Dalla Corea al Perù: la natura “global” della missione
La missione come vocazione bimillenaria della Chiesa. “Quando giochi a pallone con i bambini a 4000 metri di altitudine, ti accorgi che andare in missione è anche misurare i propri limiti fisici”, racconta il sacerdote coreano Michele Kim, dell’arcidiocesi di Gwangju, nel distretto di Quehue, in Perù. La racconta è rientrato a Roma per proseguire gli studi, dopo un’estate itinerante in visita ai connazionali missionari nei vari Paesi dell’America del Sud. Attualmente sono 3 i missionari coreani al servizio di 3 parrocchie e 70 comunità sparse in tutta la regione montuosa di Cusco, in Perù, zona nota per le sue rovine Inca e l’architettura coloniale spagnola. Arrivato dall’isola di Jeju, in Corea del Sud, padre Francesco collabora con la Società di San Colombano per le Missioni Estere, in servizio nella parrocchia di Quehue, della diocesi di Sicuani. Racconta all’agenzia missionaria vaticana Fides: “Il sogno di diventare missionario è nato quando, durante il seminario, sono andato in Cambogia per un anno di tirocinio missionario. All’epoca ho vissuto con sacerdoti e religiosi gesuiti, e sono rimasto molto colpito dal modo in cui vivevano con amore sincero insieme alla popolazione locale”.

Missione global
Ad oggi sono quattro anni che si trova in Perù, anni nei quali ha potuto conoscere le realtà di diverse parrocchie presenti nel territorio. A quanto riporta il Catholic Times (il giornale cattolico coreano più antico, fondato dalla diocesi di Daegu nel 1927), è stato esattamente 44 anni fa, l’11 ottobre del 1981 che “per la prima volta in 200 anni di vita della Chiesa cattolica in Corea, 4 sacerdoti sono stati inviati in missione in Guinea. La Società Missionaria Coreana, fondata per diffondere la Buona Novella alle nazioni, invia il suo primo sacerdote ordinato negli otto anni dalla sua fondazione, insieme a tre sacerdoti diocesani, affinché questo invio diventi un evento decisivo”. La Chiesa cattolica in Corea aveva iniziato a pensare alla missione ad extra nel 1975. Dopo la sua dimissione dalla diocesi di Busan e un soggiorno in Germania nel 1973, il vescovo Jae-seon Choifu fu chiamato nel 1974 dall’allora presidente della Conferenza episcopale coreana, il cardinale Stefano Kim. E su invito del prefetto di Propaganda Fide dell’epoca, cardinal Agnelo Rossi, gli fu affidata la presidenza sia della Commissione episcopale per la Missione che dell’Ufficio nazionale della Pontificia Unione Missionaria. Convinto del carattere missionario della Chiesa Universale, Choi ha lavorato assiduamente per stabilire la Korean Mission Society nella prospettiva di aiutare la Chiesa universale. E per ricompensare l’assistenza che la Chiesa coreana aveva ricevuto grazie al sostegno dei missionari stranieri.
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