Incentivi per funzioni tecniche: quando il RUP non può decidere da solo
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Un chiarimento ministeriale fa luce sui confini tra ruolo operativo e potere decisionale nella Pubblica Amministrazione, rafforzando i principi di imparzialità e trasparenza.
Il contesto normativo degli incentivi tecnici
Nel complesso sistema degli appalti pubblici, gli incentivi per funzioni tecniche rappresentano uno strumento pensato per valorizzare il lavoro svolto dai dipendenti pubblici coinvolti nella programmazione, progettazione, direzione ed esecuzione dei contratti. Il nuovo Codice dei contratti pubblici, introdotto con il D.lgs. 36/2023, disciplina questi compensi all’articolo 45, delineando con precisione sia i destinatari sia le modalità di erogazione.
Tuttavia, proprio l’applicazione pratica della norma ha sollevato interrogativi interpretativi, soprattutto nei casi in cui più ruoli chiave coincidano nella stessa figura professionale. Una situazione tutt’altro che rara negli enti di piccole e medie dimensioni, dove le risorse umane sono spesso limitate e le responsabilità tendono a concentrarsi.
Il quesito: un problema di opportunità o di legittimità?
Il nodo centrale affrontato dal Ministero riguarda una circostanza specifica: è legittimo che il Responsabile Unico del Progetto (RUP), quando ricopre anche il ruolo di responsabile del servizio che gestisce la spesa, adotti il provvedimento di liquidazione degli incentivi tecnici?
La domanda non è puramente teorica. In questa configurazione, infatti, il RUP non solo coordina il gruppo di lavoro destinatario degli incentivi, ma risulta potenzialmente beneficiario diretto del compenso. Di conseguenza, si pone un problema evidente di equilibrio tra funzione amministrativa e interesse personale.
Il rischio, come intuibile, è quello di una sovrapposizione tra chi valuta e chi riceve il beneficio, con possibili ricadute sulla credibilità e sulla correttezza dell’azione amministrativa.
Il chiarimento del Ministero: una lettura sistematica della norma
Con il parere n. 3761, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha fornito una risposta netta, basata su una lettura attenta del dettato normativo. Il riferimento chiave è il comma 4 dell’articolo 45, che individua i soggetti legittimati alla corresponsione dell’incentivo.
La disposizione prevede due alternative:
-
il responsabile del servizio preposto alla struttura competente,
-
oppure un altro dirigente incaricato dall’amministrazione, previa acquisizione delle informazioni dal RUP sulle attività effettivamente svolte.
Questa doppia opzione non è casuale. Secondo il Ministero, il legislatore ha volutamente introdotto una soluzione flessibile proprio per gestire i casi di potenziale conflitto di interessi.
Terzietà e imparzialità come principi guida
Il punto centrale del parere risiede nella ratio della norma. Quando il responsabile del servizio svolge attività che danno diritto all’incentivo – come accade nel caso del RUP che coordina il gruppo tecnico – non può essere lui stesso a validare e liquidare il compenso.
In queste situazioni, la valutazione dei presupposti per l’erogazione deve essere affidata a un soggetto diverso, individuato dall’amministrazione tra i dirigenti disponibili. Una scelta che risponde all’esigenza di garantire terzietà, evitando che la stessa persona sia giudice e parte nello stesso procedimento.
Si tratta di un principio cardine del diritto amministrativo, volto a preservare imparzialità, trasparenza e correttezza, non solo sul piano formale ma anche sotto il profilo sostanziale.
Le implicazioni operative per gli enti pubblici
Il chiarimento ministeriale ha ricadute concrete sull’organizzazione interna degli enti. Le amministrazioni sono chiamate a strutturare i procedimenti di liquidazione in modo coerente con la separazione dei ruoli, soprattutto quando le funzioni tecniche e quelle gestionali coincidono.
Ne deriva l’obbligo di:
-
individuare preventivamente dirigenti o responsabili alternativi;
-
formalizzare incarichi specifici per la liquidazione degli incentivi;
-
documentare con precisione le attività tecniche svolte, sulla base delle attestazioni del RUP, senza però attribuirgli poteri decisionali diretti sul pagamento.
Questa impostazione contribuisce a ridurre il rischio di contestazioni e rafforza la solidità degli atti amministrativi.
Un segnale chiaro sulla gestione delle risorse pubbliche
Il parere del MIT si inserisce in un filone interpretativo sempre più attento alla qualità della governance pubblica. La gestione delle risorse economiche, anche quando destinate a valorizzare competenze interne, deve avvenire nel rispetto di criteri rigorosi.
L’incentivo per funzioni tecniche non è un automatismo, ma il risultato di una valutazione oggettiva, che deve essere condotta da chi non ha interessi diretti nel procedimento. Solo così è possibile tutelare l’interesse pubblico e mantenere un clima di fiducia all’interno delle strutture amministrative.
Conclusioni: chiarezza normativa e responsabilità amministrativa
Il messaggio che emerge dal chiarimento ministeriale è inequivocabile: quando il RUP è anche potenziale beneficiario dell’incentivo, non può essere lui a disporne la liquidazione. La scelta di demandare tale funzione a un altro dirigente non è una formalità, ma una garanzia di correttezza istituzionale.
In un contesto in cui la Pubblica Amministrazione è chiamata a operare con efficienza ma anche con integrità, questo orientamento rappresenta un punto di riferimento fondamentale. Un equilibrio necessario tra valorizzazione del lavoro tecnico e rispetto delle regole che presidiano l’interesse collettivo.
Il testo del parere del MIT
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