La sfida dei riformisti è unire emozione e ragione contro la destra identitaria

Samuel Huntington, nel suo saggio del 1997, “Lo scontro di civiltà”, affermò che gli scontri più pericolosi sarebbero probabilmente nati dall’interazione fra l’arroganza occidentale, l’intolleranza islamica e l’intraprendenza cinese. All’epoca non c’erano i social network e i moderni “Ingegneri del Caos”, che agevolati dall’asimmetria tra chi raccoglie i dati (pochi attori globali), chi li fornisce (l’intera umanità) e chi sa farne uso, hanno il potere di strumentalizzare, di ridurre gli individui a oggetti prevedibili e manipolabili alimentando la peggior propaganda che si nutre di emozioni negative e di “fatti alternativi” che hanno il vantaggio di essere un eccellente veicolo di coesione.
Esistono piattaforme che non si limitano a osservare i comportamenti, ma cercano di prevederli e manipolarli per fini economici e politici. Con la visione business centrica di matrice americana e governocentrica di matrice cinese l’intelligenza artificiale sostituisce la conoscenza con la fede, dato che la sua grande promessa è quella di prevedere anche senza capire. Ed è anche per questo motivo che dobbiamo affermare la visione umano centrica disegnata dall’Unione europea unitamente a modalità di regolamentazione nella gestione dei dati che rompano l’attuale monopolio e liberino la libera concorrenza permettendo di far crescere nuove iniziative economiche innovative.
Dobbiamo fare i conti con le mire imperialiste di Vladimir Putin, secondo il quale la guerra è concepibile come continuazione della politica con altri mezzi, e con il bullismo politico di Donald Trump che sta trasformando la più grande democrazia occidentale in una “emocrazia” monopolizzata da emozioni e sentimenti, in cui la differenza fra menzogna e verità conta ben poco. I rischi autoritari contemporanei, l’attuale situazione mondiale, assediata da crisi di natura politica, climatica ed economica, rendono sempre più evidente che l’Europa deve assumere il ruolo di attore più autonomo e strategico sulla scena internazionale; deve affrontare sfide significative soprattutto nel campo della sicurezza economica e tecnologica, rafforzare la sovranità europea investendo in settori chiave come la difesa, le tecnologie avanzate e la transizione energetica.
Riducendo la dipendenza dagli Stati Uniti sul fronte della sicurezza si conferirebbe maggiore legittimità alla relazione transatlantica e si darebbe maggiore forza alla posizione dell’Europa sulla scena globale. A maggior ragione se si considera che oggigiorno, numeri alla mano, attaccare costa molto meno che difendersi.
Partendo da questa consapevolezza, i riformisti devono affermare l’interesse europeo attraverso il raggiungimento della federazione, a velocità variabili, degli Stati Uniti d’Europa; un assetto politico in grado di esprimersi attraverso una sola voce in politica estera, una difesa, un mercato dei capitali e una politica fiscale comune.
In un contesto di grandi trasformazioni sociali ed economiche, gli elettorati sono sempre più indifferenti alle diseguaglianze economiche e sociali ma desiderano principalmente sicurezza personale, del lavoro e per la famiglia, beni che la destra sembra in grado di offrire, almeno ideologicamente in maniera più convincente. Le politiche riformiste devono servire a non contrapporre il locale al globale; occorre progettare nuove sintesi tra locale e globale capaci di interpretare correttamente le diverse esigenze e, congiuntamente, di saper cogliere le nuove opportunità senza con ciò subire e patire acriticamente i processi di globalizzazione in atto. Serve una visione di insieme capace di offrire una spinta emotiva e non solo pragmatica alle nuove politiche riformiste. Occorre pensare a una società che sia in grado di offrire nuove opportunità, più equa e giusta che non sia una aggregazione eterogenea di etnie e fasce sociali ma che si basi sugli individui, sulla tutela economica dei più deboli, sulla tutela delle specificità, della storia e delle diverse tradizioni culturali del territorio.
I rischi autoritari contemporanei e la crescente frammentazione delle società digitali invitano a ritenere che la libertà vada coltivata, con istituzioni robuste, ma responsabili e una società civica vigile e partecipe. Il Thymos, la rabbia, la cosiddetta collera di Achille, si nutre di sfiducia verso le élite, paura nei confronti del diverso ed è il sentimento del nostro cervello che solitamente viene alimentato dai leader populisti che promettono soluzioni rapide attraverso l’uomo forte al comando. La libertà è un equilibrio instabile, le democrazie non sono irreversibili vanno difese dai suoi nemici e preservate quotidianamente.
L’unione o la federazione dei riformisti rappresenta una risposta affidabile e auspicabile all’egemonia di una destra le cui proposte, facili da comunicare e per lo più incentrate sulle identità culturali-territoriali, non possono tutelare gli interessi che dichiarano di rappresentare. Soggetti con disegni politici identici e leader diversi non rappresentano un’offerta politica credibile. Una leadership congiunta e una classe dirigente capace di elaborazione collettiva, che sappiano toccare la parte emotiva, le passioni, le tensioni ideali e valoriali e gli interessi specifici quali la sicurezza, la sanità e la crescita economica possono rappresentare una novità nel panorama del nostro Paese. Serve una visione che tocchi le corde emozionali e declini l’opportunità di salire sull’ascensore sociale unitamente a una idea di libertà positiva che si traduca nella libertà dalla paura e dal bisogno.
Il Circolo Matteotti, un’associazione apartitica che vuole diventare un laboratorio di cultura politica, di idee e di proposte, rappresenta una novità nel panorama italiano e può diventare un esercizio di leadership congiunta da parte dei riformisti. Le differenze crescenti di reddito e patrimonio, il blocco dell’ascensore sociale e la polarizzazione nella sfera pubblica sono i peggiori fattori collegati al malcontento e all’instabilità. Si rende improcrastinabile una forza organizzata impegnata a realizzare giustizia sociale e a ridurre le disuguaglianze, un riformismo trasformativo capace di compiere le scelte necessarie a ristrutturare il sistema economico.
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