quo, Paul McCartney e molti altri. «Non c’erano prove, solo una missione comune». Le esibizioni dei Queen e degli U2 sono passate alla storia, quest’ultima con Bono che improvvisò un ballo tra il pubblico, facendo saltare la scaletta ma regalando uno dei momenti più iconici del concerto.
Dietro le quinte: tra tensioni e imprese logistiche
Non mancarono tensioni e ostacoli: dai problemi tecnici con la strumentazione, alle incomprensioni tra gli organizzatori, fino alla battaglia con il governo britannico per ottenere l’esenzione dell’IVA sui dischi venduti per beneficenza. Ma la forza del progetto superò tutto: «Abbiamo fatto tutto in 70 giorni. Era estate, periodo di tournée. Convincere tutti quei nomi, farli incastrare, è stato un miracolo».
La BBC fu centrale nel coordinamento con le emittenti internazionali, in una sfida tecnica che pochi anni prima sarebbe stata impensabile.
L’eredità di un evento unico
Oltre alla musica, Live Aid portò un cambiamento nella coscienza collettiva. Il momento più toccante fu la trasmissione, durante il concerto, di un video girato in Etiopia, accompagnato da Drive dei The Cars. Le immagini di bambini scheletrici colpirono profondamente il pubblico. «In quel momento, si capì davvero per cosa si stava cantando».
Secondo molti dei partecipanti all’incontro, quello fu l’ultimo vero momento di unità globale della musica, un evento irripetibile che cambiò il modo in cui l’Occidente guardava alla povertà nel mondo.
Nelle 550 pagine del libro, arricchite di curiosità e memorabilia, Pedron e De Negri ripercorrono quella giornata indimenticabile tra performance, retroscena e organizzazione titanica.
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