Arcipelago doposcuola, la sfida delle alleanze

Un arcipelago in espansione. Capace di accompagnare, nell’apprendimento scolastico, ma anche nella crescita umana, migliaia e migliaia di ragazzi. Sempre più decisivo nella lotta alla povertà educativa e alla dispersione scolastica. Sempre più centrale nell’esperienza educativa di oratori e parrocchie. Sempre più popolato da studenti con background migratorio. Sempre più caratterizzato da connessioni e cooperazioni tra gli elementi che lo compongono e con l’ambiente (sociale, istituzionale, digitale) in cui si colloca.
Il panorama dei doposcuola attivi in Diocesi (promossi da Caritas territoriali, volontariato parrocchiale, enti di terzo settore) è stato esplorato nel biennio 2024-2025 dall’Area Minori e dall’Osservatorio delle povertà e delle risorse di Caritas Ambrosiana, in continuità con uno sforzo di indagine che si protrae dal 2010 ed è giunto al quarto Rapporto di ricerca, presentato durante un seminario che si è svolto questa mattina nella sede milanese dell’organismo pastorale.
Le caratteristiche dei doposcuola
L’indagine 2024-2025 è stata condotta inviando questionari ai 253 doposcuola che stanno nella rete di rapporti di Caritas Ambrosiana, e ai quali Caritas offre azioni di coordinamento, aggiornamento, formazione. Hanno risposto i rappresentanti di 184 esperienze e, per l’elaborazione finale, sono state ritenute valide le rispose di 165 doposcuola, frequentati stabilmente da 7.571 ragazzi distribuiti in vari livelli scolastici (39% primaria, 48% secondaria di primo grado, 13% secondaria di secondo grado). Considerando anche i doposcuola “non rispondenti”, si può ritenere che i minori frequentanti siano, nei territori ambrosiani, tra i 10 e i 12 mila.
Si registra una forte centralizzazione dell’offerta educativa nel capoluogo: quasi tre quarti (72,7%) dei doposcuola censiti operano a Milano, l’11,5% a Varese e provincia, il resto sparsi nelle altre cinque zone pastorali della Diocesi. Quanto alla natura giuridica dei soggetti gestori, due terzi (66,1%) sono parrocchie, poco più di un quinto (21,8%) associazioni, seguono fondazioni (5,5%), cooperative (3,6%), imprese sociali (1,2%) e altri (3%). Tra i promotori, primeggia ancora la figura dei parroci (26,1% dei casi), ma rispetto all’indagine 2016 il ventaglio dei promotori si è ampliato.
Interessante il dato sulla longevità, che attesta un’ormai consolidata continuità della maggior parte delle esperienze: le nuove aperture, meno di due anni di attività, hanno riguardato il 7,3% dei doposcuola rispondenti, ma ben più della metà (61,8%) vanta oltre un decennio di attività, e tra essi il gruppo più numeroso (41,8%) è quello dei doposcuola funzionanti da più di 15 anni.
Le caratteristiche dei minori beneficiari
L’aumento del totale dei minori partecipanti ai doposcuola in Diocesi (dai 4.689 censiti nel 2015-2016 ai 7.581 censiti in questo biennio), attesta l’espansione del bisogno di accompagnamento e sostegno nel percorso scolastico. Evidente, nell’esperienza della totalità dei doposcuola (solo 2 servizi hanno detto di avere presenze di soli studenti italiani!) è la frequenza di ragazzi di origine straniera: sono 5.656, ovvero quasi i tre quarti (74,6%) dei frequentanti (nell’anno scolastico 2015-2016 l’incidenza era del 57,8%). I ragazzi con background migratorio sono presenti soprattutto, in valori assoluti, nella zona di Milano (3.237) e, in termini di incidenza relativa, nella zona di Varese (81,8% sul totale).
Significativa è anche la presenza di ragazzi con disturbi specifici dell’apprendimento – Dsa (sono 1.585, il 20,9% del totale dei frequentanti, triplicati rispetto al 2015-2016, quando erano 596), dei ragazzi con disturbi dell’attenzione – Adhd (388, il 5,3% del totale) e dei ragazzi con disabilità con certificazione 104 (149, il 2%).
Rispetto alle modalità di accesso, i doposcuola dichiarano che i ragazzi frequentano su richiesta della famiglia (77,6%), su invio della scuola (73,9%), su invio degli operatori dei servizi sociali (25,5) e perché già interni all’oratorio (22,4%).
Le attività e gli operatori (volontari e professionali)
Molto più dei due terzi dei doposcuola (78,1%) è aperto fino a 4 giorni la settimana, la media delle aperture è però di 3 giorni a settimana; rispetto al 2015-2016, ci sono meno doposcuola aperti 5 volte (17,6%, erano 29,3%). L’oggetto di lavoro specifico dei doposcuola è il sostegno allo studio: l’attività centrale, svolta sempre in associazione ad altre, consiste pertanto nel fare i compiti (164 risposte da altrettanti doposcuola). Attraverso questa attività, gli operatori si pongono obiettivi didattici specifici: colmare le lacune di base (111 risposte), rafforzare le conoscenze teoriche (79), fare esercizi extra se manca il materiale-diario (75) o se i compiti non sono stati assegnati (59).
I minori frequentanti sono seguiti da 3.656 operatori, in gran parte volontari, ma anche figure professionali (educatori, formatori, psicologi, sociologi): in media, il rapporto tra studenti e operatori è 1 a 2. Tra gli operatori, 3 su 4 sono donne; quanto all’età, il gruppo più numeroso (45%) ha tra i 56 e 70 anni. Quasi due terzi (62,4%) dei doposcuola sono coordinati da volontari, poco più di un terzo (33,9%) da figure retribuite; in un piccolo ma crescente numero di casi (3,6%) il coordinamento è esercitato da un religioso (parroco, coadiutore, suora). La modalità di reperimento dei volontari più diffusa ed efficace, insieme ad altre, è il passaparola (97,6%). Negli ultimi 5 anni sono stati attivati percorsi formativi per i volontari in 88 doposcuola (53,3% del totale).
Sostenibilità difficoltà, collaborazioni
L’aumento della presenza di figure professionali e lo sviluppo di progetti più articolati ha indotto molti doposcuola a procurarsi risorse economiche, al fine di rendere sostenibili le attività realizzate. Negli ultimi cinque anni 93 doposcuola su 165 (56,4%) hanno ottenuto 171 finanziamenti. Nell’ultimo anno, il principale contributo è venuto dal progetto “QuBì Doposcuola in rete” di Fondazione Cariplo (27,3% dei casi); seguono i contributi erogati da Comuni e Consigli di zona (17%), la partecipazione a carico delle famiglie (16,4%) e i sostegni da fondazioni private (16,4%).
Il reperimento di finanziamenti ha costituito la seconda difficoltà più frequente (25,5% dei casi) tra quelle segnalate dai doposcuola nello svolgimento delle loro attività. Di gran lunga più diffusa è la difficoltà di reclutare volontari (72,1%), seguono quelle relative alla collaborazione con le scuole (24,2%), a realizzare attività di formazione (13,9%), a collaborare con i servizi del territorio (10,9%).
Tra le collaborazioni attivate, la più comune è quella tra doposcuola e parrocchia: consiste, in modo non esclusivo, soprattutto nell’uso degli spazi (75,2%), ma anche nella condivisione della responsabilità del progetto (53,3%) e, in modo sempre più intenso, nell’integrazione tra le attività del doposcuola e quelle dell’oratorio (35,3%).
Quanto al rapporto con le scuole, sono ormai pochi i doposcuola (9,1%) che non hanno attivato alcun tipo di collaborazione: la collaborazione consiste soprattutto nella segnalazione e nell’invio dei ragazzi ai doposcuola (73,3%), negli incontri con gli insegnanti (una tantum, 51,5%, o sistematici, 21,2%), ma anche nella partecipazione a progetti specifici delle scuole (per esempio i Glo – Gruppo di lavoro operativo per l’inclusione per gli alunni con disabilità (2,4%). Nel 20% dei casi la collaborazione è formalizzata in protocolli d’intesa.
Criticità di oggi, prospettive per il domani
«Non solo compiti: quello dei doposcuola – osserva Erica Tossani, direttrice di Caritas Ambrosiana – è un ambito di volontariato che manifesta vivacità, creatività e una sostanziale tenuta rispetto ad altri. Ma sapere questo non ci basta, né ci basta riconoscere l’attitudine alla formazione sempre più spinta tra coloro che se occupano. Dall’indagine emergono sfide chiarissime, che dovremo affrontare negli anni a venire, insieme a una pluralità di soggetti».
Anzitutto, sul piano del metodo, la sfida a consolidare le reti di collaborazione. «Dobbiamo stringere rapporti sempre più solidi ed efficaci tra i doposcuola nei vari ambiti territoriali – ha sostenuto Matteo Zappa, responsabile dell’Area Minori di Caritas, concludendo il seminario –. Ma lo stesso dobbiamo fare con le istituzioni locali, per affrontare insieme il tema della sostenibilità economica di esperienze che attingeranno sempre più spesso a figure professionali qualificate. E con le scuole, non solo per lavorare sempre meglio sulla situazione dei singoli studenti coinvolti e sulla prevenzione dei fenomeni di prevenzione e abbandono, ma anche per condividere problemi, sollecitazioni e risorse che il digitale propone a tutti coloro che si occupano di educazione».
«La rilevanza crescente, nei doposcuola, del numero di bambini e ragazzi con background migratorio – segnala poi la direttrice Tossani – pone una questione sociale decisiva per la vita di tante persone e famiglie e per il futuro delle nostre comunità: il gap linguistico e culturale che si registra in molte storie, e la difficoltà a colmarlo, evidentemente non trovano ancora risposte strutturate nel sistema di istruzione. Non possiamo permettere che ciò alimenti sacche di disagio, e la dispersione di risorse preziose».
A tutte queste sfide i doposcuola sono chiamati a rispondere insieme a oratori e parrocchie: «Insieme condividiamo un mandato ecclesiale – conclude Tossani – centrato sulla dimensione educativa. Oggi i doposcuola sono un elemento fondamentale della proposta e dell’attività di tanti oratori: formazione integrale dei giovani e contrasto della povertà educativa sono obiettivi che non possono andare disgiunti, e che devono indurre tutti i soggetti della pastorale a stringere e rafforzare le alleanze».
Qual è la tua reazione?
Mi piace
0
Antipatico
0
Lo amo
0
Comico
0
Furioso
0
Triste
0
Wow
0




