Abbiamo scoperto che cosa "accende" i fuochi fatui
Le anime dei morti bloccate in purgatorio, o quelle di bambini non battezzati: sono solo due delle leggende popolari tradizionalmente associate ai fuochi fatui, le fiammelle un po' staccate da terra che nelle notti d'estate capitava di osservare, almeno fino a un secolo fa, in corrispondenza di paludi, stagni o vecchi cimiteri.
Dopo decenni di supposizioni, ora una ricerca pubblicata sulla rivista PNAS ha concluso che ad accendere queste luci tremolanti e spettrali potrebbero essere microscopiche scariche elettriche che si formano tra bolle di gas e aria.. Autoscontri con scintille. Da tempo si sospetta che ad alimentare i fuochi fatui siano il metano e la fosfina (un gas altamente infiammabile) prodotti dal decadimento del materiale organico presente negli acquitrini, o nelle vecchie bare non accuratamente sigillate. Meno chiaro, però, era che cosa innescasse in principio il processo di combustione di questi gas.
A far luce su questo mistero è stato il gruppo di ricerca di Richard Zare, chimico della Stanford University che già in passato ha dimostrato come dalla collisione di minuscole bolle di acqua, di dimensioni di pochi nanometri o micrometri (milionesimi o millesimi di millimetro), si possano creare microscopici fulmini. In passato, lo scienziato si è spinto a ipotizzare che questo tipo di reazione possa aver avuto un ruolo nel generare, nel brodo primordiale della Terra delle origini, i mattoni chimici indispensabili alla vita.. Fuoco dall'acqua?. Ora, Zare e il suo team hanno dimostrato sperimentalmente che dagli scontri tra bollicine di metano e aria all'interno di una vasca d'acqua in laboratorio si generano scariche elettriche spontanee: gli scienziati le chiamano microfulmini e pensano che abbiano un ruolo nell'accendere i fuochi fatui.
I ricercatori hanno usato un ugello per sparare microbolle di metano misto ad aria in acqua e hanno studiato le loro collisioni con una telecamera ad alta velocità e altri strumenti per misurare le cariche prodotte. Come spiegato su Science, quando le bolle si trovano nell'interfaccia tra acqua e aria, le cariche elettriche sulla loro superficie si separano: sulle bolle più piccole si accumulano cariche negative, su quelle più grandi, positive, e questa differenza genera campi elettrici su piccole distanze che innescano i microfulmini.. «Nessuno pensa che l'acqua possa essere collegata al fuoco», ha commentato Zare. «Si pensa che l'acqua lo spenga. Nessuno ci aveva spiegato che a partire dall'acqua, si può creare una scintilla e dare fuoco a qualcosa: questa è nuova». La telecamera ad alta velocità ha filmato i piccoli flash di luce creati dalle bolle in collisione, mentre altri strumenti hanno rilevato la luce ultravioletta derivata dalla fluorescenza della formaldeide, un composto prodotto quando brucia il metano.. Una spiegazione convincente (ma forse non definitiva). Altri scienziati ritengono che questa sia una spiegazione interessante, anche se forse non l'ultima, sull'origine dei fuochi fatui. I risultati sembrano anche dare ragione in parte al fisico italiano Alessandro Volta, che oltre a inventare la pila fu il primo a scoprire l'origine del gas metano.
Fu Volta a dimostrare, alla fine del '700, studiando l'acqua dei canneti sulle sponde del Lago Maggiore, che il gas metano non era un prodotto di origine minerale, ma organica, e a definirlo "aria infiammabile nativa delle paludi". «Egli ipotizzò che fossero i fulmini a causare questi fuochi fatui, e in un certo senso aveva ragione», conclude Zare. «Ma non sono i fulmini nel cielo; bensì quelli che si scatenano nelle goccioline»..
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