L’Ucraina è la prova di maturità per l’Unione europea, dice Paolo Gentiloni

Novembre 8, 2025 - 22:30
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L’Ucraina è la prova di maturità per l’Unione europea, dice Paolo Gentiloni

L’elezione di Zohran Mamdani, e delle altre due candidate del Partito democratico Abigail Spanberger e Mikie Sherrill, rispettivamente in New Jersey e Virginia, stanno facendo dibattere la politica americana, ma anche quella italiana. Sono diversi gli editorialisti che cercano di capire se ciò che accade oltreoceano sia profetico per la politica nostrana. Secondo l’ex commissario europeo Paolo Gentiloni, ospite della seconda giornata de Linkiesta Festival ai Bagni Misteriosi di Milano, questa tornata elettorale negli Stati Uniti mostra che c’è un futuro di riscatto per il Partito democratico: «Circondati dal pessimismo della difficoltà e dalla velocità delle azioni di Trump c’era uno scoraggiamento generale. Le due lezioni da trarre sono: parlare in modo chiaro di Trump, Gavin Newson e Mamdani non hanno fatto sconti. La seconda è stare sul pezzo dei problemi che riguardano i cittadini. Questa seconda cosa ha preoccupato Steve Bannon e per Trump può diventare allarmante». 

Per Gentiloni, l’esperienza di Mamdani e della governatrice della Virginia sono così diverse che trarre una conclusione comune non è semplice. «Mamdani è un comunicatore notevole e la sua capacità di innovazione è enorme. Ma mi ha colpito il basso dato dell’affluenza. Conoscono un paio di sindaci a Roma che direbbero “ho preso più voti io di Mamdani”». 

L’ottimo risultato per il Partito democratico non cambia però l’influenza del presidente degli Stati Uniti nei destini dell’Occidente e degli europei; un vento che influenza sia la politica estera e di riflesso quella interna dei singoli Stati. Come si può contrastare l’impatto del trumpismo in Europa? Si chiede sul palco il direttore de Linkiesta Christian Rocca. Per Gentiloni: «Bisogna cogliere l’opportunità che questa situazione presenta per noi europei. Molte linee rosse difficili da attraversare in passato come la difesa comune o la politica commerciale e di integrazione condensate nei rapporti di Enrico Letta e Mario Draghi, hanno ora un potentissimo motore esterno per essere superate: l’America di Trump».

L’ex presidente del Consiglio ed ex commissario europeo è convinto che la politica economica trumpiana indebolirà gli Stati Uniti nel lungo periodo «ma ciò non vuol dire che la battaglia per cambiare verso politico sarà facile. Cosa succederà tra tre anni? Non credo che un presidente democratico successore di Trump toglierà i dazi messi dal presidente degli Stati Uniti. Se parliamo di capacità di attrarre investimenti e insediamenti europei, i provvedimenti di Biden si sono rivelati più efficaci di Trump che si accontenta di alcune dichiarazioni di principio, più che di risultati». 

L’unico vero risultato è l’accordo sui dazi firmato da Trump e dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, siglato secondo Gentiloni perché c’è stata una forte pressione di Germania e Italia. «Temo che nei prossimi mesi e settimane il tema riemergerà sul punto su cui le difficoltà tra Europa e Stati Uniti sono più evidente: le regole e la tassazione delle multinazionali digitali». Gentiloni cita la fila di ceo di Meta, Alphabet, Amazon Tesla e altri grandi papaveri delle big tech durante l’inaugurazione della presidenza Trump il 20 gennaio 2024.«Quel mondo chiederà conto di alcune regole europee e c’è incertezza su cosa accadrà perché siamo passati da un modo regolato dagli accordi di Bretton Woods a un mondo senza regole. Qualcuno ha definito il 2025 come l’anno delle adulazioni, il flattery year. Ma se all’adulazione non si unisce al mettere sul tavolo la forza di cui dispone ciascun attore internazionale, non son convinto che potremo risolvere davvero questi temi».

Per Gentiloni lo si vede nella guerra in Ucraina, dove sostanzialmente non ci sono stati grandi progressi con la presidenza Trump. «Abbiamo delle responsabilità su ciò che sta accadendo in Ucraina. Abbiamo tardato a renderci conto dell’involuzione che stava accadendo in Russia ed è relativamente recente, ma da quando c’è stata l’invasione l’Unione europea si è comportata bene, non concordo con la lagna di chi si lamenta di Bruxelles. Le sanzioni non bastano a fermare una guerra, ce lo dice la Storia; ma la Storia ci dice che sono un’arma con un’influenza a mediotermine e l’economia russa è sotto pressione. Mi auguro che continui». 

Un vero bazooka diplomatico sarebbe quello di finanziare l’Ucraina con gli interessi maturati dagli asset russi bloccati nei conti correnti di istituti finanziari europei e americani. Dopo un periodo di stallo e di veti, sembra che Bruxelles stia sbloccando qualcosa. Se non si agirà in tempo, spiega Gentiloni, il rischio è che il Fondo Monetario internazionale non aiuti più l’Ucraina perché potrebbe considerarla non in grado di restituire i prestiti. Anche perché dagli Stati Uniti non arriva più un dollaro. «Se gli europei non mettono sul terreno quei soldi sarà un problema. Ma son convinto che questa soluzione si troverà. L’Ucraina è la prova di maturità di qualsiasi discorso europeo sull’autonomia».

Già, l’autonomia strategica. A che punto è la costruzione di una difesa europea? «La difesa europea è stata una chiacchiera per molto tempo. Negli ultimi vent’anni ho visto più slide sulla difesa che con qualsiasi argomento», spiega Gentiloni, anche se ha ammesso che negli ultimi mesi si sono fatti dei passi in avanti, come la costituzione del fondo Safe con una proposta di allocazione da 150 miliardi di euro, che permette ai paesi europei (non tutti e ventisette) di sottoscrivere prestiti, ma è ancora troppo poco. «Nel nostro paese è pieno di sonnambuli che non capiscono il problema e pensano si possa fare a meno di difenderci, come se potessimo essere l’unico attore geopolitico senza un sistema di difesa. Proprio perché lavoriamo per la pace dobbiamo adottarlo».

Gentiloni pensa che il meccanismo del fondo Safe può essere implementato da un accordo intergovernativo, di quindici-venti paesi, magari anche con il Regno Unito. «Tecnicamente è facile farlo, il nodo è politico. Nell’ultima riunione del Consiglio europeo lo ha chiesto solo il premier greco Kyriakos Mitsotakis». Secondo l’ex commissario europeo basterebbe che i leader di Italia e Francia si presentassero dal cancelliere Merz invitandolo a non perseguire da solo la creazione di un super esercito tedesco, ma convogliando quegli investimenti in un progetto europeo. «Anche se bisogna dare atto a Meloni di aver tenuto una posizione in linea con il resto dell’Unione europea. Per il futuro vedremo, bisogna far capire agli italiani la centralità di questo tema. A mio parere la presidente del Consiglio sembrava più a suo agio con la presidenza Biden che con quella attuale. Non è un segreto che per Trump e il movimento politico attorno a lui l’Ue sia qualcosa da smantellare».

Infine Gentiloni ha commentato il tentativo di creare una alternativa credibile, rassicurante e affidabile al governo Meloni. «Non dobbiamo cadere nella sindrome che non si possa discutere internamente nel Partito democratico solo perché diversi leader si sono avvicendati. La discussione interna e giusta ma non dobbiamo perdere l’obiettivo più importante: bisogna lavorare affinché avvenga, ma se pensiamo che esista già good luck».

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Redazione Redazione Eventi e News