Alla ricerca dell’Ucraina a New York: un pomeriggio con Anna Ataman
C’è un quartiere nel quartiere, nel cuore dell’East Village, racchiuso tra la 14esima strada, Houston street, prima e seconda avenue, dove alle finestre sventolano bandiere giallo-azzurre e il profumo dei varenyky (ravioli ripieni) appena fatti riempie l’aria. Siamo a Ukrainian Village, il microcosmo ucraino di Manhattan, dove tante storie aspettano solo di essere raccontate.
Se seguite questa rubrica da un po’ e vi state appassionando al Giro del Mondo a New York che stiamo facendo insieme, la tappa di questo mese è un appuntamento da non perdere! Questa volta ho avuto la possibilità di raccontare l’Ucraina a New York non solo attraverso i miei occhi e le mie conoscenze, ma anche grazie a una guida davvero speciale: Anna Ataman. Anna è una fotografa professionista (alcune delle foto che vedete in questo articolo sono sue), vive a New York da dieci anni, è nata a Odessa e ha passato l’infanzia in un piccolo paese nella provincia della grande città. In Ucraina vive ancora parte della sua famiglia e, appena la incontro, capisco subito dal suo orgoglio quanto sia profondamente legata alla sua terra d’origine. Io e Anna non ci conosciamo direttamente ma siamo legate da un’amicizia comune che ci ha messe in contatto per raccontare questa storia – e questa è già di per sé una cosa molto bella che succede in questa città: avere la possibilità ogni giorno di entrare in contatto con persone da tutto il mondo che rendono speciale il bagaglio culturale che rende New York… New York!! Ma non è questo il momento di divagare…

Ho dato appuntamento ad Anna davanti all’Ukrainian Museum una domenica pomeriggio di sole del mese di ottobre che sembra quasi primavera. Arrivo un po’ in anticipo e ne approfitto per perdermi tra le strade del quartiere. Passo davanti a una grande chiesa, dove assisto per qualche minuto alla celebrazione di un matrimonio: sarà proprio questa chiesa, scoprirò più tardi, il cuore vivo della comunità ucraina nell’East Village. Poco dopo la vedo arrivare raggiante ed elegantissima, con indosso gioielli tradizionali ucraini, tra cui una stupenda collana di perle rosse, composta da più fili che cadono a cascata sul petto, simbolo di vitalità e protezione. Lo interpreto immediatamente come un segno di orgoglio per le sue radici, ma anche come partecipazione sincera al progetto e apprezzamento per il mio lavoro. Il suo sorriso e la cura con cui ha scelto ogni dettaglio mi trasmettono subito calore e complicità: in quel momento capisco che sarà una guida speciale, capace di rendere questa tappa del nostro Giro del Mondo a New York ancora più autentica e indimenticabile.
Prima di portarvi a scoprire le varie tappe della nostra passeggiata facciamo come al solito un breve passo indietro per conoscere la storia dell’immigrazione ucraina a New York.
La presenza ucraina a New York risale alla fine del XIX secolo, quando molti emigranti lasciarono l’Ucraina — allora divisa tra l’Impero Austro-Ungarico e l’Impero Russo — in cerca di lavoro, libertà e sicurezza. Come molte altre comunità dell’Europa orientale, cercavano opportunità economiche e, soprattutto, fuggivano da persecuzioni politiche e religiose. Molti si stabilirono nell’East Village a Manhattan, allora quartiere vivace e popolare, facilmente accessibile per chi arrivava a Ellis Island e desiderava unirsi a comunità già consolidate.
Con il passare degli anni, la comunità ucraina si è radicata profondamente, dando vita a chiese, scuole, teatri e club sociali. La St. George Ukrainian Catholic Church, la chiesa di cui parlavo prima, divenne un punto di riferimento non solo religioso, ma anche culturale, per mantenere vive lingua e tradizioni. Nel tempo, questa zona dell’East Village ha guadagnato il soprannome di “Ukrainian Village”, un microcosmo dove le bandiere giallo-blu sventolano ancora oggi e le botteghe vendono prodotti tipici. Oggi la comunità ucraina di New York è un vivace mosaico che intreccia radici storiche e nuove migrazioni. Dal 2022, lo Stato di New York ha accolto circa 14.000 rifugiati ucraini attraverso il programma Uniting for Ukraine, nato in risposta all’invasione russa. In totale, si stima che nella città risiedano oggi circa 150.000 persone di origine ucraina, tra discendenti dei primi immigrati e nuovi arrivati. Oltre all’East Village, cuore storico della comunità, una parte importante della diaspora si concentra anche a Brighton Beach, a Brooklyn, dove convivono culture e lingue diverse provenienti dall’Europa orientale. Questo quartiere, spesso descritto come il principale insediamento post-sovietico della città, è un luogo in cui ucraini, russi e altre comunità ex-sovietiche condividono spazi, tradizioni e una memoria comune di migrazione e resilienza. Passeggiare per questi quartieri significa camminare tra passato e presente, respirando una cultura che pur lontana dalla madrepatria resta viva, orgogliosa e in continua evoluzione nel cuore di Manhattan e oltre.


Ciò detto, possiamo finalmente varcare con Anna la soglia del museo ucraino di New York. Situato al civico 222 East 6th Street, tra Second e Third Avenue, l’Ukrainian Museum è un luogo che unisce memoria, arte e identità. Fondato nel 1976 dalla Ukrainian National Women’s League of America, è il più grande museo al di fuori dell’Ucraina dedicato all’eredità artistica e culturale ucraina. L’aiuto di Anna è prezioso fin da subito. Esploriamo il museo, iniziando dalle mostre temporanee. Il riferimento a temi politici fa uscire inevitabilmente subito il tema della guerra ma capisco altrettanto in fretta che ne parleremo poco, solo qualche accenno: sono gli aspetti culturali ad interessare entrambe maggiormente e soprattutto gli aspetti autentici che possiamo ritrovare a New York. Il piano seminterrato del museo ospita la mostra permanente dedicata all’artigianato, un vero scrigno di colori e dettagli. Qui si possono ammirare le uova decorate, realizzate con tecniche tradizionali a cera e tintura. Ogni uovo racconta una storia: motivi geometrici, intrecci e figure simboliche rappresentano protezione, fertilità, prosperità o la specifica identità della regione di provenienza. Accanto alle uova, i tessuti ricamati mostrano l’incredibile varietà della tradizione ucraina dove ogni regione ha il proprio stile, con motivi che spaziano da fiori e piante stilizzate a simboli legati al sole, all’acqua e alla vita rurale, con combinazioni di colori e punti che rivelano la storia e la spiritualità del territorio. Qui entriamo in contatto con la creatività popolare, capace di trasmettere valori e significati antichi con una delicatezza e una ricchezza di dettagli che ancora oggi affascinano. Il museo è un ottimo punto di partenza per la visita al quartiere!

Chiacchierando con Anna, ci perdiamo tra storie, curiosità e riflessioni su come il quartiere stia cambiando negli ultimi anni. L’interesse per l’Ucraina è inevitabilmente cresciuto e il quartiere si anima con nuove attività: aprono negozi di abbigliamento che recuperano dettagli tradizionali — magari un ricamo sulla manica o un accessorio — per adattarli alla moda contemporanea e panetterie che servono pampushky, piccoli dolcetti lievitati, fritti o al forno, ripieni di marmellata di ciliegie spolverati di zucchero a velo, e botteghe che vendono oggetti autentici o mix di tradizione e modernità. Anche fuori dalle comunità, Anna riconosce oggi gli accenti ucraini, segno che la lingua e l’identità continuano a vivere nel quotidiano. La chiesa resta il fulcro del quartiere e fino a poco tempo fa, ogni sabato mattina, nei locali adiacenti la parrocchia, la comunità organizzava una community kitchen per preparare i ravioli tipici, mentre le “nonne” delle prime immigrazioni raccontavano storie e insegnavano tradizioni ai più giovani. Questo succede qui, nell’East Village, ma anche a Williamsburg, dove vive Anna, e naturalmente a Brighton Beach, che ospita la più grande comunità ucraina della città.

È proprio Brighton Beach l’altro cuore pulsante della comunità ucraina a New York. Qui la vita si snoda lungo il boardwalk, tra ristoranti come il famoso Tatiana, ideali per le sere d’estate, dove si canta al karaoke circondati da persone autentiche, che portano con sé storie di famiglia e radici profonde. Mi commuovo quando Anna descrive Brighton Beach come un vero esempio di “utopia” della diaspora: qui convivono russi e ucraini, persone che vivono nel quartiere da generazioni che accolgono i nuovi arrivati, condividendo esperienze di fatica, resilienza e costruzione di una comunità nuova, che unisce passato e presente. Questo quartiere così interessante merita sicuramente una visita più approfondita, e a lui dedicheremo un articolo a parte per raccontarne tutte le sfumature e la sua multiculturalità unica.
Terminate le visite al museo sono ormai le 16:30: tardi per un caffè e presto per la cena. Ma nessuna esperienza culturale è completa senza assaggiare qualcosa di tipico. Così ci ritroviamo sedute a un tavolino di un piccolo ristorante senza finestre, all’interno della Ukrainian National Home, centro culturale e comunitario dell’East Village. Scegliamo di fermarci qui, al Ukrainian East Village Restaurant, invece che al più noto Veselka, proprio accanto. Veselka, storico diner aperto nel 1954, è forse il ristorante ucraino più famoso della città: aperto 24 ore su 24, è celebre per i suoi varenyky e il borscht, e da sempre punto di ritrovo per artisti, residenti e curiosi. Ma oggi preferiamo un luogo più intimo, meno battuto, dove sembra più facile cogliere l’atmosfera autentica della comunità. Ordiniamo un bicchiere di compote, una bevanda casalinga a base di ciliegie dal sapore dolce e delicato, e due piatti semplici ma profondamente identitari: insalata di patate e salo, il tradizionale lardo ucraino. Anna si occupa delle ordinazioni e, non appena le pietanze arrivano, basta un assaggio perché ritrovi immediatamente i sapori della sua infanzia. Il salo, tiene a precisare, proviene dalla rinomata macelleria dall’altra parte della strada: la Meat Market J. Baczynsky, la cui insegna recentemente restaurata domina l’angolo tra la 9th Street e Second Avenue. Chiedo ad Anna quale sia il suo piatto preferito e mi confida che, se deve scegliere, il suo piatto preferito rimangono i varenyky alle ciliegie: piccoli scrigni di pasta dal cuore dolce, che per lei sanno di casa, di feste e di ricordi condivisi. Dovremo assolutamente provarli la prossima volta, magari ancora insieme e magari a Brighton Beach!

Mentre usciamo dalla Ukrainian National Home e ci ritroviamo nuovamente tra le strade dell’East Village, mi rendo conto di quanto questa passeggiata sia stata molto più di una semplice esplorazione di quartiere: è stata un viaggio nell’identità, nella memoria e nella resilienza di un’altra comunità che, lontana da casa, continua a reinventarsi ogni giorno senza perdere le proprie radici. Attraverso gli occhi e i racconti di Anna, l’Ukrainian Village ha preso forma davanti a me come un mosaico ricco di sfumature: dalle voci sommesse ai profumi delle cucine, dalle tradizioni custodite nei ricami agli sguardi luminosi dei nuovi arrivati.
E se oggi abbiamo iniziato a conoscere Little Ukraine nel cuore di Manhattan, il nostro viaggio non finisce qui. Il prossimo mese torneremo a parlare di culture a New York con un nuovo capitolo del nostro Giro del Mondo, un invito a continuare a scoprire come questa città accoglie, preserva e trasforma culture provenienti da ogni angolo del pianeta.
Non vedo l’ora di portarvi con me ancora una volta. Grazie per la lettura e appuntamento al mese prossimo!
L'articolo Alla ricerca dell’Ucraina a New York: un pomeriggio con Anna Ataman proviene da IlNewyorkese.
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