Anemone, un film carico di simbolismi, ma senza niente da dire
Una scena del film AnemoneQuesta settimana la sala cinematografica sancisce la fine del pensionamento auto imposto di uno dei più grandi attori viventi (ma potremmo dire anche uno dei più grandi di sempre): Daniel Day-Lewis.
Avrebbe voluto chiudere la carriera alle sue condizioni con Il filo nascosto (2017), bellissimo film di Paul Thomas Anderson. Invece il nepotismo, come da tradizione hollywoodiana, l’ha richiamato al dovere. Ronan Day-Lewis, suo figlio, aveva bisogno di un esordio alla regia con il botto mediatico. Così ecco Anemone, una sceneggiatura scritta a quattro mani tra padre e figlio per parlare… proprio del rapporto tra padre e figlio.
Daniel Day-Lewis interpreta Ray, un uomo che vive isolato da tutti e viene raggiunto dal fratello con un messaggio: suo figlio ha bisogno di lui. Perché l’uomo si è nascosto? Darà una mano al ragazzo uscendo dal suo esilio? Eh già, la trama di Anemone sembra raccontare proprio la pigra storia produttiva.
Con un cognome diverso nessun aspirante regista sarebbe riuscito a farsi produrre questo film, stracarico di simbolismi, ma senza niente da dire.
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