L’America indica una strada per battere la destra populista

Novembre 6, 2025 - 13:30
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L’America indica una strada per battere la destra populista

Si è dunque ufficialmente aperta l’età della concretezza. La destra lo aveva capito prima, d’altronde storicamente è sempre stata più concreta della sinistra. Sarebbe dunque ora che il progressismo variamente declinato si mettesse alle spalle annose dispute ideologiche – se non addirittura lessicali – e iniziasse a mettere le mani nella carne viva dei problemi, evitando la demagogia populista e indicando concrete proposte di governo.

Questa è la lezione della grande vittoria del socialista Zohran Madmani a New York e delle contemporanee affermazioni dei democratici in Virginia e nel New Jersey con candidate riformiste. Quando si dice campo largo. Ma ora non cominciamo con il solito «la sinistra riparta da Mamdani» e gli innamoramenti per il vincente giovane anti-establishment, figura che affascina sempre i nostri “socialisti” delle redazioni e attivissimi su X. Non facciamo ridere con paragoni lunari. E aspettiamo di vedere come governerà.

Piuttosto, come ha scritto ieri Alessandro Cappelli su Linkiesta citando il New York Magazine, è da evidenziare che la campagna di Mamdani è stata «la dimostrazione di quanto sia facile fondere le rispettive agende economiche della sinistra e del centro in qualcosa che suoni attraente per entrambi».

Dunque, sarebbe intellettualmente serio evitare di intonare “Fischia il vento” e suonare il piffero della rivoluzione. Pochi giorni fa Christian Rocca aveva scritto di un importante documento dei Democratici statunitensi (“Decide to win”) che rappresenta, riletto oggi, un gioiello di strategia politica: «Il suggerimento – spiegava il direttore de Linkiesta – è quello di scegliere politiche economiche popolari (negoziazione prezzi farmaci, aumento del salario minimo) piuttosto che focalizzarsi su quelle meno gradite (sussidi ai veicoli elettrici); ma anche di dimostrare alla maggioranza degli elettori che il fronte anti Trump condivide le loro priorità (economia, costo della vita, sanità, sicurezza dei confini, criminalità); e, allo stesso tempo, capisce che è arrivato il momento di dare meno rilievo a temi che gli elettori percepiscono come troppo enfatizzati e meno urgenti (identità sessuale, clima e democrazia), senza per questo abbandonarli».

La concretezza dunque può essere la carta vincente del progressismo e insieme il terreno sul quale è possibile avvicinare le sue varie anime, facendo giustizia di ideologismi che la gente normale percepisce inutili quando non addirittura fastidiosi: in questo senso gli effetti della cultura woke o di un redivivo estremismo ideologico sono controproducenti per le ragioni del progresso.

Scrive Maurizio Molinari nel suo “La scossa globale” che «il sovranismo populista e la cancel culture di stampo woke sono entrambi estremismi, al punto da minare alcuni principi fondamentali del pensiero illuminista: l’universalismo, la razionalità critica, la libertà dell’individuo, la laicità del discorso pubblico e soprattutto il rispetto per l’altro». Appunto: cerchiamo di tornare alla ragione sapendo che in questa fase è il sovranismo trumpiano ad avere l’egemonia.

In questo senso l’acquisizione del pragmatismo come via essenziale per battere la destra sarebbe importante per la sinistra italiana nella sua contaminazione feconda con il riformismo e il moderatismo democratico e liberale: non si tratta di abbandonare i valori, ma al contrario di farli vivere nelle battaglie concrete. Ci dice Gianni Cuperlo: «Non è più tempo di geometrie a tavolino. Contano coerenze e coraggio di qualche verità. Ma il programma con cui vincono in America deve far ragionare. Non copiare. Ma ragionare sì».

In fondo, la proposta più seria del Partito democratico, forse l’unica veramente incisiva, è stata ed è quella del salario minimo; e a giudicare da come intende muoversi con la sua contro-finanziaria, il partito di Elly Schlein sembra voler insistere su una linea molto concreta. Tra l’altro questo è il modo migliore per marcare le differenze con il populismo dei sussidi propagandato da Giuseppe Conte, il quale anzi andrebbe sfidato proprio sul piano della credibilità e dell’efficacia delle proposte in campo economico e sociale, e non solo.

E qui entrano in ballo i settori riformisti del Partito democratico e del campo largo – e perché no anche Carlo Calenda, che un po’ di idee concrete ce l’ha: su temi come la sicurezza o la politica industriale (non a caso “Crescere” era il titolo del convegno milanese dei riformisti del Pd) queste componenti sono più sensibili e attrezzate per avanzare non solo progetti ma numeri concreti: quanti soldi bisogna mettere per la sicurezza? E quanti per la ripresa industriale? Ecco dunque che il pragmatismo riformista può condizionare virtuosamente il corpus valoriale della sinistra italiana superando incrostazioni polemiche, almeno le più inattuali. Per provare a vincere.

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Redazione Redazione Eventi e News