Questo gioco prova a fare God of War. Peccato non se lo sia filato nessuno
In Echoes of the End vestiamo i panni di Ryn, una giovane donna dotata di poteri antichi e misteriosi, conosciuta come "Vestige", capace di manipolare energie arcane legate ad un passato che il mondo stesso sembra aver dimenticato. Il suo viaggio la porta attraverso la terra di Aema, un regno lacerato da guerre, magia e intrighi politici, nel tentativo di ritrovare suo fratello e scoprire la verità sulle origini del proprio potere. A farle compagnia c'è Abram, una sorta di studioso-avventuriero dal passato complesso, che accompagna Ryn in un viaggio tanto fisico quanto interiore, quantomeno sulla carta.
La trama in sé costruisce un universo potenzialmente interessante, perché c'è la percezione di un mondo vasto, antico, con leggende e civiltà perdute, poteri dimenticati e un pantheon di personaggi che si muovono nell'ombra. È il classico tipo di fantasy che ti promette profondità e mistero, e sotto certi aspetti lo fa anche bene, perché l'immaginario funziona, e le ambientazioni contribuiscono a dare un senso di grandiosità e di scoperta.
Il problema, però, è che questa ambizione rimane spesso, appunto, sulla carta. Echoes of the End soffre di uno dei difetti più comuni del fantasy, cioè che racconta più di quanto mostri. L'universo di gioco è pieno di nomi, eventi, personaggi e rapporti che vengono solo menzionati, come se il giocatore dovesse già conoscerli. Ci sono legami affettivi dati per scontati, personaggi che dovrebbero commuovere o lasciare il segno ma che spariscono prima ancora di essere davvero conosciuti. Persino i dialoghi, a volte (pochissime volte), ti mettono nella posizione di scegliere risposte che solo la protagonista sembra comprendere, lasciando il giocatore un po' fuori dal contesto emotivo.
Questo fa sì che anche i momenti più intensi, quelli che dovrebbero avere un peso drammatico, arrivino senza un vero "build-up". Ti rendi conto che dovresti provare qualcosa, ma non ci arrivi del tutto, perché il gioco non ti ha portato lì passo dopo passo.
La scrittura, comunque, ci prova, cerca di dare spessore ai personaggi principali, soprattutto nel rapporto tra Ryn e Abram, alternando fasi d'azione a momenti più riflessivi. Il problema è che tutto questo è continuamente tallonato da una protagonista che rimane un po' distante. Ryn è un personaggio scontroso, chiuso, spesso irritato, e il gioco tenta di giustificarne il carattere, ma senza riuscire a renderlo davvero empatico.
Dove invece la narrazione regala qualcosa è nel raccontare il viaggio stesso. Riesce a comunicare l'idea del movimento, della distanza percorsa, del mondo che si apre davanti a te. Ogni scenario, tra montagne, foreste, rovine e distese ghiacciate, ti mostra da lontano il punto verso cui stai andando, e il bello è che ci arrivi davvero: è lì che il gioco riesce a farti sentire parte di un cammino.
La cosa più sorprendente di Echoes of the End è quanto riesca a tenere insieme tutte le sue componenti. È un gioco d'avventura lineare, "drittone" come si direbbe, dove l'obiettivo è sempre davanti a te.
Non ci sono vere e proprie missioni secondarie, solo qualche deviazione qua e là, piccoli sentieri che portano magari ad un forziere nascosto. Dentro potete trovare un costume alternativo o una valuta utile per sbloccare o potenziare quel poco di equipaggiamento che c'è (delle reliquie, in pratica), e persino qualche documento extra che arricchisce la lore. È proprio questa struttura contenuta, "vecchia scuola", a rendere Echoes of the End così equilibrato: il gioco alterna combattimenti, enigmi, sezioni platform e momenti narrativi in modo naturale, senza pause forzate o tempi morti.
Fulcro del gioco è ovviamente il sistema di combattimento, che prende ispirazione a piene mani dal nuovo corso di God of War, ma con un'anima propria. La protagonista è sia una spadaccina che una maga, e il sistema mischia attacchi fisici e abilità magiche in un modo che funziona piuttosto bene. La spada è l'arma principale (l'unica) e può essere potenziata nel corso dell'avventura, sbloccando nuove combo e mosse speciali. A questo si aggiungono poteri telecinetici che ricordano da vicino certe soluzioni viste nei titoli di Star Wars, in quanto puoi scaraventare i nemici uno contro l'altro, sollevare oggetti e scagliarli in battaglia, o sfruttare l'ambiente a tuo vantaggio.
Nonostante non raggiunga la stessa fisicità o la profondità del modello di riferimento, il combat system è divertente, reattivo, abbastanza leggibile, e con una discreta varietà di nemici. Alcuni scontri con i boss offrono pure una sfida genuina e appagante, soprattutto se giocati a difficoltà media o alta. L'equilibrio tra abilità fisiche e magiche, con il mana da gestire e la possibilità di curarsi in battaglia, dà quel tocco di strategia che evita la monotonia.
Gli enigmi non brillano per originalità, c'è un sapore derivativo in ogni dove, ma sono ben confezionati, spesso integrati con elementi platform: leve da azionare, blocchi da spostare, portali da manipolare con i poteri magici. In alcuni casi, il gioco propone puzzle dinamici, in cui bisogna anche muoversi e saltare, sfruttando il fatto che qui il salto è "libero", non vincolato a un singolo tasto contestuale. Capita quindi di affrontare sequenze con piattaforme che crollano, passaggi a tempo o piccole arrampicate alla Uncharted o Tomb Raider.
C'è però da dire che il level design è prevedibile, e diversi enigmi sembrano più riempitivi che ispirati, problema che si inasprisce soprattutto nelle ultime ore, durante le quali il gioco si appiattisce un po' pur di allungare il brodo. Ma nel complesso, Echoes of the End sa divertire nelle circa dodici ore di gioco in cui vi accompagna, grazie ad una buona alternanza di ritmo e varietà.
È un titolo che non inventa nulla di nulla, sia chiaro, ma fa abbastanza bene tutto quello che tenta di fare, cioè il rimescolare. E per un gioco doppia A venduto a prezzo ridotto, non è poco. La bontà del gameplay, unita alla compattezza dell'avventura, riesce a mascherare in parte le mancanze narrative e a offrire un'esperienza appagante per quasi tutta la sua durata.
Il fatto che Echoes of the End sia un gioco doppia A si percepisce in diversi aspetti, ma va detto che il titolo fa davvero di tutto per mascherarlo bene. Merito soprattutto dell'Unreal Engine 5, un motore pesante e complesso da gestire, ma che qui viene sfruttato con intelligenza. Soprattutto su PlayStation 5, in modalità prestazioni, il gioco si presenta fluido, stabile e visivamente piacevole, con scenari di buona fattura per varietà e resa atmosferica.
Le ambientazioni sono spesso il vero punto di forza del gioco: ampie vedute, panorami naturali, rovine illuminate da fasci di luce che filtrano tra la polvere o riflessi sull'acqua che creano un senso di presenza raro in un titolo di questa scala. L'occhio viene appagato, e anche i modelli dei personaggi si difendono bene, con espressioni facciali credibili e una buona cura dei dettagli. È per questo che dispiace ancora di più che la narrazione non sia all'altezza, perché con un impianto tecnico così espressivo, certe scene avrebbero potuto emozionare davvero.
Detto questo, i limiti del budget si notano, poiché del resto Echoes of the End è pur sempre un doppia A e soffre in alcuni aspetti. Le animazioni, soprattutto nei raccordi tra un'azione e l'altra, sono spesso un po' rigide o imprecise; alcune transizioni risultano brusche, e si percepisce quella "ruvidità" che i grandi tripla A riescono a levigare meglio, anche perché banalmente hanno più tempo di sviluppo, oltre che più risorse. Durante la nostra prova abbiamo riscontrato anche bug tecnici e visivi (o mancanze, come un anacronistico fuoco in due dimensioni), niente di grave, ma abbastanza da ricordarti che stai giocando ad un titolo con risorse limitate. Prima dell'Enhanced Edition, a quanto pare, la situazione era decisamente peggiore (basta dare un'occhiata alle vecchie recensioni su Steam per rendersene conto), ma oggi il gioco appare più godibile, al netto di alcuni fenomeni di incertezza nel codice, legati più che altro alla gestione dell'alleato: talvolta ripete sempre i soliti consigli per la risoluzione degli enigmi, o magari si incastra nello scenario, robe che insomma denotano un prodotto non proprio pulito.
C'è poi la questione audio, tra gli aspetti più altalenanti. Durante il gameplay vero e proprio, effetti sonori e colonna sonora fanno il loro dovere: i colpi hanno peso, le magie si sentono bene, e la musica accompagna senza essere invadente. Tuttavia, durante le scene di intermezzo la qualità cala visibilmente, in quanto mancano un po' di profondità e corposità nei suoni, specialmente negli effetti di distruzione o nelle sequenze più concitate. È un peccato, perché il doppiaggio inglese, invece, è discreto, in certi momenti davvero buono, con interpretazioni convincenti sia per Ryn che per Abram.
In generale, Echoes of the End è bello da vedere e piacevole da sentire, ma resta intrappolato in quella fascia di produzione in cui le ambizioni superano di poco le possibilità. Si avverte il grande impegno del team nel voler creare qualcosa di più grande di loro, e questo, a suo modo, si sente e si apprezza.
Echoes of the End: Enhanced Edition è disponibile solo in formato digitale su PS5, Xbox Series X|S e PC al prezzo di 39,99€, ma in occasione del lancio della nuova versione è già in sconto a 23,99€ su Steam. È facile immaginare che questo ribasso arrivi presto anche su console, come spinta ulteriore per dare visibilità al titolo dopo il rilancio.
Il codice digitale per questa recensione è stato fornito da Deep Silver, che non ha avuto un'anteprima di questo contenuto e non ha fornito alcun tipo di compenso monetario. Potete leggere maggiori informazioni su come testiamo e recensiamo dispositivi su SmartWorld a questo link.
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