Anche la sanità ha un prezzo e non tutti possono permetterselo

Novembre 19, 2025 - 05:00
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Anche la sanità ha un prezzo e non tutti possono permetterselo

«Io mi chiamo G». «Io mi chiamo G». «Non hai capito, sono io che mi chiamo G». «Sei tu che non hai capito, mi chiamo G anch’io». «Ah. Il mio papà è molto importante». «Il mio papà no»… Questo brano mi ha sempre ispirata e lo fa ancora oggi facendomi immaginare due storie parallele: quelle di Leonardo e James, che nascono nello stesso giorno e anno in due Paesi diversi. Leonardo in Italia, all’interno del Servizio Sanitario Nazionale pubblico, James negli Stati Uniti, dove la Sanità è privata e basata sulle assicurazioni. Due bambini, due percorsi di vita, due modi opposti di intendere la salute: diritto universale o lusso. 

Leonardo nasce in un ospedale pubblico, in un reparto sovraccarico ma efficiente. Il parto è completamente gratuito: la madre è seguita per tutta la gravidanza dal consultorio familiare, con ecografie, analisi del sangue, corsi preparto e assistenza post-partum. Se avesse bisogno di un cesareo, non ci sarebbero costi aggiuntivi. Dopo la nascita, madre e figlio restano in ospedale per il monitoraggio e tutto è coperto dal servizio sanitario. James nasce in un ospedale privato di New York. Sua madre ha un’assicurazione sanitaria, ma la polizza non copre tutto. Il parto naturale costa tra i diecimila e i quindicimila dollari, il cesareo può arrivare a trentamila dollari. L’assicurazione paga gran parte delle spese, ma la famiglia deve comunque coprire tra i tremila e i cinquemila dollari di tasca propria, tra franchigie e costi non inclusi. Il primo respiro di James ha un prezzo. Quello di Leonardo no. 

Nei primi anni, Leonardo riceve controlli pediatrici regolari e gratuiti. I vaccini sono obbligatori e coperti dal servizio sanitario. Se la madre ha bisogno di aiuto per l’allattamento, può rivolgersi a un consultorio, senza costi. Quando Leonardo ha la febbre alta, la madre lo porta dal pediatra senza preoccuparsi del conto. Quando James ha bisogno di controlli pediatrici, ogni visita costa duecento dollari. Alcuni vaccini, come quello contro il rotavirus, possono costare fino a duecentocinquanta dollari a dose. Questo fa sì che sua madre debba talvolta scegliere tra proteggere il figlio dalle malattie e pagare l’affitto. Contattare un medico significa effettuare una spesa imprevista. Il sistema ti obbliga quindi a valutare il costo prima della salute. 

Durante l’infanzia Leonardo cade e si rompe un braccio. I suoi genitori lo portano al Pronto soccorso: viene visitato, sottoposto a una radiografia, ingessato e dimesso. Costo? Zero. E se avesse bisogno di riabilitazione? Il Servizio sanitario nazionale (Ssn) la offrirebbe come opzione. Anche James cade e si rompe un braccio. I genitori lo portano in ospedale, ma devono prima passare dalla reception per controllare la copertura assicurativa. La visita costa cinquecento dollari, la radiografia altri duecento, l’ingessatura mille dollari. Totale: millesettecento dollari, di cui ottocento da pagare subito. Se non avessero un’assicurazione, il costo potrebbe superare i duemilacinquecento dollari. 

Da adulto, Leonardo sa che, in caso di malattia, non sarà mai lasciato solo. Il medico di base lo segue gratuitamente e gli esami di routine sono coperti, in parte, dal Servizio Sanitario Nazionale secondo le sue possibilità economiche. Se un giorno avesse un tumore, il sistema sanitario gli garantirebbe cure e trattamenti senza farlo fallire economicamente. James cambia spesso assicurazione perché ogni datore di lavoro offre polizze diverse. Se un dolore al petto lo preoccupasse, potrebbe decidere di evitare il Pronto soccorso perché una visita cardiologica costa almeno cinquecento dollari. 

Da anziano dovrebbe continuare a pagare l’assicurazione e molti farmaci non sarebbero coperti. Dovrebbe vendere la casa o indebitarsi, come capita a molti. Le vite parallele di Leonardo e James potrebbero essere segnate dalla differenza tra un sistema che considera la salute un diritto e uno che la tratta come un bene di lusso. Leonardo, italiano, non sceglie tra il curarsi e il pagare l’affitto. James è costretto a valutare i costi prima di curarsi. Questi due destini non sono determinati dal caso, ma dalle scelte politiche dei Paesi in cui sono nati. 

La realtà di James, oggi, suona purtroppo familiare anche per molti italiani che, pur essendo coperti dal Ssn, devono fare i conti con i costi indiretti delle cure: farmaci a pagamento, lunghe liste d’attesa e in molti casi la necessità di rivolgersi al privato per ottenere assistenza in tempi brevi. Se non proteggiamo il nostro servizio sanitario pubblico, quelli che ci sembrano diritti inviolabili potrebbero diventare un lusso, proprio come già accade in altre parti del mondo. […]

Oggi ci sembra normale pagare pur di “fare prima”. Ma cosa succederebbe se, magari, i trenta euro di una prestazione sanitaria diventassero trecento, poi tremila, trentamila o trecentomila? È così che si normalizza la spesa sanitaria. Qualsiasi cifra in euro rappresenta il simbolo di una rinuncia collettiva quotidiana e da lì parte una spirale: i diritti diventano merci, la Sanità un bene di consumo a prezzo variabile e chi può permettersi di pagare, ovviamente, sopravvive meglio. 

 

Tratto da “La salute in un angolo. Crisi e futuro del nostro servizio sanitario”, Martina Benedetti, edizioni Dedalo, pp. 272, 17, 10 euro

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