A Casa Zoe buoni vicini per le donne maltrattate

Novembre 6, 2025 - 10:30
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A Casa Zoe buoni vicini per le donne maltrattate
Foto di gruppo a Casa Zoe

Diego e Daniela vivono insieme ai loro quattro figli a Casa Zoe, una comunità gestita da Caritas ambrosiana e Cooperativa Farsi Prossimo che accoglie e accompagna donne vittime di tratta e maltrattamento. Sabato 8 novembre, alle 21, al Pime di Milano, ritireranno, a titolo personale e per la struttura, insieme ad altre realtà del mondo della solidarietà, il premio «Fuoco dentro. Donne e uomini che cambiano il mondo», un riconoscimento promosso dalla Diocesi e dall’associazione Elikya, giunto quest’anno alla sua quarta edizione. Con che sentimenti si accosteranno al premio? «Siamo emozionati – risponde Daniela -. Saliremo sul palco non da soli, ma pensando alle persone che vivono intorno a noi e che hanno bisogno di un sostegno, e anche alle famiglie che, come noi, vivono la solidarietà».

Diego e Daniela sono approdati a Casa Zoe provenendo da un’esperienza missionaria: «Certe scelte “grandi”, prese strada facendo nella vita, sono la somma di tante piccole decisioni prese in precedenza – osserva Diego -. Noi siamo stati da sempre molto impegnati nel volontariato con un gruppo missionario che si chiama “le Formiche”. Tramite il gruppo, abbiamo avuto l’occasione di fare varie esperienze in missione, che piano piano ci hanno formato e ci hanno fatto cambiare la scala delle priorità nella nostra vita. Hanno contribuito tanto anche le “belle persone”, come le chiamiamo noi, incontrate nel nostro cammino e che, con il loro esempio, ci hanno fatto arrivare alla scelta di venire ad abitare qui».

La quotidianità a Casa Zoe non è poi così diversa da quella delle famiglie “normali”, spiega Daniela: «Diego va a lavorare, io rimango a casa. Cerchiamo di essere buoni vicini per le donne accolte qui, di offrire anche solo un semplice sorriso e il nostro “stare accanto”. Siamo un punto di riferimento e di supporto anche per l’équipe delle educatrici che in prima persona si occupano dei progetti rivolti alle donne. Diego e io facciamo quello che occorre: dal garantire la “copertura”, perché nella struttura dove viviamo deve essere sempre presente qualcuno, a un aiuto più concreto, come un accompagnamento con la macchina».

La relazione con le donne ospitate non è sempre possibile: «Con alcune di loro – racconta Diego – c’è anzitutto l’ostacolo della lingua, per non parlare del vissuto che hanno alle spalle e che rende loro difficile fidarsi, soprattutto di una figura maschile come me». Spesso, aggiunge Daniela «non si fermano il tempo necessario per vincere la loro comprensibile diffidenza, altre volte invece sì. Alcune belle relazioni siamo riuscite a crearle, ci sono persone che ci vengono a trovare anche dopo essere andate via o che sentiamo per telefono. Quando succede è molto bello».

I figli minori, che hanno 6 e 8 anni, vivono con naturalezza la situazione un po’ particolare della loro famiglia: «Per loro questa è la loro casa, il più piccolo è nato quando eravamo già qui, anzi sono molto contenti di giocare con i figli delle ospiti, quando ci sono – spiega Daniela -. Il grande, che ha 14 anni, è forse quello che più fatica, soprattutto in certe situazioni, come le cene in comunità. Però vediamo che non si vergogna a invitare gli amici a casa, ci sembra un buon segno. Anzi, quando gli capita di raccontare che la sua famiglia fa questo servizio di volontariato, ci sembra che lo faccia con orgoglio. Noi speriamo di trasmettere nei nostri figli un piccolo seme dei valori in cui crediamo».

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Redazione Eventi e News Redazione Eventi e News in Italia