La guerra di Milano alle lock box, e il danno a carico dei consumatori

Novembre 19, 2025 - 05:00
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La guerra di Milano alle lock box, e il danno a carico dei consumatori

Le Olimpiadi invernali presumibilmente avranno un impatto positivo sui flussi turistici verso Milano e la Lombardia. Buona parte di quei turisti sceglieranno di stare in un appartamento affittato anziché in hotel. Per facilitare la vita a locatari e locatori, il sindaco di Milano, Beppe Sala, ha annunciato provvedimenti contro le “lock box”, le cassette automatiche che contengono le chiavi per consentire il check-in autonomo degli ospiti negli affitti brevi.

Milano non è la prima città a emettere ordinanze simili: Roma e Firenze hanno fatto lo stesso, rimuovendo centinaia di lock box. Perfino il governo aveva tentato di intervenire, attraverso una circolare del Viminale successivamente annullata dal Tar perché manifestamente “debole e sproporzionata”; senza contare l’aumento della cedolare secca per le locazioni brevi effettuate attraverso piattaforme online. Al di là delle questioni legali, è inevitabile porsi una domanda: che senso ha questa crociata?

Gli albergatori invocano un quadro normativo chiaro, in realtà stanno chiedendo un freno alla concorrenza, le loro ragioni si capiscono. È molto meno chiaro perché la politica dia tanto peso a questi interessi, pur legittimi, sacrificando due interessi molto più vasti e profondi: quello dei proprietari di casa e quello dei viaggiatori. Tali categorie hanno necessità convergenti: gli uni dispongono di un bene (gli immobili) che potrebbe essere di più e meglio utilizzato. Gli altri hanno la necessità di trovare un alloggio per visitare città o assistere a eventi, come le Olimpiadi, che pare siano organizzati proprio al fine di attirare persone. L’offerta degli uni può soddisfare, parzialmente, la domanda degli altri. Inutile dire che, dal punto di vista della libertà individuale (utilizzare i propri beni senza nuocere al prossimo) e dell’efficienza del mercato (utilizzare i fattori della produzione nel modo ottimale), lasciare che domanda e offerta si incontrino è preferibile a frapporre degli ostacoli che avrebbero per effetto – e che anzi hanno come obiettivo – quello di lasciare una parte della richiesta inevasa, a beneficio di chi può lucrarne la rendita.

Molto spesso ci capita di osservare che la ricerca del consenso, in democrazia, produce danni. Ma ogni tanto lo fa anche inseguire un’idea che è entrata nel senso comune (AirBnB sarebbe il responsabile dei problemi abitativi delle grandi città), calpestando centinaia di migliaia di elettori per elargire un favore a un pugno di operatori del settore turistico. Col risultato, tra l’altro, di peggiorare la condizione anche di tutti gli altri residenti e di coloro che devono recarsi a Milano (o Roma o Firenze) per motivazioni diverse dalle Olimpiadi (per esempio per lavoro o per ragioni mediche). Questi dovranno, infatti, “competere” con la massa dei turisti per aggiudicarsi un letto a carissimo prezzo, quando molti altri letti resteranno vuoti e altrettanti appartamenti sfitti.

I comizi contro le piattaforme e gli affitti brevi sono l’ultima variazione sull’eterno tema della denuncia dello Stato imperialista delle multinazionali. Ma gli effetti si faranno sentire sulla pelle dei milanesi.

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