Il Pd rincorre la piazza e affoga negli slogan estremisti, mentre Hamas accetta la resa

Ottobre 4, 2025 - 12:00
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Il Pd rincorre la piazza e affoga negli slogan estremisti, mentre Hamas accetta la resa

Grandi manifestazioni ovunque ieri, solo in qualche caso un po’ di incidenti, sciopero generale è sempre una bella parola d’ordine, oggi si replica a Roma, e speriamo che non ci siano problemi (che si temono). L’onda di solidarietà per le gesta della Flottiglia si è tinta, com’era prevedibile, di un’invincibile ostilità verso Israele manifestatasi con lo slogan forse principale, «Palestina libera dal fiume al mare», cioè una parola d’ordine che echeggia la linea di Hamas, vale a dire la distruzione dello Stato ebraico, anche se rientrata proprio ieri sera con l’annuncio del rilascio degli ostaggi israeliani vivi e morti, e l’accettazione di gran parte del piano di «pace perenne» di Trump. Hamas ha detto sì anche all’occupazione araba della Striscia di Gaza, ma in futuro non vuole farsi da parte e immagina di partecipare al processo politico successivo.

Tutto questo i ragazzi dei cortei non lo sanno probabilmente, fagocitati come sono dalle semplificazioni dei talk show e dei social, e se lo sanno è pure peggio: vuol dire che è passato il messaggio di Francesca Albanese, fatto proprio da una bella porzione della sinistra italiana e dei ritrovati gruppettari 2.0.

Può succedere, e in parte è successo in questi giorni, che mettere in moto un movimento di piazza, o inseguirlo in modo subalterno, possa creare problemi: emblematica la scena di un imbarazzato candidato governatore in Puglia Antonio Decaro circondato da giovani che ripetevano «Bari lo sa da che parte stare, Palestina libera dal fiume fino al mare», una roba da andarsene, se non fosse che tra un po’ quei giovani votano.

Ma adesso che il racconto epico della Flottiglia è finito: che dirà il Movimento? Perché l’ossigeno dell’indignazione è tanto, ma prima o poi comincia a scarseggiare e dunque viene il momento in cui bisogna cambiare spartito e indicare una linea politica chiara: più che agli studenti che occupano i licei e le facoltà come accade a ogni generazione, il compito di assumere una posizione che vada oltre quella indignada spetta ai gruppi dirigenti.

Se Giuseppe Conte ha scelto come al solito la strada di una specie di populismo pacifista, semplificatorio e comiziesco, e Nicola Fratoianni ha assunto la postura di Rudy Dutschke, l’eroe del Sessantotto, l’interrogativo riguarda soprattutto Elly Schlein.

Non si è ancora capita la posizione del Partito democratico sul piano Trump, che costituisce evidentemente il fatto nuovo della situazione, va sostenuto ora che Hamas lo ha accettato o va bocciato? In Parlamento su questo i dem si sono astenuti, il che non ha chiarito quale sia la linea.

Aiutata da una Giorgia Meloni che non riesce a trattenersi, e dunque dispensa astio verso chiunque non la pensi come lei, Schlein ha avuto sin qui buon gioco a fare a rimpiattino con la presidente del Consiglio, ma questo elude il problema di una scelta comprensibile, e non vorremmo che al Nazareno fossero rimasti col cerino acceso assieme ai ministri estremisti israeliani Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir.

È, insomma, un problema che il maggior partito del campo largo che si candida a governare il Paese non abbia detto con chiarezza come vede la situazione nuova che si è aperta.

Il problema è sempre lo stesso, quello della prevalenza di un’impostazione ideologico-protestaria rispetto a quella che dovrebbe essere propria di un partito di governo, che come tale dovrebbe indicare soluzioni concrete. Schlein non porta mai distinzioni, si butta a inseguire tutti i palloni come un calciatore senza esperienza.

Su quanto sta accadendo il campo largo, come hanno notato in molti, è più stretto.
Hanno indicato una strada diversa Carlo Calenda e Matteo Renzi, ed è significativo che quest’ultimo si sia caratterizzato con nettezza rispetto a Schlein, cosa che non accade tanto spesso.

Può darsi che alla Leopolda che si è aperta ieri si rimarchi l’autonomia di Italia viva. Certo è che Calenda, Renzi e Luigi Marattin, i riformisti del Pd, stavolta sono stati molto determinati. Vedremo presto se si è trattato di una rondine, o di una nuova primavera.

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Redazione Redazione Eventi e News