In Trentino la presenza dell’orso fa bene al turismo

La domanda se la presenza dell’orso giochi un qualche ruolo sull’andamento dei flussi turistici in Trentino è legittima. Ci sono però due condizioni che vanno rispettate. La prima: tenersi alla larga da postulati arbitrari. La seconda: essere consapevoli che qualsiasi analisi dei flussi costruita su un’unica variabile – presenza/assenza dell’orso – non può che risultare priva di rilievo scientifico. In questo articolo ci occuperemo solo della prima condizione.
Postulati arbitrari
Il più classico dei postulati arbitrari è associare la presenza dell’orso al cosiddetto paesaggio della paura. A parte la generica e vasta letteratura sulla “sociologia della paura” a cui si può variamente e liberamente attingere, la letteratura scientifica di settore, parliamo quindi di turismo e di economia, è praticamente tutta posteriore all’11 settembre 2001, ovvero successiva all’attentato alle Torri Gemelle di New York. Il tema del paesaggio della paura specificamente inteso è dunque legato in modo diretto al rischio terrorismo con dinamiche di analisi proprie e del tutto peculiari.
“In seguito agli attentati terroristici dell’11 settembre 2001 di New York, considerate le conseguenze sul turismo globale, l’industria turistica ha iniziato a concentrarsi sul ruolo del rischio nel turismo e della sua percezione essendo la sicurezza diventata una condizione imprescindibile per lo sviluppo di tale settore nella cosiddetta civiltà dell’airbag” (da “Turismo e domanda di sicurezza: generazioni italiane a confronto” di Alberto Cernoia e Moreno Zago, Rivista di studi sul futuro e di previsione sociale, Università di Trieste, vol. XXII, n. 2, 2017).
Questo significa che qualsiasi estensione di senso estrapolata per attrazione da questo specifico contesto e da quella specifica cornice temporale – applicate all’orso nel nostro caso – rischia semplicemente di essere fuorviante. Quantomeno bisognerebbe oggettivamente dimostrare che, a monte, esiste un’associazione orso-paura in grado di innescare nel turista/visitatore comportamenti di autotutela analoghi a quelli innescati dall’11 settembre e collegati a un’elevata percezione di rischio, in particolare la decisione di non visitare una certa destinazione avvertita come pericolosa per orientarsi verso una percepita come sicura. E invece nessuno degli indicatori, quantitativi e qualitativi, di cui dispongono oggi gli operatori turistici del Trentino va in questa direzione.
Il più importante, nonché il più recente, è l’indagine Doxa condotta tra il 3 e il 16 giugno 2025 per Trentino Marketing su un campione nazionale di 2.011 individui tra i 18 e i 75 anni, rappresentativo della popolazione rispetto alle variabili di età, genere, area geografica/regione e ampiezza centro. In alcune regioni, nello specifico Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Lazio e Toscana, si è proceduto ad un sovra-campionamento mirato a migliorare la lettura dei dati su scala locale in territori di particolare rilevanza per il comparto turistico trentino.
Le indagini Doxa
Alla domanda se la presenza dell’orso incida sulla scelta di una vacanza in Trentino, il 67% degli intervistati ha dichiarato indifferenza, il 20% ha affermato che “aumenta l’interesse”, con un picco positivo, sempre a livello regionale, in Lazio dove la percentuale sale al 25% e un picco negativo in Veneto con il 15%, dove invece si registra la percentuale più alta di indifferenti con il 72% degli intervistati. Solo per il 13% del campione la presenza del plantigrado è un fattore personalmente disincentivante con una forchetta che oscilla tra il 10 e il 14%. Tra coloro che stanno concretamente valutando una vacanza in Trentino, la percentuale di chi considera la presenza dell’orso come un valore aggiunto sale addirittura al 26% a fronte di un segno negativo che si ferma al 9%.
Dalla ricerca emerge anche una percezione di maggiore numerosità della specie rispetto al passato: il 40% degli italiani ritiene gli orsi “numerosi” contro il 7% rilevato nel 2002. La quota supera il 50% tra i visitatori più recenti e tra i potenziali turisti. La maggioranza degli intervistati (70%) ritiene che il numero degli orsi dovrebbe rimanere costante, mentre un 15% auspica un aumento e un altro 15% una diminuzione.
I risultati dell’indagine realizzata quest’estate sono stati poi messi a confronto con quelli di un’analoga indagine Doxa condotta nel settembre 2002 e commissionata dal Parco Naturale Adamello Brenta. Parliamo sempre di indagine a livello nazionale, in quel caso a ridosso della conclusione del progetto Life Ursus e prima che si verificassero gli episodi di aggressione che negli anni hanno riempito le pagine delle cronache e che sono culminati nella tragica morte di Andrea Papi, nell’aprile 2023. Interessante notare come il blocco degli intervistati neutri/positivi rispetto all’attrattività turistica del Trentino in relazione alla presenza dell’orso resti nettamente maggioritario. Questo blocco costituiva l’88% degli intervistati nel 2002 e si attesta al 74% nel 2025, nonostante il 68% del campione sia oggi a conoscenza del fatto che in Trentino negli ultimi anni siano avvenuti degli attacchi all’uomo.
Tra le due indagini sono passati 23 anni e molta acqua sotto i ponti. Va dunque registrata la persistenza di un macrodato che, a livello turistico, impedisce di inscrivere l’orso nel paesaggio della paura.
Le preferenze dei turisti
I risultati delle analisi demoscopiche appena citate sono coerenti con un lavoro del 2014 dell’Università di Trento, la tesi di laurea di Alessandro Armani dal titolo “Analisi delle preferenze dei turisti per la gestione dell’orso in Trentino: i formati Best-Worst e Elicted Choiche Probability a confronto”. In sostanza si trattava di analizzare le preferenze dei turisti non residenti in Trentino relativamente alla presenza dell’orso e di indagare come due differenti formati di domanda – il Best Worst Scaling Case 3 e l’Elicited Choice Probability – potessero parzialmente differire nei risultati.
Nel periodo compreso tra il 25 giugno e il 15 ottobre 2014 erano stati somministrati in formato cartaceo 372 questionari distinguendo due zone principali: il Parco Naturale Adamello Brenta e il territorio trentino fuori dall’area protetta. Per ogni formato di domanda erano state elaborate 3 differenti versioni: una di base, una con informazioni volontarie aggiuntive ed una con informazioni supplementari obbligatorie. Queste ultime comunicavano dati relativi: al rapporto uomo-orso tra il 2007-2009, al numero di plantigradi ospitabili nel territorio trentino secondo gli esperti, alle modalità di utilizzo del radio-collare ed infine al risarcimento di eventuali danni provocati dagli orsi all’agricoltura e all’allevamento. La maggior parte dei visitatori proveniva dal Nord Italia (70%) in particolare dalle regioni vicine, Veneto e Lombardia. Seguiva poi il Centro Italia, con visitatori soprattutto dall’Emilia-Romagna. In pratica si tratta delle stesse regioni sulle quali ci si è particolarmente soffermati anche nell’indagine Doxa 2025.
Di grande importanza risulta il fatto che quasi l’intero campione, per l’esattezza il 92%, era a conoscenza della presenza dell’orso in Trentino. Di questo, il 77% si era detto favorevole alla sua presenza, l’11% indifferente e il 12% contrario. Anche in questo caso, dunque, come nelle due indagini Doxa che abbiamo analizzato, rispetto alla presenza dell’orso si confermava l’esistenza di un blocco neutro/positivo largamente maggioritario e che toccava l’88% del campione. Non solo: alla domanda su quanto la presenza dell’orso influenzasse, in positivo o in negativo, la scelta della meta, il 64% del campione rispondeva che non aveva nessuna importanza, l’8% che era un fattore scoraggiante e il 28% una delle ragioni per cui scegliere il Trentino rispetto ad altre mete. Aperta parentesi. Da sottolineare che il 95% degli intervistati successivi alla data del 14 agosto 2014 era a conoscenza dell’attacco dell’orsa Daniza a Daniele Maturi, avvenuto in quella data a Pinzolo. Chiusa parentesi.
Nell’indagine Doxa 2025 questi stessi indici, come abbiamo visto, oggi si attestano rispettivamente al 67%, al 13% e al 20%. Di fatto con scostamenti minimi rispetto al lavoro di Armani. Un ultimo elemento di valutazione lo troviamo anche nel sondaggio condotto dalla sezione Turismo e Cultura della Confederazione italiana piccola e media impresa privata – Confapi, il 24 maggio 2023, effettuato dunque a ridosso della tragedia di Andrea Papi, ucciso dall’orsa JJ4 nei boschi di Caldes il 5 aprile. Nonostante il 58% dei circa 4.000 intervistati a livello nazionale ritenesse che quanto accaduto potesse danneggiare “molto” o “abbastanza” l’immagine turistica del Trentino, il 54.6% rispondeva che l’orso era in grado di contribuire positivamente all’immagine della provincia e alla sua promozione, contro un 35,3% che sosteneva il contrario. Per altri versi l’indagine di cui, peraltro, non erano state rese note le modalità di effettuazione, riflette l’emozione del momento, con tutte le sue contraddizioni. Non bisogna infatti dimenticare che, comunque, la percezione del rischio è e resta un concetto multidimensionale che si intreccia in modo dinamico con l’“ambiente: con la pressione mediatica, l’atteggiamento della politica, con la cultura e la società di un territorio, cioè con elementi dinamici e non statici” (da E. Yang, V. Nair, Tourism at Risk: A Review of Risk and Perceived Risk in Tourism, in: “Asia-Pacific Journal of Innovation in Hospitality and Tourism”, 3(2), 2014, pp. 239-259). Per questo motivo, individuare delle costanti nell’arco di un periodo di 23 anni, in sostanza tra il primo e il secondo sondaggio Doxa, con una popolazione di orso in crescita e una storia di episodi negativi e polemiche che hanno occupato stabilmente le cronache nazionali, è un risultato da non sottovalutare.
E in Alto Adige?
Che cosa voglia dire dimensione multidimensionale emerge anche con chiarezza se si esamina il recente sondaggio dell’Istituto di statistica della Provincia di Bolzano – ASTAT, dal titolo “Opinioni sulla presenza di lupi e orsi selvatici in Alto Adige”, diffuso il 18 settembre 2025.
Si tratta di un’indagine che riguarda solo la popolazione residente, e dunque un contesto non comparabile con il sondaggio Doxa trentino 2025 e con le altre indagini di cui ci siamo occupati in questa sede, tutte incentrate sul tema del rapporto plantigradi-turismo. L’elemento significativo che ci interessa sottolineare è che l’indagine non presenta differenze sociodemografiche rilevanti nelle risposte per quanto riguarda età e sesso degli intervistati, ma evidenzia una forbice di quasi 30 punti percentuali per quanto riguarda la tolleranza verso i lupi e di 20 punti per quanto riguarda gli orsi, se si applica la variabile linguistica, con la popolazione di lingua tedesca su posizioni molto più radicali, rispetto a quella di lingua italiana, in termini di rifiuto della presenza dei grandi carnivori.
Naturalmente questo riflette una variabile territoriale, visto che i residenti di lingua italiana sono presenti soprattutto nei centri urbani, ma è anche espressione della differente pressione dell’ecosistema mediatico sui due gruppi in funzione di una diversa articolazione dello stesso, nonché di una differente percezione della centralità del mondo rurale a livello identitario. Ma questa è un’altra storia.
Quest'articolo è stato pubblicato col titolo "Orso, turismo e paesaggio della paura" ne I nuovi fogli dell'orso del Parco naturale Adamello Brenta
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