La morte dei Democratici è rimandata a data da destinarsi

Mentre in Italia ancora dormivamo, negli Stati Uniti la democrazia, e soprattutto i democratici, cominciavano a dare i primi incoraggianti segnali di risveglio. Non solo con il trionfo di Zohran Mamdani a New York, ma anche con le vittorie nelle elezioni per il governatore in New Jersey e in Virginia, e con l’approvazione della controversa proposta di ridisegno dei collegi (per gli amici gerrymandering) in California, fortemente voluta dal governatore Gavin Newsom come estremo rimedio alle analoghe manovre repubblicane in altri stati per impedire ai democratici di riconquistare il controllo del Congresso l’anno prossimo, alle elezioni di metà mandato. Battaglia che resta naturalmente il primo test decisivo per verificare le condizioni di salute della democrazia americana.
Intanto, a conferma della nettezza del risultato, Donald Trump ha dichiarato che i repubblicani hanno perso – i repubblicani, sia chiaro, non lui – perché il suo nome non era sulla scheda. Il fatto che Trump non perda mai, chiaramente, non è una novità e non può stupire nessuno: la sua refrattarietà a riconoscere la sconfitta, a cominciare da quella subita alle elezioni del 2020, è il principale motivo per cui oggi consideriamo la democrazia americana in grave pericolo. E il modo corrivo e spensierato con cui questo suo difettuccio viene giudicato da alleati e osservatori di area nel nostro paese è uno dei principali motivi per cui non dovremmo stare tanto tranquilli neanche qui.
Sta di fatto che il voto di ieri notte è stato, in molti casi, anche un voto su Trump, e forse è pure per questo che i democratici hanno vinto ovunque. Si tratta di vittorie da non sopravvalutare, ottenute perlopiù in casa, ma anche per l’uniformità e l’ampiezza dei risultati si tratta comunque di un segnale di risveglio che smentisce tanti prematuri necrologi.
Per le sorti dell’opposizione in Italia non mi sentirei ancora di esprimere altrettanto ottimismo, ma certo Giorgia Meloni oggi ha qualche motivo di preoccupazione in più, e nella prossima primavera potrebbe essere lei a dover giustificare una sconfitta ben più pesante, come sarebbe quella del referendum sulla giustizia, con il discutibile argomento secondo cui il suo nome non era sulla scheda.
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