Uganda. Stop alla cooperazione militare con la Germania
di Giuseppe Gagliano –
Il governo dell’Uganda ha deciso di sospendere unilaterale la cooperazione militare con la Germania. Si tratta di un sintomo della tensione crescente tra sovranità africana e ingerenze occidentali percepite. A scatenare la rottura, secondo le autorità ugandesi, sarebbero state le attività “sovversive” dell’ambasciatore tedesco Matthias Schauer, accusato pubblicamente dal portavoce dell’esercito Chris Magezi di collusione con gruppi antigovernativi.
Il linguaggio usato da Magezi è rivelatore. Ha parlato di “rapporti credibili dei servizi di intelligence” e di un coinvolgimento dell’ambasciatore con “forze ostili pseudo-politico-militari”. Una formula che combina la grammatica della sicurezza con quella della delegittimazione politica. Il bersaglio dichiarato non è solo Schauer, ma una parte del corpo diplomatico europeo che – secondo fonti militari – avrebbe alimentato legami con l’opposizione radicale, in particolare il National Unity Platform (NUP) di Bobi Wine.
Il caso si inserisce in un contesto ben più ampio: quello della militarizzazione della diplomazia africana e della crescente insofferenza dei regimi consolidati verso qualsiasi forma di ingerenza o pressione esterna, soprattutto in vista di elezioni potenzialmente destabilizzanti, come quelle del 2026 in Uganda.
Ad alimentare la tensione è intervenuto anche il generale Muhoozi Kainerugaba, capo dell’esercito, figlio del presidente Yoweri Museveni e da molti considerato il suo successore designato. Con un linguaggio spregiudicato, ha dichiarato che l’ambasciatore Schauer “non è assolutamente qualificato per stare in Uganda”, ma ha tenuto a precisare che “il grande popolo tedesco” resta stimato. Una dichiarazione che smaschera la strategia comunicativa del regime: personalizzare lo scontro per evitare la rottura formale con Berlino.
Ma il vero detonatore diplomatico sarebbe stato un incontro recente tra Schauer e Salim Saleh, fratello di Museveni, durante il quale sarebbero state criticate le esternazioni sui social del generale Kainerugaba. La promessa di “contenerlo”, attribuita a Saleh, potrebbe non essere bastata a rassicurare la leadership militare.
Mentre i sospetti di coinvolgimento dell’ambasciatore tedesco circolano, le forze di sicurezza ugandesi hanno intensificato gli arresti di presunti sabotatori ed ex attivisti dell’opposizione, accusati di vandalismo delle infrastrutture elettriche e complotti per attacchi terroristici. La mappa dei distretti colpiti , cioè Wakiso, Mukono, Luweero, Kiboga, coincide con i bastioni della protesta antigovernativa.
A rafforzare il clima da guerra interna, è stato lo stesso Kainerugaba: il 2 maggio ha pubblicamente rivendicato il rapimento e la tortura del capo della sicurezza di Bobi Wine, postando la foto della vittima su X. Un atto che non è passato inosservato né a Berlino né presso le organizzazioni per i diritti umani, che denunciano da tempo l’uso sistematico della violenza contro i dissidenti.
La sospensione della cooperazione militare è solo la punta dell’iceberg. La Germania è uno dei principali partner economici dell’Uganda, con scambi commerciali da 335 milioni di dollari nel 2024. Ma il vero rischio è il collasso della fiducia diplomatica in un momento in cui Berlino cerca nuovi interlocutori africani dopo il disimpegno francese nel Sahel.
Per l’Uganda invece la rottura serve a consolidare il potere interno, a mostrare i muscoli alla vigilia del passaggio dinastico da Museveni a Kainerugaba, e a ridefinire i limiti dell’ingerenza esterna. In un continente dove la cooperazione militare si intreccia sempre più con la competizione tra potenze, Kampala ha scelto di dettare le condizioni.
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