Yemen. Gli Houthi sfidano Israele, tra smentite e crisi umanitaria

Maggio 13, 2025 - 22:30
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Yemen. Gli Houthi sfidano Israele, tra smentite e crisi umanitaria

di Giuseppe Gagliano

Le coste dello Yemen tornano al centro della tempesta geopolitica. Gli Houthi, il movimento ribelle di Ansar Allah, hanno smentito con forza le voci di attacchi israeliani contro i porti di Hodeidah, Salif e Ras Issa, dopo che Tel Aviv aveva minacciato raid contro queste infrastrutture strategiche sotto il loro controllo. La dichiarazione di Israele, diffusa l’11 maggio dal portavoce militare Avichay Adraee, aveva invitato i civili ad abbandonare le aree portuali, alimentando timori di un’escalation. Ma Nasruddin Amer, voce dell’agenzia Saba controllata dagli Houthi, ha negato qualsiasi bombardamento, mentre un rappresentante di Hamas, Mohammed al-Bukhaiti, ha avvertito: “Risponderemo a ogni escalation con un’escalation”.
Questo scontro verbale è solo l’ultimo capitolo di una guerra a distanza che vede gli Houthi lanciare missili contro Israele e le sue rotte marittime nel Mar Rosso, in solidarietà con la causa palestinese. Dal 7 ottobre 2023 il gruppo yemenita ha intensificato le operazioni, culminate il 4 maggio scorso con un missile balistico che ha colpito il perimetro dell’aeroporto Ben Gurion, aggirando le difese aeree israeliane e ferendo otto persone. Tel Aviv ha risposto con raid su Sanaa e Hodeidah, aggravando una crisi umanitaria già devastante: 18,2 milioni di yemeniti dipendono dagli aiuti, 17,1 milioni soffrono di insicurezza alimentare e 5 milioni sono a un passo dalla carestia.
L’equazione si complica con l’ingresso in scena di Donald Trump. Il presidente Usa ha annunciato il 6 maggio un cessate-il-fuoco con gli Houthi, presentandolo come una “capitolazione” del gruppo. L’accordo prevede la fine dei bombardamenti Usa sullo Yemen in cambio della sospensione degli attacchi Houthi alle navi nel Mar Rosso. Ma gli Houthi hanno ribadito che il patto non include Israele, promettendo di continuare le operazioni finché Tel Aviv non aprirà i corridoi umanitari per Gaza. Mohammed Abdulsalam, negoziatore di Ansar Allah, ha respinto la narrativa di Trump, accusando gli Usa di aver “ceduto” per primi.
Per Israele gli Houthi rappresentano una sfida inedita. A differenza di Hezbollah o Hamas, il gruppo yemenita opera in un territorio vasto e montuoso, difficile da monitorare. “Tel Aviv non ha le stesse informazioni sugli Houthi che ha sui suoi nemici tradizionali”, spiega l’analista Hannah Porter. “Colpire i loro leader o esaurire le loro capacità militari è quasi impossibile”. Inoltre, la distruzione dei porti yemeniti rischierebbe di strangolare ulteriormente una popolazione già allo stremo, come sottolineato dall’esperto Raiman al-Hamdani: “Sarebbe una catastrofe umanitaria senza precedenti”.
La partita si gioca su più tavoli. Gli Houthi, sostenuti dall’Iran, si inseriscono nell’asse anti-occidentale che include Russia e, in misura minore, Cina. La loro capacità di destabilizzare il Mar Rosso, cruciale per il commercio globale, li rende un attore non ignorabile. Trump, con la sua diplomazia pragmatica, sembra voler disinnescare il fronte yemenita per concentrarsi su altre priorità, ma l’esclusione di Israele dall’accordo rischia di alimentare tensioni con Netanyahu, già critico della Casa Bianca.
In questo groviglio lo Yemen paga il prezzo più alto. La guerra a Gaza, le sanzioni occidentali e i tagli agli aiuti internazionali hanno trasformato il paese in un campo di battaglia geopolitico, dove le potenze si sfidano mentre la popolazione soccombe. “Non ci sarà sollievo finché il conflitto a Gaza non troverà una tregua”, avverte al-Hamdani. E mentre gli Houthi e Israele si scambiano minacce, il mondo assiste a un gioco pericoloso, dove ogni mossa rischia di innescare conseguenze irreparabili.

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Redazione Redazione Eventi e News