Il TAR sull'abuso del diritto di accesso difensivo ai dati e documenti amministrativi

Agosto 21, 2025 - 01:00
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Il TAR sull'abuso del diritto di accesso difensivo ai dati e documenti amministrativi

lentepubblica.it

Una recente sentenza del TAR Veneto, approfondita dall’Avvocato Maurizio Lucca, si occupa di fornire importanti indicazioni in merito all’abuso del diritto di accesso difensivo ai dati e documenti amministrativi.


La sez. I del TAR Veneto, con la sentenza 18 agosto 2025, n. 1418, segna i confini del diritto di accesso difensivo [1], propedeutico alla miglior tutela delle proprie ragioni in giudizio (già pendente o da introdurre), dove la reiterazione di richieste generiche (ossia, emulative) [2], in un arco temporale definito (limitato), si configura come “abuso del diritto”, mancando quell’interesse qualificato (c.d. interesse a ricorrere) strumentale alla tutela, violando al contempo i principi di buona fede con istanze volutamente non orientate allo scopo [3].

Premessa di inquadramento

La giurisprudenza da tempo riconosce la vigenza, nel sistema giuridico, di un principio generale di divieto di “abuso del diritto”, inteso come categoria diffusa nella quale rientra ogni ipotesi in cui un diritto cessa di ricevere tutela, poiché esercitato al di fuori dei limiti stabiliti dalla legge.

Il dovere di buona fede e correttezza, di cui agli artt. 1175, 1337, 1366 e 1375 del c.c., alla luce del parametro di solidarietà, sancito dall’art. 2 della Costituzione, si pone non più solo come criterio per valutare la condotta delle parti nell’ambito dei rapporti obbligatori, ma anche come canone per individuare un limite alle richieste e ai poteri dei titolari di diritti, anche sul piano della loro tutela processuale: piegare il diritto a scelte esterne alla funzionalità dello stesso costituisce una elusione al diritto: un abuso [4].

Fatto

Nella sua essenzialità, un’Amministrazione locale diniega l’accesso alla parte ricorrente ad una serie di dati riferiti alle strutture residenziali per minori («copia del registro provinciale e comunale delle strutture residenziali educative per minori in cui venga riportato il numero e la data della delibera della giunta regionale, il soggetto gestore, la denominazione, natura giuridica ed indirizzo della struttura, la denominazione e l’indirizzo, la tipologia, la capacità ricettiva, il nominativo del responsabile, del coordinatore de personale, il nominativo del responsabile delle attività sanitarie, la data di rilascio della autorizzazione al funzionamento, data della verifica e controllo ed il contenuto del provvedimento… copia del registro provinciale in riferimento alla struttura per minori… in cui venga riportato il numero e la data della delibera della giunta regionale, il soggetto gestore, la denominazione, natura giuridica ed indirizzo della struttura, la denominazione e l’indirizzo, la tipologia, la capacità ricettiva, il nominativo del responsabile, del coordinatore de personale, il nominativo del responsabile delle attività sanitarie, la data di rilascio della autorizzazione al funzionamento, data della verifica e controllo ed il contenuto del provvedimento. Nonché i requisiti strutturali e la retta richiesta giornaliera… copia dell’inizio attività inoltrato ai NAS, all’AULSS… ed alla Prefettura»), motivata da un generico interesse, da una evidente volontà di effettuare un controllo generalizzato sull’attività della PA (ex comma 3, dell’art. 24, Esclusioni del diritto di accesso, della legge n. 241/1990), dal fatto che le richieste esulano dalle competenze istituzionali (peraltro, senza alcun obbligo di conservazione dei dati e documenti).

Invero, le istanze venivano giustificate dal fatto che i figli minori della parte erano stati collocati presso le cit. strutture, ritenute non idonee allo scopo, e dunque l’esigenza di verificare lo stato psicofisico, «al fine di accertare l’esistenza di situazioni di disagio o di pericolo per gli stessi».

Legittimazione

Il Tribunale annota che la fondatezza della pretesa deve essere valutata in relazione alla sussistenza dei presupposti del solo accesso documentale che richiede:

  • «un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso», ex 22, comma 1, lett. b), della legge n. 241 del 1990 [5];
  • «deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici» (comma 7).

In termini più esplicativi, per l’accesso c.d. difensivo (riferito alla cura dei propri interessi giuridici) il richiedente deve possedere un interesse ostensivo diretto, concreto e attuale alla cura in giudizio di determinate fattispecie, nonché un collegamento certo tra atti richiesti e difese anche da apprestare, in quanto l’ostensione del documento passa attraverso un rigoroso vaglio circa il nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale controversa.

La legittimazione esige la dimostrazione concreta che gli atti oggetto dell’istanza:

  • siano in grado di spiegare effetti diretti o indiretti nella sfera giuridica dell’istante (indipendentemente dalla lesione di una posizione giuridica, stante l’autonomia del diritto di accesso, inteso come interesse ad un bene della vita distinto rispetto alla situazione legittimante all’impugnativa dell’atto) [6];
  • la posizione da tutelare deve risultare comunque collegata ai documenti oggetto della richiesta di accesso;
  • il rapporto di strumentalità deve, poi, apparire dalla motivazione enunciata nella richiesta di accesso [7].

In effetti, la tutela accordata – in materia di accesso difensivo – postula che l’istanza conoscitiva deve dimostrare non un generico riferimento a imprecisate esigenze probatorie e difensive, siano esse riferite a un processo già pendente oppure instaurando, ma un definito interesse, propedeutico alla miglior tutela delle proprie ragioni in giudizio.

Questo interesse:

  • prevale su eventuali interessi contrapposti, inclusi quelli relativi alla riservatezza dei terzi, in quanto costituisce corollario del diritto alla difesa, sancito dall’art. 24 della Costituzione [8];
  • passa attraverso un rigoroso, motivato, vaglio sul nesso di strumentalità necessaria tra questi e la situazione finale che l’istante intende curare o tutelare [9].

Alla luce dell’esegesi, si comprende che in presenza dell’assoluta genericità dell’istanza di accesso non si può che affermare la mancanza di qualsiasi giustificazione (motivazione) in ordine al rapporto di strumentalità necessaria tra gli atti richiesti e la situazione giuridica da tutelare: nel caso di specie, non sono rinvenibili ragioni difensive che potrebbero essere soddisfatte con la conoscenza della documentazione; aspetto che all’evidenza non consente di comprendere quale possa essere l’utilità di una mole di dati rispetto alla tutela dei minori.

Interesse

Una volta definita l’assenza di qualsivoglia motivazione, il GA rileva che la richiesta massiva sia del tutto slegata dall’interesse difensivo, corrispondente a quello che dovrebbe giustificare la mole di dati utili per tutelare la “salute” dei minori: la conoscenza di tali documenti e informazioni risulta «sproporzionata rispetto alla prospettata finalità di vigilanza sulla condizione di vita dei minori».

Di contro, va valutata come «l’ennesimo tentativo della ricorrente di operare un controllo generalizzato sull’operato dei Servizi Sociali, allo scopo di infliggere agli stessi un onere gravoso e, così, di rendere più difficoltoso l’esercizio del mandato di affidamento conferito agli stessi dall’Autorità giudiziaria».

A ben vedere, rispetto all’obiettivo dichiarato è agevole comprendere che i dati sono accessibili non dall’Amministrazione comunale bensì «mediante una semplice richiesta all’Azienda sanitaria, chiedendo copia dell’autorizzazione all’esercizio della struttura socio-sanitaria. Atto, questo, al cui rilascio è competente in via esclusiva la stessa Azienda … e non certo il Comune nel cui territorio essa sorge», acclarando l’erroneità di ogni supposta esigenza difensiva, vantando, di converso, un accesso emulativo privo di una effettiva efficacia per i motivi del richiedente (alias, la tutela dei minori).

Abuso del diritto

Il ricorso viene respinto, con condanna alle spese, e reiezione della domanda per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

A rafforzare la decisione, il Collegio richiama i seguenti principi e correlati divieti:

BUONA FEDE, il dovere di buona fede, previsto dall’art. 1175 cod. civ. e dall’art. 1, comma 2 bis, della legge n. 241/1990, alla luce del parametro di solidarietà, sancito dall’art. 2 della Costituzione, si pone non più solo come criterio per valutare la condotta delle parti nell’ambito dei rapporti obbligatori, ma anche come canone per individuare un limite alle richieste e ai poteri dei titolari di diritti, anche sul piano della loro tutela processuale, un corollario degli obblighi di protezione, utilizzato con finalità del tutto avulse dalla titolarità del diritto (ad es. i c.d. atti emulativi di cui all’art 833 c.c.) [10];

ABUSO DEL DIRITTO, esso si configura in presenza dei seguenti elementi costitutivi:

1) la titolarità di un diritto soggettivo in capo ad un soggetto;

2) la possibilità che il concreto esercizio di quel diritto possa essere effettuato secondo una pluralità di modalità non rigidamente predeterminate;

3) la circostanza che tale esercizio concreto, anche se formalmente rispettoso della cornice attributiva di quel diritto, sia svolto secondo modalità censurabili rispetto ad un criterio di valutazione, giuridico od extragiuridico;

4) la circostanza che, a causa di una tale modalità di esercizio, si verifichi una sproporzione ingiustificata tra il beneficio del titolare del diritto ed il sacrifico cui è soggetta la controparte [11].

L’approdo non può che impingere, tenuto conto dei precedenti ricorsi tutti (nove) respinti [12], un abuso del diritto di accesso e, quindi, una violazione del principio di buona fede, in quanto irragionevole e sovrabbondante rispetto allo scopo perseguito dall’istante nella sua assodata genericità.

Al termine, ad abundantiam, per evidenziare il disegno emulativo e pretestuoso perseguito dalla parte ricorrente, la notificazione del ricorso ad una testata giornalistica che «non riveste certo la qualifica di controinteressato, essendo del tutto estraneo alla vicenda in esame. Una notificazione, questa, che trova ragione soltanto nel tentativo della ricorrente di enfatizzare il conflitto che la stessa ha intrapreso avverso i Servizi Sociali affidatari dei minori».

Proiezioni

La sentenza, nello sfondo del comprensibile “disagio” di una situazione familiare difficile, enuncia lo stretto legame tra l’“abuso del diritto” e “la buona fede” (persa) quando si invocano tutele, alterando gli strumenti offerti dall’ordinamento per loro cura (il lecito bene della vita), piegandoli a fini (propositi) differenti.

In presenza di richieste generiche, massive, manifestamente onerose o sproporzionate (contenente un numero cospicuo di dati e/o di documenti) e, cioè, tali da comportare un carico irragionevole di lavoro, idoneo a interferire con il buon andamento della Pubblica Amministrazione (ex art. 97 Cost.), che pervengono in un arco temporale limitato e da parte dello stesso richiedente, o da parte di più richiedenti ma comunque riconducibili ad uno stesso centro di interessi, non si può non vedere l’intento vessatorio o pretestuoso, dettato da parametri oggettivamente tali da porsi al di fuori dei canoni di legittimità (legalità), costituendo il mezzo per eludere il diritto stesso, paventato violato.

L’abuso del diritto, infatti, pur teorizzato ed applicato, in principio, nell’ambito dei rapporti tra privati, costituisce una figura trasversale nell’ordinamento [13], nel quale ha assunto la funzione di fungere da argine all’esercizio “formalmente ineccepibile” e “sostanzialmente distorto” della situazione di vantaggio di cui taluno è titolare [14].

Si può approdare, ex aequo et bono, alla constatazione che l’abuso del diritto costituisce uno strumento per correggere l’effetto distorto dello strictum jus in una particolare declinazione del principio di “buona fede”, il quale, a sua volta, è attuazione del principio fondamentale di solidarietà politica, economica e sociale enunciato dall’art. 2 Cost. [15], che impone a ciascun consociato, nel rispetto di questo dovere di solidarietà, di non “piegare” l’ordinamento al perseguimento di pretese che, considerate oggettivamente (cioè secondo una valutazione socialmente tipica di tipo oggettivo e senza cioè tenere conto dei motivi e dei nessi psichici che orientano chi agisce), in relazione alla vicenda in cui esse si esprimono, risultino sproporzionate, irragionevoli, emulative, prevaricatrici o ingiuste.

Note

[1] Esso è consentito qualora il richiedente dimostri la necessità o stretta indispensabilità della conoscenza del documento per la tutela di una situazione giuridica finale, con la conseguenza che l’ostensione del documento dovrà passare attraverso un rigoroso e motivato vaglio sul nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e detta situazione finale che l’istante intende curare o tutelare: l’onere della prova di tale nesso di strumentalità grava sul richiedente l’accesso, Cons. Stato, sez. V, 18 settembre 2023, n. 8382.

[2] Sono le richieste di accesso massive, avente quale scopo, espressamente non consentito dal legislatore, finalizzare a realizzazione un controllo diffuso dell’attività dell’Amministrazione destinataria della richiesta ostensiva: il diniego di accesso agli atti può essere legittimamente opposto ogni qualvolta l’istanza risulti generica, sia sotto il profilo dei documenti richiesti, sia sotto quello del labile interesse all’ostensione: l’istanza ostensiva non può riguardare un complesso non individuato di atti di cui non si conosce neppure con certezza la consistenza e il contenuto, e soprattutto la pertinenza rispetto alla condizione della richiedente, assumendo altrimenti l’istanza un sostanziale carattere di natura meramente esplorativa, Cons. Stato, sez. VI, 18 giugno 2025, n. 5302.

[3] La sez. I Milano del TAR Lombardia, con la sentenza 26 agosto 2022 n. 1945, interviene per descrivere l’abuso del diritto, ove il soggetto privato altera il rapporto di correttezza partecipativa con la PA, ex comma 2 bis dell’art. 1 della legge 241/1990, seguendo la strada processuale di impugnazione dell’atto endoprocedimentale, atto interlocutorio proiettato a garantire all’interessato il proprio diritto di accesso partecipativo nel procedimento, ex comma 1, dell’art. 10 della cit. legge sul procedimento, LUCCA, Abuso del diritto e mancata collaborazione nelle PA: chiarimenti, lentepubblica.it, 26 settembre 2022.

[4] TAR Marche, Ancona, sez. II, 5 aprile 2025, n. 255.

[5] Cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. 2 aprile 2020, n. 10. Si tratta di un interesse connesso strumentalmente alle esigenze del privato, per cui gli atti oggetto dell’istanza ostensiva devono essere idonei a spiegare effetti, direttamente o indirettamente, nei confronti del richiedente o devono comunque risultare pertinenti alle specifiche ragioni esposte a sostegno della domanda medesima, Cons. Stato, sez. IV, 18 gennaio 2024, n. 575.

[6] TAR Campania, Napoli, sez. VII, 24 marzo 2025, n. 2483.

[7] TAR Lazio, Roma, sez. III, 5 dicembre 2024, n. 22009.

[8] TAR Sardegna, Cagliari, sez. I, 17 febbraio 2025, n. 124.

[9] Cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. 18 marzo 2021, n. 4, la volontà del legislatore è di esigere che le finalità dell’accesso siano dedotte e rappresentate dalla parte in modo puntuale e specifico nell’istanza di ostensione, e suffragate con idonea documentazione (ad es. scambi di corrispondenza; diffide stragiudiziali; in caso di causa già pendente, indicazione sintetica del relativo oggetto e dei fatti oggetto di prova; ecc.), così da permettere all’Amministrazione detentrice del documento il vaglio del nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta sub specie di astratta pertinenza con la situazione “finale” controversa. Vedi, anche, Cons. Plen., Ad. Plen., 25 settembre 2020, n. 19, n. 20 e n. 21.

[10] Cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. III, 11 ottobre 2017, n. 1951.

[11] Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 7 febbraio 2012, n. 656.

[12] Il richiedente può reiterare l’istanza di accesso agli atti e pretendere riscontro alla stessa in presenza di fatti nuovi, sopravvenuti o meno, non rappresentati nell’originaria istanza o anche a fronte di una diversa prospettazione dell’interesse giuridicamente rilevante, cioè della posizione legittimante all’accesso; e, in tal caso, l’originario diniego, da intendere sempre rebus sic stantibus, ancorché non ritualmente impugnato, non spiegherà alcun rilievo nella successiva vicenda procedimentale e processuale, TAR Veneto, sez. I, 4 febbraio 2025, n. 170. Vedi, anche, TAR Sicilia Catania, sez. V, 17 gennaio 2025, n. 165.

[13] Nell’ambito del diritto civile: Cass. civ., sez. III, 18 settembre 2009 n. 20106; nell’ambito del diritto commerciale, Cass. civ., sez. unite, ord., 30 gennaio 2023 n. 2767; nell’ambito del diritto tributario, Cass. civ., sez. unite, 23 dicembre 2008, n. 30055, 30056 e 30057; nel processo penale, Cass. pen., sez. unite, 29 settembre 2011, n. 155; nel processo civile, Cass. civ., sez. unite, 16 febbraio 2017, n. 4090 e 15 novembre 2007 n. 23726; nel processo amministrativo, Cons. Stato, Ad. plen. 29 novembre 2021, n. 19; sez. V, 6 settembre 2024, n. 7457.

[14] Cons. Stato, sez. IV, 25 novembre 2024, n. 9470.

[15] Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 5 settembre 2024, n. 7435; 20 giugno 2024, n. 5514; Cass. civ., sez. III, ord., 7 giugno 2024, n. 16024; sez. III 14 giugno 2021, n. 16743.

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