L’orto botanico di Parma si rifà il look

Grazie a finanziamenti che superano i 2 milioni di euro, il sito universitario si prepara a una nuova era sperimentando azioni e specie capaci di massima resilienza climatica, ma anche la convivenza con insetti e animali
Grazie a un doppio finanziamento – fondi pubblici del Pnrr, ma anche privati – l’orto botanico dell’Università di Parma si mette a nuovo.
“L’intervento coinvolge due progetti, accomunati dall’intento di rimodernare il giardino, valorizzare le collezioni storiche e promuovere tutte le prospettive culturali che ruotano attorno alle piante“, ci spiega in questa intervista Renato Bruni, direttore scientifico dell’orto botanico dell’Università di Parma.
Per questo però i visitatori devono avere pazienza: l’orto botanico riaprirà non prima della fine del 2027. Ma c’è da scommettere che sarà più bello e più interessante di prima.
“L’idea di fondo – prosegue il docente, che all’Università di Parma tiene corsi di biologia farmaceutica studiando i legami tra piante, chimica e benessere – è quella di aprire una nuova porta verde nel cuore della città: una piattaforma per le attività didattiche, di ricerca, divulgazione e diffusione della cultura connesse alle relazioni tra piante e persone.
Sarà una casa per tutte le prospettive esistenti sulle reazioni che l’umanità intrattiene con le piante: scientifiche, estetiche, umanistiche, ambientali, sociali e tecnologiche, senza distinzioni di discipline. Sono previsti ancora circa due anni di lavori“.
Un finanziamento è a capo dei fondi Pnrr: di che valore e per costruire cosa?
Abbiamo ottenuto due milioni di euro, classificandoci in tredicesima posizione nella graduatoria nazionale per il bando Pnrr Programmi per valorizzare l’identità dei luoghi: parchi e giardini storici.
I lavori di questo intervento si stanno concludendo e hanno consentito la sistemazione del giardino e la riqualificazione dell’offerta comunicativa. A questo si aggiunge la creazione di una serra dedicata a un’estesa collezione di piante succulente, in precedenza non fruibile al pubblico.
Il giardino ora ha un impianto di irrigazione, sono stati consolidati vari esemplari arborei di pregio. Oltre a introdurre nuove collezioni ne sono state ripristinate altre storicamente presenti al momento della fondazione dell’orto nel 1790, come nel caso delle salvie.
L’altro finanziamento si deve a un bando privato…
Si sta iniziando a intervenire sugli immobili grazie a un finanziamento del Ministero dell’Università e della Ricerca tramite la collaborazione con l’associazione Parma, io ci sto! nonché con il generoso contributo di Fondazione Cariparma e Chiesi Farmaceutici.
I lavori attualmente in avvio porteranno al ripristino delle storiche Serre Ferdinandee, alla creazione di un museo botanico e di uno spazio per la conservazione del patrimonio storico, sia librario che di erbari.
L’opera sarà completata da un giardino per le piante medicinali e da un punto ristoro con bookshop. Avremo a disposizione anche un pergolato in quota, sopra le serre, in cui esporre ulteriori collezioni e potremo ospitare mostre, presentazioni, laboratori didattici ed eventi di vario tipo in uno spazio polifunzionale ad hoc interno alle serre.
Sarà un orto botanico alla prova della crisi climatica?
Sicuramente l’orto dovrà riprendere la sua funzione di ambasciata urbana degli ambienti naturali presenti sul territorio, che purtroppo nel tempo si era persa.
Questo passa sia attraverso la creazione di habitat specifici, come quelli umidi di pianura o quelli caratterizzati dalle particolari rocce ofiolitiche dell’Appennino, per comunicare l’importanza della loro flora a rischio.
Inoltre, sia con la creazione di un dry garden di stampo prettamente mediterraneo che attraverso la collezione di succulente d’alta quota intendiamo sensibilizzare i visitatori ai diversi impatti causati dal cambiamento climatico e da varie pressioni antropiche tra cui consumo di suolo e bracconaggio.
Questo avverrà anche con sistemi multimediali: tramite micro fototrappole, misurazioni dendrocronologiche e centraline in grado di monitorare la fisiologia vegetale si genereranno flussi di dati per illustrare ai visitatori aspetti che sfuggono all’osservazione non guidata.
Avete anche scelto di ridare vita all’orto in chiave naturalistica, oltre a evidenziare l’interazione piante/animali: cosa avremo modo di vivere con il nuovo orto botanico?
Desideriamo unire molte competenze presenti in ateneo, andando oltre la settorialità delle discipline. Vogliamo esprimere la profondità dei giardini storici in chiave integrata e centrata sui fruitori, amalgamando in un’unica voce aspetti botanici, zoologici, naturalistici, paesaggistici, culturali, storici, estetici e sociali spesso illustrati e vissuti separatamente.
Uno di questi riguarda i rapporti tra piante e animali, i giardini come testimonianza e casa di relazioni e di biodiversità naturale, spontanea. A questo si collega la gestione del verde urbano, centrata sulle esigenze degli ospiti vegetali e animali più che su quelle estetiche.
Lavoreremo, per esempio, sul ruolo degli alberi habitat, sull’importanza del legno morto e delle foglie cadute, sull’importanza di consentire alle piante erbacee di compiere a pieno i loro cicli vitali, sulla valorizzazione della flora del territorio e soprattutto sull’importanza di creare giardini gradevoli, ma parsimoniosi in termini di risorse idriche.
E la ricerca torna attiva negli orti botanici. In che modalità avverrà nel vostro?
Stiamo attivando collaborazioni interne che il tempo aveva sopito, per esempio nello studio delle relazioni tra piante e insetti, come quelli saproxilici e le formiche.
Recentemente l’Università di Parma ha siglato un accordo quadro con l’Ente di Gestione per i Parchi e la Biodiversità Emilia Occidentale. Con loro stiamo già collaborando per iniziative di mappatura della flora del territorio e in futuro prevediamo di progettare insieme interventi mirati alla reintroduzione e alla tutela di specie minacciate.
Non trascureremo altre tipologie di ricerca collegate al mondo botanico: abbiamo già digitalizzato quasi 4.000 specimen dei nostri erbari e stiamo studiando un erbario farmaceutico ottocentesco molto particolare, quello dello speziale Luigi Gardoni, assai interessante per i temi etnobotanici.
L'articolo L’orto botanico di Parma si rifà il look è stato pubblicato su GreenPlanner Magazine.
Qual è la tua reazione?
Mi piace
0
Antipatico
0
Lo amo
0
Comico
0
Furioso
0
Triste
0
Wow
0




