La resilienza ucraina passa anche attraverso la moda

Come nasce l’idea di Fashion For Freedom?
Le origini di questo progetto risalgono al 2019 con Fashionable Eco Art Show. Abbiamo cominciato a organizzare sfilate di brand ecosostenibili legati al Let’s Do It, un movimento internazionale che si occupa di tutela dell’ambiente e della pulizia del pianeta. Io ne faccio parte come membro del comitato direttivo italiano e ucraino. Abbiamo cominciato questo format rivoluzionario partendo da Let’s Do It Ukraine, una delle più grandi organizzazioni di volontariato in Ucraina. Prima della guerra avevamo oltre un milione di volontari.
Di cosa si occupa Let’s Do It Ukraine?
Nasce in Estonia nel 2008, quando un imprenditore estone decide di ripulire Narva, una città a nord-est del Paese. Lancia un appello ai suoi amici, e così succede che invece di ripulire solo questa cittadina riescono a coinvolgere un sacco di persone, espandendo la missione. Così nasce questo movimento, che si è espanso, e di cui oggi fanno parte volontari e volontarie da centonovanta Paesi.
All’inizio della guerra il format viene trasformato e diventa Fashion for Freedom. Il primo evento si è tenuto a ottobre 2022, quando la nostra associazione organizzò presso il Superstudio Village di via Tortona un’esposizione di oltre quattrocento opere d’arte contemporanea ucraina insieme a una sfilata, durante la quale sono stati presentati capi di moda. In quest’occasione abbiamo elaborato il format dove raccontavamo sia i crimini di guerra russi sia la resilienza ucraina. Oggi siamo alla sesta edizione, e siamo riusciti a coinvolgere licei e università. A maggio abbiamo organizzato per la prima volta un evento insieme al Liceo artistico di Brera. Le ragazze che hanno elaborato i capi hanno sfilato indossando le loro creazioni, e hanno avuto l’opportunità di fare uno stage presso liceo artistico di Brera.
Le collezioni proposte nel progetto Fashion For Freedom non hanno solo un valore estetico, ma raccontano storie di sopravvivenza, come testimonia l’esperienza di una designer sfollata.
Abbiamo stabilito dei requisiti per i brand che presentano le proprie collezioni, ma anche per le università e i licei. Le collezioni devono raccontare necessariamente la resilienza, la conservazione e la trasmissione delle tradizioni ucraine, e devono soddisfare criteri di ecosostenibilità. Per quanto possa sembrare secondario per un Paese in guerra, l’ecologia diventa in questi contesti un bene primario L’ecosostenibilità diventa un modo di sopravvivere, e un atto di resilienza.
Perchè la sostenibilità è importante, soprattutto in tempo di guerra?
Le città bombardate tutte le notti subiscono danni sia a livello ecologico sia ambientale. Il 6 giugno 2023 è stata gravemente danneggiata la centrale idroelettrica di Kakhovka, sul fiume Dnepr, a Nova Kachovka. Un danno poco documentato anche perché parte di quel territorio si trova ancora sotto l’occupazione russa. Questo ha portato all’allagamento di gran parte dei territori della regione di Cherson, con intere cittadine che hanno riportato gravi danni alla flora e alla fauna, e un cambiamento del paesaggio di una vasta zona.
Si pensi che ogni notte abbiamo centinaia mezzi di distruzione che sorvolano il Paese. In alcuni casi arrivano a colpire, altri vengono abbattuti. Ma anche quando vengono abbattuti ci sono dei detriti. All’inizio ci chiedevamo che cosa potesse fare un drone abbattuto: pensavamo che non potesse più fare danni, con la sua carica esplosiva distrutta nell’aria. Ma i droni che stanno usando per la guerra possono anche arrivare ad avere le dimensione di un aereo. Immagina i detriti di un aereo abbattuto in aria, che arrivano a terra.
Nell’ambito del progetto Fashion For Freedom è stata realizzata una collezione basata su uno studio che dimostra come la fauna e la flora si stiano deteriorando, soprattutto dall’inizio della guerra. L’ecosistema sta cambiando, e gran parte della colpa è da attribuirsi alla guerra in corso. È un aspetto strano per noi, perché tu pensi più alla sopravvivenza delle persone che ai danni all’ambiente.
Alcuni brand che fanno parte del progetto Fashion For Freedom ripropongono simboli tradizionali ucraini in chiave contemporanea. Perchè è importante tramandare la tradizione ucraina?
Se parliamo di moda, della moda che comunica la libertà, e la lotta per vivere nel proprio paese libero e democratico, da un certo punto di vista sembra una cosa abbastanza legata all’estetica, ai look, tutto ciò che si percepisce tramite le immagini che ci propongono. Se stiamo parlando di oppressione invece, come quella perpetrata in Paesi come l’Iran, è immediata la comunicazione visiva. In quel contesto che cosa significa oppressione? La donna nascosta dietro il chador. Quando parliamo di paesi come l’Ucraina, l’oppressione nella moda non è così evidente. Noi cerchiamo di comunicare proprio questo. Durante l’Unione Sovietica ci fu una forte imposizione di semplificare la moda, in contrapposizione alle tendenze occidentali. Come atto di resistenza si sceglievano gli abiti più vistosi, con colori sgargianti.
Come si è tramandato questo atto di ribellione, oggi?
La resilienza ucraina si traduce in un linguaggio di moda attraverso i ricami realizzati da ragazze giovanissime che studiano, fanno ricerca, e cercano di attingere dal sapere delle proprie famiglie, delle proprie nonne e bisnonne, usando materiali di recupero e cercando di far emergere le peculiarità interne al Paese, tipiche di ogni regione, e di ogni città. Ogni famiglia ha una sua diversità, un senso profondo veicolato da ornamenti tradizionali – come croci e cerchi – che veicolavano un messaggio, un codice che doveva portare fortuna e garantire in qualche modo una vita serena per chi li indossasse.
Questi simboli vengono ripresi anche nelle nuove collezioni?
Ci sono tante collezioni elaborate da donne che sono scappate dalla guerra. Una designer ha subito la distruzione del suo laboratorio durante il primo anno di guerra, e c’è anche un ragazzino che ha creato il suo brand a quattordici anni, senza nessuna aiuto dei genitori. Lui adesso ne ha sedici, ed è scappato dalla guerra ma continua a produrre in Ucraina, anche se distanza: oggi vive in Inghilterra.
La moda quindi è uno strumento che unisce diverse generazioni?
Le tradizioni non vengono solo tramandate, ma reinterpretate. Questo è il valore aggiunto. Quando si interpretano le cose significa che c’è un’elaborazione: non si prende qualcosa e la si riporta così com’è. C’è anche il tema del riuso: alcuni pezzi di ricamo vengono recuperati, e inseriti nella creazione dei vestiti. Inoltre c’è un’associazione di nonnine che vengono qua per sfilare.
A inizio dicembre dell’anno scorso siamo andati al Liceo di moda di Odessa. Ho accompagnato la delegazione italiana a Odessa, dove era esposta World With Women, l’esposizione d’arte internazionale dedicata alle storie di donne che subiscono oppressione. Durante l’inaugurazione sono state invitate varie organizzazioni di Odessa, tra le quali un’organizzazione di nonne ucraine che ha creato un progetto insieme al Liceo di moda di Odessa. Le nonne hanno vinto un finanziamento e hanno commissionato al liceo l’elaborazione della collezione, che parla di diverse epoche. I capi sono stati poi indossati in passerella dalle nonne stesse. Stiamo cercando di coinvolgere anche nonne italiane per realizzare una sfilata più inclusiva. Un vero incontro di generazioni, anche tra Paesi diversi.
Qual è il messaggio che volete lanciare con Fashion for Freedom, che impatto vorreste che questo evento avesse sia nella moda, sia a livello culturale?
Secondo noi anche durante la guerra è possibile continuare a vivere, lavorare, sognare, creare. La vita durante la guerra non è stare sempre nei rifugi: si lavora, si crea, si sogna e si cerca di sopravvivere non solo dal punto di vista fisico ma anche mentale, che è una cosa difficilissima. Si deve trasmettere il messaggio che l’Ucraina è viva, che ci sono tanti talenti, che fioriscono quando riescono a creare qualcosa insieme con i loro coetanei, con persone che studiano e si impegnano nella loro direzione.
Avete altri progetti per il futuro?
Abbiamo appena lanciato un progetto, un volume dei Promessi sposi illustrato da artisti contemporanei italiani e ucraini. Dal punto di vista della moda stiamo proseguendo a creare collezioni ispirate ai Promessi sposi, con materiali di riciclo. Questo progetto ancora una volta riesce a portare la cultura italiana in Ucraina, e a mostrare come questi testi siano legati alla modernità.
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