The Running Man, azione e satira nel nuovo film con Glen Powell

Dopo mesi di attesa, The Running Man di Edgar Wright sta per arrivare nei cinema. L’ultima anteprima diffusa da Paramount Pictures promette spettacolo, ritmo e tensione, riportando sullo schermo una delle storie più cupe e provocatorie nate dalla penna di Stephen King. A differenza della versione del 1987 con Arnold Schwarzenegger, che puntava tutto su gadget futuristici e muscoli da eroe hollywoodiano, la nuova trasposizione si propone di restituire al pubblico il tono satirico e disperato del romanzo originale. Ce la farà?

Per chi non ne avesse mai sentito parlare, siamo in un futuro prossimo in cui il reality show più seguito al mondo, The Running Man, mette in palio la sopravvivenza. I concorrenti, chiamati “Runners”, devono resistere 30 giorni mentre vengono braccati da assassini professionisti, con ogni istante trasmesso in diretta a un pubblico assetato di violenza. Ben Richards, interpretato da Glen Powell, accetta di partecipare al gioco per salvare la figlia malata. A gestire la macchina dello spettacolo è Dan Killian, produttore spietato interpretato da Josh Brolin, pronto a manipolare pubblico e concorrenti pur di tenere alta l’audience.

La versione di Wright, scritta insieme a Michael Bacall, si discosta dal remake per riscoprire la componente sociale e politica del romanzo. Non solo un survival ad alta tensione, ma anche una riflessione sui media, sul controllo e sulla spettacolarizzazione della sofferenza. Il regista britannico, già autore di cult come Baby Driver e Shaun of the Dead, sembra bilanciare il ritmo delle sequenze d’azione con una costruzione narrativa più introspettiva. L’estetica è pulsante, quasi ipnotica: neon, inquadrature dinamiche e montaggio frenetico scandiscono un mondo che confonde intrattenimento e crudeltà.

CLICCA QUI PER CONTINUARE A LEGGERE