I leader UE conferiscono ai ministri della difesa un nuovo ruolo per la sicurezza comune

Bruxelles – Un ruolo tutto nuovo, accresciuto in riunioni e funzioni, per i ministri della difesa, a cui è affidato il compito di conferire una dimensione più europea ad un ambito nazionale. Il vertice informale dei capi di Stato e di governo dell’UE produce la scelta politica di procedere ad un’integrazione europea della difesa, con i membri responsabili di governo ‘promossi di grado’. Vuol dire più riunioni, e un’interazione con capi di governo e capi di Stato di più alto livello.
“I nostri ministri della Difesa devono svolgere un ruolo più incisivo, per portare avanti i lavori tra una riunione del Consiglio europeo e l’altra e monitorare le tappe fondamentali dei progressi”, scandisce il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, al termine dei lavori. Occorre “dare più autonomia, perché dobbiamo coinvolgere sempre di più i nostri ministri della difesa a livello europeo”.
Nella pratica si intende estendere il mandato attuale dei ministri della Difesa, che si riuniscono all’interno del consiglio Affari esteri. Si vorrebbe dunque svincolarli da questo formato, con un peso politico maggiore soprattutto nelle relazioni con i leader.
La scelta politica presa nel vertice informale è la logica conseguenza di un orientamento che è il riflesso di una necessità avvertita come imprescindibile e non più rinviabile. Molti leader sono giunti all’appuntamento di Copenaghen manifestando l’intenzione di procedere a un coordinamento in materia di difesa, vista la situazione di tensioni crescenti, provenienti soprattutto da est. Tra loro anche Mette Frederiksen, prima ministra danese, soddisfatta per l’esito dei lavori: “Credo che oggi abbiamo avuto delle discussioni proficue e ora siamo pronti a compiere i prossimi passi“.
A muoversi lungo la direzione tracciata dai leader contribuisce la Commissione europea, che a Copenaghen ha portato il documento di orientamento per l’integrazione industriale e operativa del settore della difesa entro il 2030. Un testo utile anche per i ministri della difesa, da qui in avanti. Le priorità non sono cambiate, e sono già note perché incardinate nel libro bianco sulla difesa (che Eunews ha tradotto integralmente in italiano) ma la presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen insiste sull’interoperabilità di forze armate e capacità militari. In tal senso, anticipa, “per ogni capacità critica, proporremo le cosiddette ‘coalizioni di capacità’ con la nazione guida, al fine di garantire non solo la giusta scala, ma anche la necessaria rapidità”.
Non solo. Al fine di garantire uno sviluppo industriale più rapido ed efficace, continua von der Leyen, “proponiamo di creare nuove alleanze tecnologiche per mettere in contatto gli innovatori tecnologici con gli utenti della difesa”. Un modo per mettere in contatto start-up, grandi imprese, università e mondo della ricerca.
Il muro di droni è nel futuro dell’Unione. La timeline è però incerta: tra un anno o chissà
Muro di droni, ancora tutto da definire
Serviranno altre riunione e altri ragionamenti, invece, sul progetto di muro anti-droni contro la violazione dello spazio aereo europeo e le incursioni di velivoli di Paesi stranieri. L’unica cosa su cui i leader sono d’accordo è la necessità di un sistema di difesa da schierare, ma sul resto le idee sono diverse. La capacità di individuare incursioni e avere un sistema di deterrenza sono due elementi su cui c’è convergenza dei Ventisette, che hanno però posizioni diverse sull’abbattimento. Danimarca, Ungheria e Lituania sono favorevoli a neutralizzare immediatamente, altri sono più cauti perché comunque si pone la questione della popolazione civile: non si può sparare in zone abitate col rischio di abbattere velivoli sulle case o sulle strade.
Dovrà poi essere spiegato chi gestirà il muro di droni, una volta che questo sarà realizzato. Sarà la Commissione europea o la presidenza di turno del Consiglio dell’UE? O una rotazione tra i Paesi con in comune i confini esterni dell’UE del fianco orientale? Non è chiaro, e dovrà essere chiarito. Ad ogni modo, da trattati (articolo 42, comma 4 del trattato sull’Unione europea), “le decisioni relative alla politica di sicurezza e di difesa comune […] sono adottate dal Consiglio che delibera all’unanimità su proposta dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza o su iniziativa di uno Stato membro. L’alto rappresentante può proporre il ricorso sia ai mezzi nazionali sia agli strumenti dell’Unione, se del caso congiuntamente alla Commissione”. Il comma 5 stabilisce poi che ” Il Consiglio può affidare lo svolgimento di una missione, nell’ambito dell’Unione, a un gruppo di Stati membri”.
Il diritto, in sostanza, non è chiaro. Prevede forme di flessibilità che se da una parte intendono lasciare mano libera agli Stati, dall’altra parte possono generare confusione e litigiosità. Può dirigere l’Alto rappresentante o prendere l’iniziativa un singolo Paese. Si può anche immaginare una cabina di regia della Commissione, attraverso l’Alta rappresentante, previo via libera dei governi, su iniziative affidate ai governi. Tutte ipotesi, tutti nodi non di poco conto, che richiederanno ancora molte consultazioni affinché possa essere sciolto.
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