Vita aliena nelle nubi degli esopianeti? Nuovi indizi
Tra i tanti indizi che gli astronomi sperano di cogliere nell’atmosfera dei mondi lontani, le nuvole sono sempre state considerate un ostacolo. Ostacolano le osservazioni, confondono i dati e spesso impediscono di analizzare i gas che potrebbero suggerire la presenza di vita. Eppure, un nuovo studio della Cornell University ribalta questo punto di vista, mostrando che proprio le nuvole potrebbero diventare uno strumento utile per riconoscere la possibile presenza di organismi viventi su un esopianeta.
L’idea nasce da una considerazione semplice ma poco esplorata: anche la nostra atmosfera ospita un mondo brulicante di microorganismi, molto più variegato di quanto si pensasse. Nel nostro cielo vivono batteri, archei, alghe microscopiche e altri organismi capaci di resistere a condizioni estreme. Per proteggersi dai raggi ultravioletti, spesso particolarmente intensi a quelle quote, molti di essi producono biopigmenti dal colore acceso, dalle sfumature del rosso a quelle del viola. Un universo cromatico che, finora, era rimasto di interesse quasi esclusivo dei biologi.
A proporre un cambio di prospettiva è stata l’astrobiologa Ligia Coelho, ricercatrice postdoc a Cornell, che ha suggerito di considerare questi pigmenti come veri e propri marcatori osservabili anche da grande distanza. Il suo gruppo ha raccolto e studiato per la prima volta gli spettri di riflettanza dei microorganismi aerobi terrestri: una sorta di “impronta digitale” dei loro colori. Questo catalogo permette ora agli astronomi di confrontare la luce riflessa dalle nubi di altri pianeti con quella prodotta dai microbi terrestri.
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