Tagliare boschi lungo l’alveo dei fiumi fa male a tutti

Agosto 29, 2025 - 01:00
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Tagliare boschi lungo l’alveo dei fiumi fa male a tutti

È notizia di questi giorni il fatto che necessiti ancora aprire un dibattito istituzionale per decidere se sia opportuno o meno tagliare i boschi lungo i fiumi. Leggendo l’articolo emerge chiaramente che, in effetti, l’operazione annienterebbe buona parte delle formazioni di vegetazione riparia che si sviluppano lungo le rive dell’Ombrone. Principale tema del dibattito è che la vegetazione riparia ha ben poco in comune con quella che si trova nei boschi in senso lato, spesso ricostituiti dall’uomo proprio per la produzione di legname.

La notizia di per sé non desterebbe una grande meraviglia, visto come stiamo gestendo i nostri fiumi, ormai costretti a scorrere all’interno di spazi sempre più ridotti. Nel caso in oggetto c’è però un’aggravante data dal fatto che le motivazioni della richiesta avanzata dall’Unione Comuni Colline Metallifere al Parco della Maremma non risiedono nella ricerca di una maggiore sicurezza idraulica (dato appunto il poco spazio disponibile per le piene) bensì nell’intenzione di destinare il materiale legnoso a un impianto che produce energia da biomasse, come chiaramente spiegato al Tg regionale.

Certo, sempre di legno si tratta, né più né meno che una fonte di carbonio combustibile proveniente, però, nel caso specifico, dal taglio della vegetazione che nasce spontaneamente lungo l’alveo dei fiumi. Tralasciando l’acceso dibattito sugli alberi come fonte di energia rinnovabile, preme qui sottolineare che la vegetazione riparia è composta da specie arboree e arbustive che si sono adattate a vivere in condizioni ambientali spesso proibitive, e che non potrebbe mai essere ripristinata artificialmente dall’intervento dell’uomo con normali pratiche forestali.

Le formazioni vegetali riparie sono l’elemento che maggiormente caratterizza il paesaggio fluviale. Il loro sviluppo dipende dal dinamismo intrinseco dell’ecosistema fluviale e da quello proprio delle specie che ne fanno parte. La loro composizione, struttura e distribuzione, più che dal clima, sono condizionate dal regime idrologico, cioè dalle portate, che determinano frequenza e durata dei periodi di sommersione delle radici; dalla forza della corrente, che agisce meccanicamente sui fusti, mettendo a dura prova specie non riparie; dalla morfologia e dall’ampiezza della piana inondabile, che determina la diversità delle specie e degli habitat.

La vegetazione fluviale svolge un ruolo fondamentale per la vita del fiume, rispondendo alle sue dinamiche con strategie che solo alcune specie vegetali, quelle riparie appunto, riescono a porre in atto, smorzando e rallentando gli effetti dell’inondazione delle piene e svolgendo quindi anche una funzione idraulica, a cui va aggiunta l’azione, non secondaria, di favorire la ricarica delle falde. Per contro gli ambiti fluviali sono estremamente selettivi per i processi di colonizzazione, consentendo lo sviluppo di cenosi vegetali secondo un modello longitudinale che si estende parallelo al fiume per formare il corridoio ecologico di cui si fa un cenno fondamentale nell’articolo citato.

Per superare la lunga permanenza nel suolo saturo di acqua, le specie riparie hanno sviluppato tessuti in grado di portare ossigeno dalle foglie alle radici. La violenza delle piene è affrontata con il tenace ancoraggio dell’esteso apparato radicale e con la flessibilità dei fusti. Le caratteristiche pioniere di molte specie riparie consentono la conquista di suoli estremamente poveri di nutrienti. Più ampio sarà l’alveo, maggiori possibilità di esprimersi avranno le cenosi vegetali che occupano i vari ambiti fluviali dando luogo ad un insieme variegato di specie che non ha eguali.

Le comunità vegetali presenti lungo il fiume si ripetono da monte a valle, costituendo un mosaico di habitat frequentemente movibile sotto l’effetto dell’azione periodica e a volte violenta delle acque. Nelle vicinanze dell’alveo dominano salici (Salix spp.) e ontani (Alnus spp.) in un complesso sistema di “tessere” che compaiono e scompaiono in scale temporali diverse. Man mano che avanza nella piana inondabile, a seconda della topografia dei luoghi, la comunità vegetale esprime specie arboree più esigenti come pioppi (Populus spp.), querce (Quercus robur), olmi (Ulmus spp.), aceri (Acer spp.) e frassini (Fraxinus spp.). L’elenco sarebbe lungo se non ci limitassimo alle sole specie arboree. La vegetazione riparia modera una miriade di processi nei corridoi a cui da origine, influenzando la temperatura e l’irradiazione luminosa, producendo detrito organico, fonte di cibo a breve e lungo termine, modellando l’ambiente fisico e procurando il substrato per i cicli biologici e l’habitat di animali acquatici, anfibi e terrestri.

La vegetazione riparia ha quindi un ruolo fondamentale nella formazione e caratterizzazione degli ecosistemi fluviali e contribuisce in maniera sostanziale a determinarne la funzionalità ecologica. A causa dell’intensificarsi delle barriere antropiche (strade, ferrovie, aree urbanizzate, agricoltura, ecc.) gli habitat naturali si sono sempre più frammentati. Spesso gli unici corridoi di connessione sono le formazioni vegetali riparie e, per questo importante ruolo, salvaguardarle o farle ripristinare spontaneamente dovrebbero diventare obbiettivi centrali della pianificazione territoriale. Obbiettivi raggiungibili lasciando spazi agli alvei fluviali, che non contemplino solo la parte bagnata dalle portate ordinarie, come spesso avviene.

La notizia citata apre uno scenario in stridente contrasto con quanto appena affermato: tagliare 19 ha di fascia riparia vale a dire eliminarla completamente dal paesaggio che oggi è ancora possibile osservare, per tratti lunghi alcuni chilometri. E se consideriamo che si sta parlando di una fascia di vegetazione già ridotta ai minimi termini dall’azione dell’agricoltura, che ha fagocitato il territorio di pertinenza fluviale fino a pochi metri dall’alveo, sembra si voglia infierire quasi fosse dovuta una punizione divina.

La provvidenza ha fatto sì che nel Parco della Maremma abbia prevalso la conoscenza e il buon senso, tanto da far richiedere un momento di riflessione che, attraverso gli strumenti di approfondimento previsti dalla normativa, potrebbe evidenziare il danno irreparabile che si sta programmando. C’è da augurarsi che con questa momentanea tregua, salvo che non sia ormai troppo tardi, si rifletta anche su scelte che potrebbero cadere sui tratti non protetti dell’Ombrone, dove comunque la vegetazione riparia svolge a pieno titolo le funzioni descritte e produce sevizi ecologici di fondamentale importanza per un territorio ormai drasticamente antropizzato.

L’augurio è anche quello che, oltre a comprendere la netta differenza che contraddistingue le varie tipologie di bosco, si giunga finalmente a capire che i nostri fiumi hanno bisogno dello spazio che nel corso dei decenni gli è stato tolto, per restituire loro la capacità di esprimere al meglio intrinseche potenzialità ecologiche e paesaggistiche e di raggiungere standard di sicurezza che i tempi attuali impongono.

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Redazione Eventi e News Redazione Eventi e News in Italia