Sarah Siddons: la musa tragica del teatro britannico

Agosto 28, 2025 - 16:30
 0
Sarah Siddons: la musa tragica del teatro britannico

Tra le grandi figure del teatro britannico, poche hanno saputo incarnare la forza emotiva e l’intensità drammatica come Sarah Siddons. Nata nel 1755 e vissuta fino al 1831, divenne la più celebre attrice tragica della sua epoca, ammirata per la capacità di trasformare la scena teatrale in uno spazio di pura emozione. La sua interpretazione di Lady Macbethrimane ancora oggi leggendaria, e il suo nome è associato all’idea stessa di tragedia. La sua carriera, che si estese dai palcoscenici provinciali ai più prestigiosi teatri londinesi, la consacrò come una delle prime grandi star del teatro moderno, amata dal pubblico e rispettata dai critici.

Origini e primi passi nel teatro

Sarah Siddons nacque come Sarah Kemble il 5 luglio 1755 a Brecon, nel Galles, figlia di Roger Kemble e Sarah Ward, entrambi attori itineranti. La sua appartenenza alla famiglia Kemble, che avrebbe dato alla storia del teatro altri grandi interpreti come John Philip Kemble e Charles Kemble, determinò fin da subito il suo destino. Cresciuta in un ambiente teatrale, respirò sin da bambina l’arte della recitazione, anche se all’epoca la carriera di attrice non godeva di grande rispetto sociale, soprattutto per una donna.

Sarah Siddons interpreta Euphrasia nella tragedia The Grecian Daughter di Arthur Murphy, incisione del 1782

Incisione del 1782 che ritrae Sarah Siddons nel ruolo di Euphrasia nella tragedia The Grecian Daughter di Arthur Murphy.

La giovane Sarah fu educata in un contesto particolare, diviso tra due diverse tradizioni religiose: quella cattolica del padre e quella protestante della madre. Questa doppia influenza, se da un lato le offrì una visione più ampia del mondo, dall’altro la espose a una disciplina severa e a una formazione morale che avrebbe influenzato anche il suo stile di recitazione, improntato a un’intensità interiore che il pubblico percepiva come autentica.

Negli anni dell’adolescenza lavorò come dama di compagnia in una famiglia nobile, dove ebbe occasione di affinare la sua eloquenza attraverso la declamazione di testi poetici e teatrali, tra cui Shakespeare, Milton e Rowe. Fu in questo periodo che sviluppò quella straordinaria capacità oratoria che, più tardi, avrebbe contribuito alla sua fama come insegnante di dizione ed eloquenza per la stessa famiglia reale britannica.

Nel novembre 1773 sposò William Siddons, un attore con cui ebbe sette figli, molti dei quali purtroppo morirono in giovane età. Questo matrimonio non solo sancì il legame con il mondo teatrale, ma diede a Sarah il cognome con cui sarebbe passata alla storia.

Il suo debutto ufficiale sulle scene londinesi avvenne nel 1775 al Drury Lane Theatre, interpretando Portia ne La bisbetica domata. Tuttavia, il suo esordio fu un clamoroso insuccesso, tanto che venne allontanata dal teatro. Nonostante questa battuta d’arresto, Siddons non si arrese: si spostò nei teatri di provincia, in particolare a Bath, dove perfezionò la sua tecnica e conquistò un pubblico sempre più ampio grazie alla sua interpretazione intensa e commovente di personaggi tragici come Belvidera in Venice Preserv’d.

Il periodo trascorso nei teatri di Bath e Bristol fu fondamentale per costruire le basi della sua futura carriera. Qui, lontano dalle pressioni della capitale, Siddons ebbe modo di sviluppare un repertorio solido, improntato esclusivamente alla tragedia, e di affinare quello stile austero e profondo che l’avrebbe distinta da tutte le altre attrici della sua epoca.

L’ascesa a Londra e la consacrazione come regina della tragedia

Dopo gli anni di formazione nei teatri provinciali, Sarah Siddons tornò a Londra nel 1782 su invito di Richard Brinsley Sheridan, drammaturgo e gestore del Drury Lane Theatre, che aveva riconosciuto il suo talento. Il debutto nella capitale con l’opera Fatal Marriage di Thomas Southerne, nel ruolo di Isabella, fu un trionfo. Il pubblico rimase rapito dalla sua capacità di incarnare la sofferenza e la passione con una forza mai vista prima. Da quel momento Siddons divenne la donna più celebre del teatro britannico, simbolo della tragedia e punto di riferimento per intere generazioni di spettatori e critici.

Negli anni successivi consolidò la sua fama con una serie di interpretazioni entrate nella storia. Tra i ruoli che la consacrarono spiccano Belvidera in Venice Preserv’d, Isabella in Fatal Marriage, Jane Shore, Caterina d’Aragona in Enrico VIII, Costanza in Re Giovanni, Zara, Volumnia in Coriolano, ma soprattutto la sua indimenticabile Lady Macbeth.

Ritratto inciso di Sarah Siddons con corona e gioielli, XIX secolo

Ritratto inciso di Sarah Siddons, attrice tragica britannica, raffigurata con corona e abiti regali.

Il legame tra Siddons e il personaggio creato da Shakespeare fu così profondo che Lady Macbeth divenne sinonimo della sua arte. La sua interpretazione era intensa e magnetica, tanto che gli spettatori spesso raccontavano di provare un senso di terrore misto a fascinazione durante le sue performance. In particolare, la celebre scena del sonnambulismo – la scena della “macchia di sangue” – divenne il momento più atteso di ogni rappresentazione. Quando nel 1812 annunciò il suo ritiro dalle scene, volle dare l’addio al teatro proprio interpretando Lady Macbeth. Durante la rappresentazione, il pubblico fu così emozionato da interromperla con applausi e lacrime prima ancora che potesse completare la scena: un episodio che testimonia il legame profondo tra l’attrice e i suoi spettatori.

Uno dei suoi tratti distintivi era la capacità di unire dignità e passione. Non c’era mai nulla di eccessivo o teatrale nel senso negativo del termine: Siddons incarnava la tragedia con compostezza, trasformando ogni gesto e ogni parola in un atto di verità. Il critico William Hazlitt la descrisse come “la tragedia fatta persona”, sottolineando come la passione sembrasse “emanare dal suo petto come da un santuario”. Per Hazlitt e per molti altri osservatori dell’epoca, Siddons non recitava semplicemente un ruolo: lo viveva.

La sua notorietà non rimase confinata ai teatri. Siddons fu una delle prime vere celebrità culturali britanniche: la sua immagine compariva sui giornali, veniva ritratta da grandi pittori e discussa nei salotti dell’aristocrazia. Il pittore Joshua Reynolds la immortalò nella celebre tela The Tragic Muse (1783-1784), oggi conservata in parte al Huntington Library in California e in copia alla Dulwich Picture Gallery di Londra. Anche Thomas Lawrence e William Beechey la ritrassero, contribuendo a fissare nella memoria collettiva l’icona della grande attrice tragica.

Il suo successo la rese non solo una stella del palcoscenico, ma anche una figura influente nella società londinese. Fu chiamata a dare lezioni di eloquenza ai membri della famiglia reale, e divenne un modello di raffinatezza e moralità per le donne dell’epoca. Diversamente da molte attrici del Settecento, spesso considerate poco rispettabili, Sarah Siddons seppe costruirsi un’immagine di rispettabilità borghese che le permise di entrare nei circoli più esclusivi della capitale.

Tale dualità – celebrità popolare e icona morale – fece di lei un fenomeno unico nel suo tempo. Per il pubblico, andare a teatro a vedere Siddons non significava solo assistere a una tragedia, ma vivere un’esperienza culturale e sociale di altissimo livello. Le sue interpretazioni segnarono un’epoca, e trasformarono il modo stesso di concepire la recitazione: meno enfasi retorica e più introspezione psicologica, meno declamazione e più intensità emotiva.

Il suo regno sulle scene londinesi durò per tre decenni, dal 1782 al 1812, con un’influenza che andò ben oltre la sua carriera attiva. Anche dopo il ritiro, continuò a essere considerata la “musa tragica” del teatro britannico, un titolo che ancora oggi accompagna il suo nome.

La costruzione di una celebrità tra teatro, pittura e società

Il successo di Sarah Siddons non fu soltanto il frutto delle sue straordinarie doti interpretative, ma anche il risultato di una vera e propria costruzione della sua immagine pubblica. Nel corso del XVIII secolo, il teatro britannico divenne uno dei principali luoghi di aggregazione sociale e culturale, frequentato dall’aristocrazia e dalla nascente borghesia urbana. In questo contesto, la figura dell’attore – e soprattutto dell’attrice – cominciò a trasformarsi, da semplice interprete a personaggio pubblico, al centro di un’attenzione mediatica che anticipava i meccanismi della celebrità moderna.

Ritratto di Sarah Siddons dipinto da Thomas Gainsborough, fine XVIII secolo

Ritratto di Sarah Siddons di Thomas Gainsborough, che ne evidenzia eleganza e carisma.

Sarah Siddons seppe incarnare questo nuovo modello come nessun’altra. A differenza di molte colleghe, spesso guardate con sospetto per la loro condotta privata e considerate figure marginali rispetto agli standard morali dell’epoca, Siddons riuscì a costruirsi un’immagine di donna rispettabile e madre di famiglia, che le permise di conquistare non solo il pubblico teatrale, ma anche i salotti più esclusivi della società londinese. Questo equilibrio tra vita privata e professione fu una delle chiavi del suo straordinario successo, in un’epoca in cui il confine tra teatro e vita reale era particolarmente fragile.

Un ruolo fondamentale nella costruzione della sua fama fu svolto dalle arti visive. Siddons fu ritratta da alcuni dei più grandi pittori britannici del tempo, che contribuirono a fissarne l’iconografia come “musa tragica”. Nel 1784 Joshua Reynolds realizzò uno dei più celebri dipinti della storia del teatro: Sarah Siddons as the Tragic Muse. Nell’opera, la figura dell’attrice appare monumentale, seduta in posizione ieratica tra due figure allegoriche, con lo sguardo rivolto all’eternità. Questo ritratto, più che un semplice omaggio, rappresentava la consacrazione di Siddons come incarnazione stessa della tragedia, paragonabile alle muse dell’antichità. Il quadro ebbe un’enorme influenza sul pubblico e sugli ambienti artistici, rafforzando l’idea che l’attrice non fosse soltanto un’interprete, ma un simbolo culturale e quasi mitologico.

Altri pittori seguirono Reynolds nel celebrare la figura di Siddons. Thomas Lawrence, che sarebbe divenuto uno dei più importanti ritrattisti della fine del XVIII secolo, la raffigurò più volte, cogliendone l’intensità espressiva e l’eleganza aristocratica. William Beechey, invece, nel 1793 la ritrasse con gli emblemi della tragedia, rafforzando ulteriormente la sua immagine di attrice legata indissolubilmente ai ruoli drammatici. Questi ritratti non solo immortalavano la sua figura, ma circolavano in stampe e incisioni, alimentando un vero e proprio culto visivo intorno al suo nome.

Parallelamente, la stampa cominciò a occuparsi della sua carriera con grande attenzione. Giornali e riviste teatrali recensivano le sue interpretazioni, descrivendo nei minimi dettagli la sua voce, i gesti, le espressioni del volto. Le cronache dell’epoca raccontano di spettatori che piangevano durante le sue scene più intense e di platee che restavano in religioso silenzio durante le sue pause drammatiche. La sua capacità di gestire il ritmo emotivo della recitazione era percepita come una forma di genio naturale, e la critica dell’epoca non esitava a paragonarla ai grandi tragici dell’antichità.

La dimensione pubblica di Siddons fu anche alimentata da un fenomeno sociale più ampio: la nascita di una vera e propria cultura della celebrità teatrale. A differenza degli attori seicenteschi, che erano figure note ma non idolatrate, gli attori del Settecento cominciarono a diventare oggetti di culto, con fan che collezionavano stampe, ritratti e perfino ciocche di capelli. In questo senso, Siddons fu tra le prime a vivere quella che oggi definiremmo una condizione da “star system”, con la differenza che il suo mito non si fondava sullo scandalo o sulla trasgressione, ma sulla dignità e sul rispetto.

In un’epoca in cui il ruolo delle donne nella società era ancora limitato e circoscritto, il successo di Sarah Siddons ebbe anche una valenza simbolica. La sua figura dimostrava che una donna poteva essere al centro della scena pubblica, non solo come attrice, ma come modello morale e culturale. Questo contribuì ad aprire la strada ad altre attrici e a ridefinire il rapporto tra genere e teatro. Siddons non fu mai un’attivista in senso politico, ma la sua stessa carriera rappresentò un atto di emancipazione e una sfida ai pregiudizi del suo tempo.

Non sorprende che, nel corso della sua carriera, venisse invitata a tenere lezioni di eloquenza e declamazione per membri della famiglia reale britannica. La sua abilità oratoria era considerata un modello di perfezione, tanto che divenne una sorta di “maestra” non ufficiale del linguaggio aristocratico. Questo ruolo sanciva definitivamente il suo status di artista rispettata e di donna di cultura, capace di muoversi con naturalezza nei contesti più elevati della società.

Il fenomeno Siddons fu quindi molto più di un successo teatrale: fu la nascita di una nuova concezione della recitazione e della celebrità, che univa il talento artistico a una costruzione consapevole dell’immagine pubblica. Il suo nome, associato all’idea stessa di tragedia, divenne un punto di riferimento non solo per il pubblico britannico, ma anche per le generazioni future di attrici che avrebbero trovato in lei un modello di professionalità e grandezza.

Vita privata, ritiro dalle scene e ultimi anni

Se la carriera di Sarah Siddons fu segnata da gloria e applausi, la sua vita privata fu molto più complessa e talvolta dolorosa. Nel novembre 1773 sposò William Siddons, un attore che ebbe un ruolo marginale rispetto alla sua straordinaria carriera. Dal matrimonio nacquero sette figli, ma il destino non fu clemente: molti di loro morirono in giovane età, lasciando profonde cicatrici nella vita dell’attrice. Tra i sopravvissuti, uno dei più noti fu Henry Siddons, che seguì le orme materne nel teatro, anche se con minore fortuna, prima di morire precocemente di tubercolosi. Queste tragedie familiari alimentarono la sua inclinazione verso i ruoli tragici, perché il pubblico riconosceva nei suoi gesti e nelle sue espressioni una sofferenza autentica che nasceva dall’esperienza personale.

Nonostante la fama e il prestigio, Sarah Siddons rimase sempre una donna profondamente legata alla famiglia, e mantenne un’immagine di rispettabilità che la distinse dalla maggior parte delle attrici contemporanee. Se molte colleghe venivano associate a scandali o comportamenti moralmente discutibili, Siddons seppe preservare una reputazione irreprensibile, che le aprì le porte dei circoli più esclusivi e le permise di essere accolta come ospite onorata in case aristocratiche. Questa rispettabilità fu parte integrante della sua celebrità: il pubblico la vedeva non solo come un’artista straordinaria, ma anche come una donna virtuosa, un modello femminile che incarnava la dignità e la forza morale oltre che la grandezza artistica.

Lapide di Sarah Siddons al cimitero di Paddington Green, Londra

La lapide commemorativa di Sarah Siddons al cimitero di Paddington Green, dove fu sepolta nel 1831.

Il momento più toccante della sua carriera arrivò nel 1812, quando annunciò il ritiro dalle scene. Per il suo addio scelse il ruolo che più di tutti l’aveva resa immortale: Lady Macbeth. La rappresentazione al Coven Garden Theatre divenne un evento epocale, con la sala gremita da un pubblico emozionato che la seguì con trepidazione. Durante la celebre scena del sonnambulismo, la tensione era tale che gli spettatori interruppero l’attrice con applausi e commozione, incapaci di lasciarla proseguire. Fu un addio teatrale che rimase nella memoria collettiva come uno dei momenti più intensi della storia del palcoscenico britannico.

Dopo il ritiro, Siddons continuò a vivere a Londra, mantenendo rapporti con artisti, scrittori e intellettuali. La sua casa divenne un luogo di incontro per figure di spicco della cultura, che vedevano in lei un simbolo vivente della grandezza teatrale del Settecento e dell’inizio dell’Ottocento. Nonostante la lontananza dal palcoscenico, la sua autorità culturale rimase intatta: molti giovani attori e attrici la consideravano una guida spirituale, una “sacerdotessa” della tragedia che incarnava l’essenza stessa della recitazione.

Gli ultimi anni della sua vita furono segnati dal declino fisico, ma mai dall’oblio. Sarah Siddons morì l’8 giugno 1831 a Londra, all’età di 75 anni, dopo una lunga malattia. Fu sepolta a Paddington Green Cemetery, dove la sua tomba divenne presto meta di ammiratori e curiosi. La sua scomparsa fu ampiamente riportata dalla stampa dell’epoca, che la ricordò come un’icona culturale, paragonabile ai più grandi interpreti della tragedia antica.

L’eredità culturale e la memoria di Sarah Siddons

La morte di Sarah Siddons non segnò la fine della sua influenza, ma anzi l’inizio di una leggenda che continua a vivere ancora oggi. Pochi attori nella storia del teatro britannico hanno lasciato un segno tanto profondo, capace di trascendere il proprio tempo e diventare patrimonio culturale collettivo. La sua figura venne immediatamente celebrata come simbolo della grande tragedia, e la sua immagine continuò a essere riprodotta, raccontata e commemorata nei decenni successivi.

Uno dei riconoscimenti più significativi fu l’erezione di una statua in marmo in suo onore all’interno della cappella di Sant’Andrea dell’Abbazia di Westminster, nel 1845. Questo tributo la collocava idealmente accanto ai grandi nomi della cultura e della storia britannica, a conferma di come la sua arte fosse considerata alla pari delle più alte espressioni intellettuali del Paese. Un’altra statua fu inaugurata nel 1897 a Paddington Green, vicino al luogo della sua sepoltura, e ancora oggi accoglie visitatori e appassionati che desiderano rendere omaggio alla “musa tragica”.

Statua di Sarah Siddons di Leon-Joseph Chavalliaud a Paddington Green, Londra

Statua in marmo di Sarah Siddons, realizzata da Leon-Joseph Chavalliaud nel 1897, situata a Paddington Green, Londra.

Il suo nome sopravvive anche attraverso la pittura e l’arte visiva. I ritratti di Joshua Reynolds, Thomas Lawrence e William Beechey continuano a essere esposti in gallerie prestigiose come la Dulwich Picture Gallery e la National Portrait Gallery, oltre che in musei internazionali come l’Huntington Library in California. Queste opere non hanno solo valore artistico, ma rappresentano testimonianze storiche del primo fenomeno di celebrità teatrale, in cui l’immagine dell’attrice diventava parte integrante della sua fama e del suo mito.

L’eredità di Sarah Siddons è visibile anche nell’evoluzione della recitazione femminile. Le sue interpretazioni aprirono la strada a una concezione nuova della tragedia, in cui non contavano solo la potenza della voce e la presenza scenica, ma anche l’intensità psicologica e l’autenticità emotiva. La sua influenza fu avvertita dalle generazioni successive di attrici, tra cui la celebre Ellen Terry, che ne raccolse l’eredità nell’Ottocento, e in un certo senso anche da figure più moderne come Laurence Olivier e Vivien Leigh, che reinterpretarono Lady Macbeth sotto il segno di un realismo ereditato da quella tradizione.

Il ricordo di Siddons sopravvive anche in ambiti più popolari. Una blue plaque ricorda la sua residenza a Baker Street, oggi conservata al Victoria and Albert Museum, mentre a Hollywood esiste addirittura un premio teatrale a lei intitolato, il Sarah Siddons Award, istituito a Chicago nel 1952, che viene conferito annualmente a un interprete per l’eccellenza nella recitazione teatrale. Questo dimostra come il suo mito abbia attraversato l’Atlantico, trasformandosi in un punto di riferimento per il teatro anglofono in generale, e non solo britannico.

Ma forse l’aspetto più importante del lascito di Siddons è quello immateriale: l’idea che il teatro, attraverso la tragedia, possa toccare le corde più profonde dell’animo umano. Le cronache dell’epoca raccontano platee in lacrime, spettatori incapaci di restare indifferenti di fronte alla potenza del suo sguardo e della sua voce. Questa capacità di trasformare la recitazione in un atto quasi sacro ha contribuito a ridefinire il ruolo dell’attore e dell’attrice nella società, elevandoli a veri e propri interpreti dell’animo umano.

Ancora oggi, parlare di Sarah Siddons significa evocare l’immagine di una donna che, in un’epoca in cui le possibilità per le attrici erano limitate e spesso stigmatizzate, seppe imporsi come icona di talento, professionalità e moralità. La sua figura non appartiene solo alla storia del teatro, ma anche alla storia sociale e culturale del Regno Unito, come esempio di emancipazione e di affermazione femminile in un contesto dominato dagli uomini.

L’eredità della “musa tragica” vive quindi non solo nelle statue e nei dipinti, ma in ogni rappresentazione teatrale che cerca di raggiungere quel livello di intensità e verità che lei seppe incarnare. Per questo, a quasi due secoli dalla sua morte, Sarah Siddons rimane un nome che suscita ammirazione e rispetto, un simbolo eterno del potere della tragedia e della grandezza del teatro britannico.


Le immagini utilizzate sono su Common free license o tutelate da copyright. È vietata la ripubblicazione, duplicazione e download senza il consenso dell’autore.

Immagini interne: By No Swan So Fine – Own work, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=62664702, By Stephencdickson – Own work, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=36698535

The post Sarah Siddons: la musa tragica del teatro britannico first appeared on Londra Da Vivere : il più grande portale degli italiani a Londra.

Qual è la tua reazione?

Mi piace Mi piace 0
Antipatico Antipatico 0
Lo amo Lo amo 0
Comico Comico 0
Furioso Furioso 0
Triste Triste 0
Wow Wow 0
Redazione Redazione Eventi e News