Schlein snobba il meeting di Rimini e regala ancora una volta la scena a Meloni

Chissà quale raffinato ragionamento politico ha indotto il Partito democratico, e più nello specifico Elly Schlein, a disertare il meeting di Comunione e Liberazione a Rimini. Così che l’appuntamento è risultato una clamorosa esclusiva vetrina per Giorgia Meloni – ma è anche vero che è sempre così per tutti i presidenti del Consiglio – e un pochino per Matteo Salvini.
Sul fatto che Meloni sarebbe stata la star del meeting non c’erano dubbi, e lei ha preso la scena con un lungo discorsone che avrebbe dovuto costituire il programma del nuovo anno politico e che invece si è rivelato un comizio autoreferenziale, arrogante e dimenticabile (forse l’unica cosa che non aveva mai detto è il piano casa per le giovani coppie, ma pure questa è una promessa che si sente da decenni).
Per fortuna il filone democratico-riformista ha riempito la scena il primo giorno con il gran discorso di Mario Draghi, che la premier ha detto di condividere non avendolo evidentemente capito – perché anche un bambino capisce che la sua visione sovranista non può collimare con l’europeismo di Draghi.
È vero che a Rimini ha parlato la riformista tuttora nel Pd, ma sempre più insofferente, Pina Picierno, che ha partecipato a un panel sulla politica internazionale. Ma dov’era il gruppo dirigente? Dov’era la segretaria? Forse non hanno pensato di invitarla – e sarebbe significativo se si fossero scordati di lei – o forse al Nazareno non hanno insistito per un invito. Perché, avranno pensato, la kermesse di Rimini non è più quella di una volta, non conta niente, non è lì che possiamo pensare di prendere voti. Dunque, chi se ne importa di Comunione e Liberazione.
Se questo è stato il ragionamento del Nazareno è facile concludere che è stato quantomeno superficiale. Perché certo che Comunione e Liberazione non è quella degli anni Ottanta, quando con la sua filiazione politica del Movimento popolare era una potenza economica e politica paurosa, certo che ha molto meno seguito e meno influenza di allora. Ma resta un mondo di una certa vitalità legato a tematiche fondamentali, la pace innanzitutto, che dovrebbero incrociare la sensibilità del Partito democratico schleiniano ben più, per dire, dell’amorfo Pd di Enrico Letta e Nicola Zingaretti.
È possibile che Schlein ai ragazzi del meeting non sappia cosa dire, oltre le cose che ripete tutti i giorni in tv e sui giornali, che non possegga cioè l’attrezzatura culturale e la chiave politica per far accendere un faro su di sé, per alimentare una discussione, per suscitare interesse in uno dei pochi segmenti di una generazione che della politica se ne frega altamente. Gigantesco problema culturale quindi – l’eterna questione del rapporto con i mondi cattolici – unito alla scarsezza di fantasia e di idee: in fondo in due anni e mezzo la leader del Partito democratico ha avanzato una sola vera chiara proposta, il salario minimo a nove euro. Stop.
E ha ragione Graziano Delrio, sulle orme di un saggio come Pierluigi Castagnetti, che da tanto tempo batte sullo stesso tasso: «Stiamo creando le condizioni perché Giorgia Meloni si intesti la rappresentanza di mondi a cui noi dovremmo dare risposte», ha osservato Delrio con preoccupazione.
Schlein e i suoi sembrano voler curare solo il rapporto con quei settori cattolici molto minoritari che vivono la politica come espressione di principi non negoziabili di sinistra, come il pacifismo integrale, più vicino al Movimento 5 stelle, che non tiene conto della nuova situazione mondiale.
D’altronde quando Romano Prodi, allargando il discorso, dice a Repubblica che l’opposizione non esiste («Potrebbe esistere perché il malcontento nei confronti del governo è crescente. Ma senza un’opposizione, il governo può fare qualsiasi cosa e vince sempre»), non vuole tanto dire che l’opposizione non dà battaglia a Meloni, quanto che non esiste perché non ha proposte serie da contrapporre al vuoto meloniano.
È incredibile, per esempio, che la sinistra e il Pd non dicano nulla davanti allo sfacciato sostegno del governo all’operazione del gruppo Caltagirone che punta a Generali, cioè alla cassaforte del Paese: e dunque più che sul risiko bancario Schlein è concentrata sul risiko campano e quello pugliese, cioè sui Buddenbrook di Salerno e le ansie dei cacicchi di Bari. Ma questo può portare a sfangarla alle regionali, non a far girare la storia italiana in una direzione nuova.
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