Gli ucraini ci insegnano a difendere la libertà, e a far funzionare il servizio postale

Gli attacchi russi degli ultimi giorni hanno lasciato l’Ucraina al buio e al freddo. In tutto il Paese ci sono blackout programmati a causa delle nuove ondate di raid aerei ai siti energetici con droni e missili. L’inverno si avvicina, le ore di luce si riducono giorno dopo giorno, ma la quotidianità deve proseguire in qualche modo. Gli ucraini lottano per mantenere una parvenza di normalità da quasi quattro anni e una delle dimostrazioni di resistenza più encomiabili è quella del servizio postale.
Televisori, confezioni di cioccolatini, pneumatici, cosmetici, zaini, passeggini, aspirapolveri, elettrodomestici di ogni tipo. Qualcuno spedisce tute e altri oggetti con tinte camouflage. Gli operatori di Nova Poshta consegnano di tutto, lavorano senza sosta per portare a ucraini e ucraine i prodotti di cui hanno bisogno. «Offriamo uno spaccato di vita in qualche modo pacifica in mezzo alla guerra. Nelle zone in prima linea, siamo gli ultimi ad andarcene», ha detto al Guardian Yaroslav Dobronos, direttore della filiale di Kharkiv di Nova Poshta.
Il quotidiano britannico ha dedicato un lungo approfondimento al servizio postale ucraino, nel dossier “Ukraine in depth”. «Il principale servizio postale dell’Ucraina è, come la rete ferroviaria del Paese, una delle arterie più vitali e affidabili: motivo di orgoglio nazionale per gli ucraini e di incredulità per gli stranieri in visita», si legge nell’articolo firmato da Charlotte Higgins e Mariana Matveichuk.
Può sembrare paradossale che il servizio postale abbia un ruolo centrale e cruciale nella quotidianità di un Paese che da quasi quattro anni deve respingere un’invasione da un Paese grande e armato come la Russia. Nova Poshta esiste da venticinque anni, ha un servizio molto economico e permette a cittadini di ogni angolo del Paese di restare in qualche modo connessi. Anche nelle zone più esposte ai pericoli: nel 2022 il servizio di consegna a Balakliia, nella regione di Kharkhiv, è ricominciato appena quattro giorni dopo la liberazione della città dall’occupazione russa. Al contrario, quando un ufficio postale chiude, anche solo temporaneamente, è il segnale che l’andamento della guerra in quell’area è particolarmente sfavorevole. È come un barometro del conflitto, impersonato da fattorini e autisti di furgoni.
In Italia, in Francia, in Germania e in generali queste parti del mondo occidentale può capitare di provare fastidio o risentimento quando i servizi di consegna non funzionano alla perfezione, ad esempio se non sono puntuali o sbagliano indirizzo. Ma sono errori che possono capitare sui grandi numeri. Allora provare a offrire lo stesso servizio in un Paese in guerra sembra una missione impossibile.
In Ucraina ci sono molti sfollati interni che devono spostare le loro vite da una città all’altra e hanno bisogno del servizio postale per farsi consegnare frigoriferi, mobili, veicoli, qualsiasi cosa. Alcune consegne hanno come indirizzo di destinazione città vicine alla linea del fronte. «Gli autisti di Nova Poshta sono ancora disposti a fare consegne nelle zone di guerra come a Kherson, dove i veicoli in movimento sono sempre bersagliati dai droni. In quei casi i fattorini sono equipaggiati con giubbotti antiproiettili e elmetti», scrive il Guardian. E alcuni pacchi devono arrivare direttamente al fronte, ai soldati: «Per molti militari il servizio di delivery è vitale», si legge ancora nell’articolo. Ma non si possono consegnare armi né cibo deperibile: sono le uniche eccezioni a un servizio che per il resto sposta praticamente qualsiasi cosa, e nella maggior parte dei casi arriva entro il giorno successivo se parte dall’interno dell’Ucraina.
Può capitare di dover restituire alle famiglie gli effetti personali dei soldati caduti al fronte: una delle operazioni più difficili per chi lavora al servizio postale. «È sempre un’esperienza strana, forse hai visto quella persona nella filiale, ma non lo sai», dice il direttore della filiale di Kharkhiv.
Anche trovare il personale è una sfida. Quattromila lavoratori, cioè il dieci per cento del personale di Nova Poshta, sono stati arruolati nell’esercito – duecentodiciotto sono morti in seguito ad attacchi russi – e ventidue dipendenti civili sono stati uccisi durante il loro lavoro.
La mobilitazione di così tanti dipendenti ha dato impulso all’accelerazione dell’automazione. Può sembrare cinico, ma è un modo di fare di necessità virtù. Ad esempio nell’enorme centro di smistamento di Kyjiv ogni giorno passa un milione e mezzo di pacchi, in gran parte attraverso processi automatizzati e robotizzati, tra scanner e scivoli che portano direttamente ai camion.
Ogni ufficio di Nova Poshta somiglia a un comune ufficio postale, solo più attrezzato per sopravvivere ai pericoli di una guerra. Molte filiali nelle regioni orientali del Paese hanno rifugi antiaerei vicini. Quando scatta l’allarme si interrompono le operazioni, i dipendenti aspettano nei rifugi sempre forniti di medicinali, acqua, estintori, torce. Una volta spenta la sirena si ritorna al lavoro, come se non fosse successo niente.
Molti ucraini e ucraine dipendono dal servizio postale per la loro vita di tutti i giorni, o magari per il lavoro. Il Guardian fa l’esempio di Marharyta Klymova, ventiquattro anni, veterinaria: ogni giorno si fa spedire medicinali, pillole, liquidi, cateteri, siringhe, tutto. «Se non ricevi il pacco, non puoi curare gli animali», dice. «Non ho lasciato Kharkiv nemmeno per un giorno. Ora, gli affari stanno lentamente aumentando. Ci sono molti animali in condizioni difficili qui», dice la veterinaria. Ma non solo. Andrii Tomko, ventiquattro anni, spedisce balle di tessuti a Dnipro e Zaporizhzhia: la sua famiglia ha un’attività di commercio all’ingrosso di tessuti. È capitato che i pacchi da spedire si danneggiassero in seguito agli attacchi dei droni russi che hanno colpito gli uffici postali, ma è sempre stato risarcito.
Prima dell’invasione su vasta scala, Nova Poshta operava solo in Ucraina e nella vicina Moldova. Ora, per soddisfare le esigenze dei milioni di rifugiati in ogni angolo d’Europa, si è estesa ad altri quindici Paesi, tra cui Spagna e Regno Unito, dove si chiama Nova Post. Anche in Italia ci sono filiali per spedire in Ucraina.
Negli ultimi mesi, per rendere le operazioni di Nova Poshta ancora più resistenti e a prova di guerra, l’azienda sta investendo per diventare energeticamente indipendente con generatori e reti di rifornimento autonome. Qualsiasi cosa pur di portare a destinazione tutti i pacchi da consegnare.
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