Scoperte le più antiche mummie al mondo e no, non sono in Egitto

Nell’immaginario comune si pensa che le mummie siano una tradizione egiziana fortemente legata ai faraoni e alla narrazione della popolazione cresciuta sulle sponde del Nilo, ma la storia sta per essere riscritta.
Secondo uno studio, le mummie più antiche provengono invece da diverse aree del sud-est asiatico. Un team di archeologi ha individuato resti umani mummificati datandone la provenienza a 14.000 anni fa, 10.000 prima di quelle egiziane. I ritrovamenti hanno coinvolto la Cina meridionale, il Vietnam, la Malesia e la Thailandia, ma ci sono interessanti studi anche nelle Filippine, in Indonesia e nel Laos.
Le mummie più antiche non sono quelle in Egitto
Lo studio ha coinvolto 54 sepolture presso 11 siti archeologici differenti e ha dato evidenza di come i corpi dei defunti venissero prima essiccati con il fumo e poi deposti in posizioni rannicchiate come quelle ritrovate dagli archeologi. La pratica non è qualcosa di andato perso, alcune popolazioni indigene in Australia e Nuova Guinea ancora la praticano, mostrando come questa continuità culturale sia durata millenni. A occuparsi dello studio è Pnas che ha condiviso tutti i risultati in una ricerca approfondita consultabile sul loro sito.
Le nuove analisi sono state pubblicate su riviste scientifiche internazionali e hanno confermato come molte ossa esaminate mantengano lo stesso tipo di trattamento post mortem. Le tecniche più sofisticate con raggi X e spettroscopia infrarossa hanno individuato alterazioni chimiche che possiamo ricondurre con certezza a una mummificazione tramite affumicatura.

Le posizioni fortemente contorte dei corpi (ginocchia piegate fino al torace, braccia incrociate sotto le gambe, mani legate) suggeriscono che i cadaveri venissero preparati e legati subito dopo la morte, per mantenere una forma compatta durante l’essiccazione. La postura, osservata anche in mummie moderne delle popolazioni Dani della Papua indonesiana, aveva probabilmente un valore simbolico, legato alla conservazione dello spirito o al ritorno al grembo della terra.
In molti casi, i ricercatori hanno notato tracce di bruciature localizzate su crani, femori o articolazioni, mentre altre parti del corpo restavano intatte. Ciò conferma che il trattamento avveniva in prossimità di un fuoco controllato, in un ambiente chiuso e fumoso, piuttosto che tramite cremazione.
La scoperta che riscrive la storia
Tra i siti più significativi spicca Con Co Ngua, in Vietnam, dove gli archeologi hanno riportato alla luce oltre 260 sepolture pre-neolitiche, molte in posizione accovacciata e alcune con evidenti segni di affumicatura. Altri ritrovamenti, come quelli di Huiyaotian e Liyupo nella Cina meridionale, mostrano scheletri piegati in posture così compatte da escludere la presenza di tessuti molli al momento della deposizione.
Secondo Peter Bellwood, coautore dello studio, le popolazioni pre-neolitiche del Sud-Est asiatico praticavano rituali complessi, frutto di credenze condivise che riflettevano una profonda spiritualità e un rispetto ancestrale per i defunti.
Cosa sorprende più di tutto? La continuità etnografica. Gli indigeni della Papua Nuova Guinea, i Dani e gli Anga ancora oggi praticano la mummificazione con il fumo e poi mettendo i corpi di capi e concittadini in quelle posizioni facendo sì che si possa mantenere la loro memoria.
La scoperta delle mummie più antiche del mondo in Asia riscrive la storia e ci fa ripensare a come la tradizione abbia qualcosa in comune, seppur le epoche siano diverse e le localizzazioni geografiche siano tanto distanti.
Qual è la tua reazione?






