Rivoluzione fringe benefit aziendali: le possibili novità dal 2026
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Il Governo sembra correre in qualche modo ai ripari contro il caro vita, le retribuzioni ferme da anni ed il potere d’acquisto dei salari medi italiani che si assottiglia ogni giorno: una delle misure previste nella bozza di Manovra riguarda infatti i fringe benefit aziendali, con novità che si applicherebbero a partire dal 2026.
L’esecutivo pertanto punta a rafforzare il sistema di welfare aziendale, con allo studio una serie di misure che amplierebbero le agevolazioni fiscali per i dipendenti su buoni pasto e auto aziendali, per esempio, fino a raddoppiare i premi di produttività esenti.
Svolta sui fringe benefit
Una importante svolta sui fringe benefit, i compensi accessori sotto forma di beni e servizi offerti dal datore di lavoro ai dipendenti che potrebbero essere legge con la prossima Manovra, Legge di Bilancio 2026. Proprio in queste ore il Governo è al lavoro su una proposta di potenziamento per il welfare aziendale che si potrebbe spingere fino a raddoppiare le attuali soglie di esenzione fiscale per questi benefici.
I tetti detassati passerebbero dagli attuali 1.000 euro 2.000 euro e fino per chi ha figli a 4.000 a carico da 2.000 euro. La proposta sarà presto al riesame delle commissioni competenti, prima di essere inviata al Parlamento e alla Commissione europea per il consueto iter istituzionale.
Dall’auto ai buoni pasto
I fringe benefit sono vantaggi non in denaro che le aziende possono offrire ai propri dipendenti, come parte del pacchetto retributivo. Si tratta di aggiunte allo stipendio che possono assumere forme diverse, a titolo esemplificavo:
- auto aziendale a uso personale;
- cellulare aziendale a uso promiscuo;
- pc aziendale;
- buoni pasto;
- buoni spesa;
- voucher carburante;
- affitto/alloggio;
- polizza assicurativa;
- polizza sanitaria integrativa.
Vantaggi esentasse
Ciò che hanno in comune questi benefit è il fatto di portare vantaggi fiscali, sia per chi li riceve che per le imprese che li erogano. Un’azienda ha così di gratificare il proprio dipendete più meritevole o con risultato professionali e prestazioni di livello più alto e migliorare la qualità della vita del dipendente. Proprio in quanto non tassabili, non concorrono alla formazione del reddito i beni e servizi offerti dall’azienda, le somme rimborsate per bollette di luce, gas, acqua, affitto e mutuo prima casa.
Secondo l’Osservatorio Welfare di Edenred, nel 2024 le imprese italiane hanno ampiamente utilizzato questi strumenti ed hanno erogato una media di 1.000 euro a dipendente in servizi e benefit, con un aumento del +10% rispetto al 2023. Un importante valore economico, che annualmente raggiunge i 2.700 euro complessivi se a questa cifra si sommano i buoni pasto.
Buoni pasto esenzione fiscale a 10 euro
Uno dei segnali più tangibili della strategia che si vorrebbe mettere in atto è rappresentato proprio dal dossier ‘buoni pasto’, che modifica l’articolo 51 del Tuir, attualmente al vaglio del ministero dell’Economia, il cui parere sarà decisivo per l’inserimento in Manovra. Oggi i buoni pasto corrisposti al lavoratore finiscono nel conto della tassazione ai fini dell’Irpef in capo al dipendente.
Nel caso in cui, però, vengono concessi a intere categorie, non generano reddito imponibile entro il limite massimo di 4 euro per il formato cartaceo e di 8 euro in formato elettronico. Allo studio l’esenzione fiscale che porterebbe il valore massimo del buono pasto che non concorre a formare reddito a 10 euro.
I buoni pasto diverrebbero un guadagno “netto” per il lavoratore, non farebbero reddito e quindi sarebbero esclusi da tasse e contributi oltre a rimanere interamente deducibili per l’azienda e parzialmente deducibili per le partite iva.
L’impatto sul PIL
Un mercato quello dei buoni pasto, che muove numeri importanti, con 3,5 milioni i lavoratori che li utilizzano quotidianamente, distribuiti da 14 società emettitrici e ricadute importanti sul sistema economico italiano. Un recente studio della Sda Bocconi, citato dal Sole 24 Ore, mostra come il comparto dei buoni pasto generi valore per quasi un punto di pil, attestandosi a 0,75% , e sostenga 220.000 posti di lavoro diretti e indiretti. Importante anche il gettito iva per lo Stato, dati 2023, hanno valutato 419 milioni di euro di Iva derivanti dai consumi tramite ticket.
Auto aziendali meno tassate
Altre novità allo studio anche a favore dei lavoratori che nella propria routine lavorativa prevedono trasferte e spostamenti. Già dal 1° gennaio di quest’anno il legislatore era intervenuto con una modifica in merito le auto aziendali. A questo proposito l’Agenzia delle Entrate aveva diffuso, lo scorso 3 luglio, la circolare n. 10/E per fornire chiarimenti sulla tassazione dei redditi da lavoro dipendente che scaturiscono dall’uso promiscuo di autoveicoli, motocicli e ciclomotori.
Dal 1 gennaio 2025 già agevolate le meno inquinanti
Le nuove percentuali di tassazione si applicano esclusivamente alle immatricolazioni che sono state finalizzate dopo il 1° gennaio 2025. Le auto aziendali concorrono alla formazione del reddito le lavoratore dipendente.
Il valore di questo benefit si determina prendendo in considerazione i chilometri che il lavoratore effettua nel corso dell’anno con l’auto aziendale, quanta strada è stata fatta con il veicolo, e viene attribuito un valore – che si basa su delle tabelle Aci – Il dato fornito dall’Automobile Club d’Italia viene applicato solo al 50%. Per i veicoli elettrici la percentuale scende al 10%, mentre per quelli ibridi plug in sale al 20%.
La disciplina deve essere applicata alle auto aziendali che sono state immatricolate a partire dal 1° gennaio 2025 e che sono oggetto di contratti di concessione in uso promiscuo e sono state consegnate al dipendente.
Indennità di trasferta, finalmente un adeguamento?
L’ultima novità allo studio potrebbe riguardare un aggiornamento indennità di trasferta, dal momento che gli importi risultano fermi dal 1986 e ancora espressi in lire e si rivalutaterebbero annualmente con l’indice Istat e da circa 50 euro si passerebbe a 131 euro al giorno.
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