Ravazzani, verso il diaconato con gli Arcivescovi come compagni di viaggio

Novembre 7, 2025 - 15:00
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Ravazzani, verso il diaconato con gli Arcivescovi come compagni di viaggio
Mauro Ravazzani

Negli ambienti ecclesiastici lo conoscono quasi tutti, perché da più di trent’anni Mauro Ravazzani svolge il suo servizio, attento e discreto, accanto agli Arcivescovi di Milano. Autista, guardia del corpo, confidente che sa ascoltare e dare consigli, senza risultare invadente, ma anche amico con cui pregare o fare una passeggiata in incognito.

Mauro è entrato in Polizia dopo aver conseguito la laurea in Giurisprudenza; da giovane ha lavorato nel reparto Mobile a Torino, poi alla Digos di Milano: «Erano gli anni Ottanta, il cardinale Carlo Maria Martini aveva ricevuto una borsa contenente armi dai terroristi ed erano state previste per lui delle misure di protezione e un servizio fisso di vigilanza in Curia – ricorda -. Io ho iniziato a far parte della sua scorta». Poi ha lavorato con il cardinale Dionigi Tettamanzi, il cardinale Angelo Scola e ora con l’arcivescovo Mario Delpini (che ha accompagnato anche durante il recente pellegrinaggio in Terra Santa).

«Ancor prima che terminasse il mio impiego lavorativo con la Polizia – spiega – il Ministero dell’Interno ha ridotto il livello di protezione destinato all’Arcivescovo, autorizzando la Prefettura a rilasciarmi un decreto di pubblica sicurezza, limitato alle esigenze di sicurezza durante gli spostamenti di monsignor Delpini». Una sorta di continuità con l’impegno svolto in qualità di Ispettore di Polizia, una professione che Ravazzani ha sempre amato, cercando di conciliarla con la famiglia. «Sono spesso lontano da casa – ammette -, anche se riesco a ritagliarmi dei giorni o delle ore di riposo per stare accanto a mia moglie Roberta e alle mie tre figlie, una di 16 anni e due gemelle di 13 anni».

Dall’ottobre scorso Ravazzani fa parte della segreteria arcivescovile e segue Delpini in quasi tutti i suoi spostamenti. «Questa mattina, all’alba, ho accompagnato l’Arcivescovo a una Messa per la pace – racconta -, poi due registrazioni del Kaire e nel pomeriggio partiamo per una visita pastorale a Ispra». Le giornate di Mauro sono quasi tutte così, fitte di impegni, con tante ore trascorse in auto con l’Arcivescovo, un’occasione per confrontarsi e dire qualche decina di Rosario insieme.

«Vivendo in questo ambiente, conoscevo il diaconato permanente, lo guardavo con ammirazione e ho diversi amici diaconi – racconta -, ma devo ammettere che è stato proprio don Mario, in uno dei nostri trasferimenti, a suscitare in me il desiderio di approfondire la possibilità di intraprendere il cammino diaconale. Non si trattava solo di una provocazione, era un invito a parlarne con il mio parroco e con il Rettore per la formazione. Lui poi, durante questi sei anni del percorso di formazione, è stato sempre un osservatore discreto, assicurandomi, tra un impegno pastorale e l’altro, la possibilità di ricavarmi spazio e tempo per lo studio. Ora credo che condivida con me la gioia di questo importante momento della mia vita che si avvicina».

Per Mauro rimettersi sui libri a 54 anni, con una vita così frenetica, non è stato facile. L’ormai prossimo diacono ricorda la pazienza della moglie, anche lei poliziotta conosciuta alla Digos, che lo ha sempre assecondato nelle sue scelte, come quando ha rinunciato all’operatività per un lavoro d’ufficio che le garantisse una maggiore vicinanza alle figlie. «Questa è stata una grande prova d’amore – ammette Mauro – e ora mi sta accompagnando verso l’ordinazione con comprensione e condivisione».

Se Delpini è stato la scintilla che ha acceso la lampada della vocazione, i suoi predecessori hanno preparato il cammino: «Ho imparato tanto dagli Arcivescovi – conclude Mauro – con loro sono cresciuto, da un punto di vista umano e spirituale». Di Martini ricorda la timidezza e la sensibilità celate da un atteggiamento spesso ieratico. Di Tettamanzi, che ha battezzato le sue figlie, la paternità, di Scola la severità che negli anni si è ammorbidita, di Delpini l’instancabile dedizione al suo ministero episcopale, nella presenza come nella preghiera.

Raccontandomi un aneddoto non riesce a trattenere l’emozione: sono molti i preziosi insegnamenti che porterà sull’altare il giorno dell’ordinazione. Ricordi personali che custodirà nel cuore, dove è giusto che rimangano, insieme alle confidenze degli Arcivescovi di cui ha avuto la fortuna di conoscere il volto più umano.

 

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