Cedolare secca: retromarcia del Governo sull’aumento al 26% nella Manovra 2026

Ottobre 24, 2025 - 02:30
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Cedolare secca: retromarcia del Governo sull’aumento al 26% nella Manovra 2026

lentepubblica.it

Dopo giorni di tensioni e proteste da parte delle associazioni di categoria, nel testo definitivo della Manovra 2026 non ci sarà l’aumento dell’aliquota sulla cedolare secca al 26% per gli affitti brevi.


La nuova versione del provvedimento, bollinata e già inviata a Palazzo Chigi per l’approvazione finale, mantiene dunque l’attuale tassazione al 21% per la maggior parte dei proprietari, limitando l’aliquota più alta solo a specifici casi.

Salta l’aumento generalizzato al 26% della cedolare secca nella Manovra 2026

Secondo quanto si legge nel documento, la cedolare secca al 26% si applicherà esclusivamente a chi affitta la propria abitazione tramite agenzie immobiliari o piattaforme digitali che mettono in contatto domanda e offerta, come i principali portali di affitti turistici online. Per tutti gli altri locatori, ossia coloro che gestiscono direttamente la locazione breve senza intermediari, resterà in vigore l’imposta al 21%.

Il chiarimento è contenuto in una modifica all’articolo 4 del decreto-legge n. 50 del 2017, che disciplina la tassazione degli affitti di breve durata. Il nuovo testo precisa che il contribuente può continuare a beneficiare dell’aliquota ridotta a condizione che, durante l’anno fiscale, non abbia stipulato contratti attraverso soggetti che svolgono attività di intermediazione immobiliare o gestiscono portali telematici.

La scelta del governo arriva dopo settimane di forti contestazioni da parte del settore turistico e immobiliare, preoccupato per gli effetti che l’aumento avrebbe potuto avere su migliaia di piccoli proprietari e sull’equilibrio dell’intero comparto.

Le proteste delle associazioni dopo la prima bozza

L’Associazione Italiana Gestori Affitti Brevi (AIGAB) era stata tra le prime a lanciare l’allarme, definendo la misura iniziale “sproporzionata e dannosa”. In un comunicato diffuso il 20 ottobre 2026, il presidente Marco Celani aveva avvertito che un incremento dell’imposta avrebbe provocato una contrazione dell’offerta di alloggi turistici e, di conseguenza, un aumento dei prezzi per i viaggiatori.

Secondo l’AIGAB, il provvedimento avrebbe colpito un settore costituito quasi interamente da privati cittadini: circa il 96% dei proprietari che affittano case per brevi periodi non gestisce più di un immobile e spesso utilizza questa formula per integrare il reddito familiare.

Celani ha sottolineato come la misura rischiasse di alimentare l’economia sommersa, spingendo molti a rinunciare alla locazione regolare o a farlo senza dichiarare i redditi. Ma le preoccupazioni non si fermavano al breve periodo. «Nel lungo termine», spiegava, «si registrerebbe anche una perdita di valore del patrimonio immobiliare. In Italia ci sono oltre nove milioni di abitazioni vuote e gran parte della ricchezza delle famiglie è legata alla proprietà della casa. Se il valore degli immobili cala, l’intera economia nazionale ne risente».

Critiche erano arrivate anche da Confedilizia e da Forza Italia

Anche Confedilizia, la principale organizzazione che rappresenta i proprietari di immobili, aveva espresso contrarietà alla proposta di incremento fiscale. Il presidente Giorgio Spaziani Testa ha dichiarato che l’aumento avrebbe rappresentato un ulteriore ostacolo per i piccoli locatori, già gravati da una normativa complessa e in continua evoluzione.

«Non avevamo ricevuto alcun preavviso su questo nuovo intervento normativo», ha spiegato Spaziani Testa, «e l’idea di penalizzare chi affitta per brevi periodi non aiuta a risolvere il problema abitativo. Se l’obiettivo del governo è incentivare i contratti a lungo termine, la strada giusta è offrire vantaggi fiscali a chi sceglie quella formula, non colpire chi affitta per periodi più brevi».

Alle voci critiche delle associazioni si erano aggiunte anche quelle provenienti dallo stesso fronte politico della maggioranza. All’interno di Forza Italia, diversi esponenti hanno espresso apertamente il proprio dissenso. Il portavoce del partito, Raffaele Nevi, aveva definito la misura «profondamente sbagliata», criticando la mancanza di concertazione nella sua elaborazione. «Non siamo stati informati della norma», ha spiegato, «e l’abbiamo scoperta solo leggendo le bozze della manovra».

Anche Carlo De Romanis, responsabile Turismo di Forza Italia, aveva bocciato l’iniziativa, sottolineando come un aumento della tassazione sugli affitti brevi avrebbe colpito soprattutto i piccoli proprietari e le aree meno turistiche del Paese. «Penalizzare chi mette in locazione una sola abitazione», ha osservato, «significa disincentivare il turismo nei borghi e nelle zone interne, dove spesso l’unica possibilità di accoglienza è proprio quella offerta da privati cittadini. Inoltre, un carico fiscale eccessivo rischia di spingere molti verso l’evasione».

Un equilibrio delicato tra gettito e tutela del settore

L’ipotesi dell’aumento era stata inserita in origine nella bozza del disegno di legge di Bilancio 2026 per garantire maggiori entrate allo Stato. Tuttavia, le reazioni negative e il rischio di effetti distorsivi sul mercato hanno spinto l’esecutivo a rivedere la misura.

Il tema resta comunque al centro del dibattito politico ed economico: da un lato, il governo cerca di ampliare il gettito fiscale e contrastare le pratiche elusive nel settore degli affitti turistici; dall’altro, deve evitare di colpire un comparto che negli ultimi anni ha sostenuto il turismo nazionale e fornito reddito a molte famiglie.

Il compromesso trovato — mantenere la cedolare secca al 21% per chi affitta direttamente e portarla al 26% solo per chi utilizza intermediari — rappresenta un tentativo di bilanciare queste due esigenze. In questo modo, si punta a incentivare una gestione più trasparente delle locazioni brevi senza scoraggiare l’offerta.

Tuttavia, le associazioni di categoria avvertono che la partita non è chiusa: chiedono una riforma organica del settore che distingua chiaramente tra piccoli proprietari e operatori professionali, evitando di equiparare realtà molto diverse.

La questione della cedolare secca, insomma, resta uno dei nodi più delicati della prossima legge di bilancio. E se l’aumento al 26% è stato per ora accantonato, il dibattito sul futuro della tassazione degli affitti brevi è destinato a proseguire ancora a lungo.

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