Il riscaldamento globale ha raggiunto una nuova tappa critica: le valutazioni più recenti indicano che il 2025 è tra gli anni più caldi mai registrati
Il pianeta continua a scaldarsi a ritmi record.
Secondo il rapporto State of the Climate Update for COP30 pubblicato dalla World Meteorological Organization (WMO), il periodo 2015-2025 è il più caldo mai registrato, con una temperatura media globale per i primi otto mesi del 2025 di +1,42 °C ± 0,12 °C rispetto all’era pre-industriale collocandosi probabilmente al secondo o terzo posto nella storia delle rilevazioni globali.
Le concentrazioni di gas serra e il contenuto di calore degli oceani hanno raggiunto nuovi massimi, mentre i ghiacci polari continuano a ridursi: l’Artico ha toccato l’estensione minima invernale più bassa di sempre e l’Antartide resta ben al di sotto della media stagionale.
Anche il livello dei mari continua a salire in modo costante, alimentato dallo scioglimento dei ghiacciai e dall’espansione termica delle acque. A ciò si aggiungono eventi meteorologici estremi – ondate di calore, incendi, alluvioni, che nel 2025 hanno provocato impatti devastanti su comunità, economie e sistemi alimentari.
Il documento lancia un appello urgente ai governi riuniti in questi giorni alla COP30 di Belém (Brasile): senza un’accelerazione concreta delle politiche di mitigazione e adattamento, la soglia critica di +1,5 °C fissata dall’Accordo di Parigi sarà probabilmente superata nel corso del prossimo decennio.
La WMO sottolinea infine l’importanza dei sistemi di allerta precoce e dei servizi climatici per ridurre i rischi e proteggere le popolazioni più vulnerabili. “Gli eventi estremi non sono più eccezioni,” avverte il rapporto, “ma la nuova normalità di un clima che cambia troppo in fretta.”
Emissioni ancora fuori controllo: l’allarme dell’UNEP
Secondo United Nations Environment Programme (UNEP), nel rapporto ‘Emissions Gap Report 2025: Off Target’, appena pubblicato, la terra è «molto probabilmente» destinata a superare la soglia di +1,5 °C rispetto al periodo preindustriale entro il prossimo decennio: uno scenario che fino a poco tempo fa era considerato remoto.
Il rapporto mostra che gli impegni attuali dei Paesi non sono sufficienti a evitare un aumento delle temperature globali che supererà in modo significativo i target fissati dall’Accordo di Parigi. Secondo l’analisi, se i contributi nazionali (Nationally Determined Contribution NDC) venissero applicati in pieno, l’aumento termico stimato per questo secolo sarebbe di 2,3 – 2,5 °C, mentre con le politiche oggi in vigore si va verso il 2,8 °C.
Per restare entro la soglia di 1,5 °C, occorrerebbe una riduzione delle emissioni globali del 55 % entro il 2035, rispetto ai livelli del 2019. Per l’obiettivo intermedio di 2 °C, la riduzione richiesta è di circa il 35 % entro il 2035.
Il rapporto avverte inoltre che il margine per recuperare resta, ma è sempre più risicato: ogni frazione di grado di riscaldamento evitata significa meno impatti su persone, ecosistemi e economie e minore dipendenza da tecnologie di rimozione del carbonio ancora incerte.
Infine, l’UNEP fa notare che, nonostante le tecnologie a basse emissioni (solare, eolica, efficienza energetica) siano più accessibili che mai, il contesto politico, finanziario e tecnologico richiede un’accelerazione: serve più sostegno ai Paesi in via di sviluppo, una ristrutturazione della finanza internazionale e azioni immediate.
Le implicazioni sono gravi: superare questo limite significa aumentare drasticamente il rischio di fenomeni climatici estremi, di perdita irreversibile di ecosistemi, di instabilità per intere economie e società.
La chiave, sottolineano gli esperti, è agire subito e in modo massiccio, puntando su energie rinnovabili, riduzione dei combustibili fossili, e rafforzamento degli strumenti di adattamento climatico.
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