“Il giorno dei morti”, memoriale di vita e di carità

Novembre 2, 2025 - 20:30
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“Il giorno dei morti”, memoriale di vita e di carità

Io vedo (come è questo giorno oscuro), vedo nel cuore, vedo un camposanto con un fosco cipresso alto sul muro(G. Pascoli, Il Giorno dei Morti, in Myricae)

Quando pensiamo al 2 novembre, giorno in cui la Chiesa ci fa commemorare i nostri fratelli e sorelle defunti, solitamente la voce del popolo non stenta a parla di “giorno dei morti”. E, come per Pascoli, molto probabilmente una lacrima, almeno una lacrima, dal cuore passando per gli occhi scende sul viso al ricordo di chi non è più accanto a noi in questo stato della vita terrena.

Giusto piangere la mancanza di una voce carezzevole come quella di una madre spirata tra gli atroci dolori dovuti ad un tumore, giusto piangere la perdita di un figlio andato via prima che l’inverno della vecchiaia scendesse sulla sua stessa pelle, e così via. E’ un segno di quella nostra umanità, di quel nostro essere di natura sociale e relazionale ancorché finita, precaria, radicalmente fragile. Ma noi cristiani possiamo e dobbiamo anche piangere tra le braccia di Dio perché come diceva Sant’Agostino: «Chi è che non perde mai una persona cara? Chi ha tutti cari in Colui che non è mai perduto». Non si assolutizza la mancanza, non si estremizza il pur umano dolore, ma si elevano gli occhi al cielo perché solo Dio può colmare il vuoto esistenziale che ci può angosciare. Anzi è proprio la mancanza che può divenire l’occasione per comprendere ancor più a fondo il senso reale dell’affidamento dei nostri cari defunti a Dio. Se non ci mancassero non li ameremmo, ma se non ci affidassimo all’Amore eterno di Dio il nostro stesso amore sarebbe un nulla di senso.

Heidegger ci voleva “essere per la morte” ma con la liturgia della Parola di questo giorno sappiamo con Giobbe che “Il nostro Redentore è vivo, e che, ultimo si ergerà sulla polvere”. E non è una risposta della fede contro una presunta ragione. E’ la stessa risposta della ragione illuminata dalla fede!

Così è in Dio Redentore che noi cristiani riponiamo la speranza che non delude (cfr. Rm 5,5). E il “giorno dei morti” diviene memoriale di vita, e, perché pregando per i nostri morti facciamo un’opera di carità, il “giorno dei morti” diviene memoriale della carità. E anche se (noi non, lo sappiamo) i nostri cari dovessero stare all’inferno (dove sono le “vite fallite”) il bene, diffusivo per sé, anche attraverso di noi si diffonde su altri, fosse anche su noi stessi, e non viene sprecato.

Il “giorno dei morti” deve diventare “esercizio del cristianesimo” fino in fondo, per usare un’espressione di Kierkegaard. Ma per farlo dobbiamo ad un tempo richiamare alla mente le stesse verità della dottrina cattolica. Il giorno dei morti, ancora, fa sì che il cattolico viva pienamente il mistero stesso della morte in una prospettiva escatologica: lui sa che ha un’anima immortale, sa che però la sua essenza è composta di anima e corpo, sa che Cristo è risuscitato dai morti e lo chiama nell’integralità della sua stessa persona a risorgere con lui. I nostri morti allora sono di più che un mero fantasma della memoria. Le loro anime ci sono! Essi ci saranno!

Capiamo così il significato profondo di quello che dice lo stesso teologo domenicano, Daniele Aucone, nel suo libro di escatologia Non muoio entro nella vita. Breve escatologia in orizzonte interdisciplinare (p. 79): «il mistero della morte è vissuto dal cristiano come passaggio alla vita escatologica…nella certezza di essere voluto personalmente da Dio, chiamato per nome per una vita che neppure la morte può spezzare»

La commemorazione dei morti allora è più che un giorno dell’anno dedicato ad un effimero ricordo di chi è morto, che talora diventa solo, purtroppo, ricordo di un egoistico senso di mancanza, di chi manca qui ed ora; è invece l’occasione di un dialogo d’amore con Dio per i nostri cari, ed in ciò, come detto, è memoriale vivo di carità, è riconoscere e riflettere e comprendere a quale speranza siamo chiamati (la vita eterna, la visione beatifica, vedere Dio faccia a faccia), è riappropriarsi di nuovo del significato stesso di vita e di morte, pur nel mistero, del significato vero del desiderio stesso di chi ci manca, mettendo tutto nelle mani di Dio, accettando la sua Volontà giusta e misericordiosa, è riconsiderare nuovamente il desiderio stesso di Dio, cosa significhi resurrezione dei morti, e così via. Il giorno dei morti è un giorno nuovo per incontrare nuovamente Gesù, il Chi ultimo, vita dell’uomo!

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