L’attivismo performativo a Venezia, e gli adulti la cui priorità è il consenso social

Dio – o chi per lui – ci conservi Emanuela Fanelli. Ma a questo arriviamo dopo, perché prima, per parlare dell’apertura del festival del cinema di Venezia (scusate, della mostra del cinema: come ha ricordato la Fanelli, Buttafuoco ci tiene moltissimo alla dicitura), dobbiamo parlare di V4P, l’associazione che nessuno ha capito bene cosa sia ma tutti concordano abbia vinto il premio «Cagatemi, vi prego» di questa settimana.
C’è un certo fermento nelle chat di WhatsApp di settore (credo d’aver già detto il disastro di adulti che passano le giornate a chattare). “Directorsville” e “Screenwriters united” e “Viva il cinema. Viva il cinema italiano” si domandano chi siano i firmatari del secondo appello. Nessuno? Centomila? Riepiloghiamo.
Venice 4 Palestine, qualunque cosa sia («V4P è parte di quel flusso di coscienza collettiva che sta cominciando a prendere una forma organizzata»: da un loro comunicato), fa firmare un vago «noi siamo i buoni» in forma di petizione.
«Un’altra Mostra stava per iniziare senza che fosse messa al centro la tragedia in corso. Anzi, con l’invito implicito a continuare le nostre vite come se nulla fosse. Da quel sentimento iniziale è partita la scrittura collettiva di una lettera aperta» (sempre loro comunicato che ricostruisce la petizione, sempre coi toni di chi salva il mondo tra un Bellini e un’oliva).
La lettera aperta ha moltissime schwa, tra cui una in luogo della “i” di “amanti”, perché purtroppo va sempre così: vogliono essere inclusivi e finiscono per sembrare non madrelingua. Dice che «Non esiste Cinema senza umanità», proprio così, con la maiuscola a “cinema”, e come si fa a non firmare. Firmano tutti, e magari non solo perché Gaza è il più gigantesco «Cagatemi, vi prego» degli ultimi tempi, la faccia dolente da fare se vuoi metterti sotto il riflettore buono.
Selezione minima di frasi che mi hanno detto ieri alcuni Venerati Maestri e Soliti Stronzi, firmatari e no, cui ho chiesto come fosse andata. «È una stronzata, ma meglio una stronzata di niente». «Io non ho firmato ma controllo in continuazione perché di solito ti aggiungono il nome anche se non firmi». «Almeno se ne parla». «Il boicottaggio è contrario alla mentalità di qualunque artista» (questa la dice qualcuno che ha firmato). «Dovremmo incatenarci tutti: se tutti i registi e tutti gli attori a tutti i festival si incatenassero, qualcosa cambierebbe, no?».
Io me lo vedo, Netanyahu, che dice epperò mobbàsta, si è incatenata Pilar Fogliati (non ho il numero di Pilar Fogliati, né mi risulta tra i firmatari: era solo il nome che mi faceva più ridere detto da Netanyahu – tra i fatti e l’effetto comico, scelgo sempre il secondo). Me lo vedo Netanyahu che si ritira e si dà al teatro perché fin da piccolo voleva fare quel Beckett in cui si dice «Non posso continuare. Continuerò».
Il problema è che V4P, chiunque essi siano, di documenti ne fa uscire due. Nel secondo, ne avete già letto ieri, si chiede di revocare l’invito a Gal Gadot e Gerald Butler (che non era mai stato previsto arrivassero a Venezia). Non si sa chi siano le firme del secondo, e ognuno dà una versione diversa: ha aderito una parte dei firmatari del primo, non hanno chiesto le adesioni e si sono approfittati delle firme del primo, alcuni erano d’accordo e poi si sono resi conto della brutta figura, sì però comunque la Gadot è una stronza.
Giuro che a un certo punto ho detto a una persona firmataria con cui stavo parlando che non mi veniva in mente un concetto più fascista di «Tu Tizio non lo inviti», e chi mi legge sa che io «fascista» non lo dico mai (ieri RaiMovie ha messo a Pietrangelo Buttafuoco un sottopancia con scritto “Pierangelo”: se non chiudono il canale entro oggi, ho ragione io a dire che non sono mica fascisti). Mi dava ragione, però aveva firmato (la prima lettera, dice, ma vai a sapere).
Ancora dal comunicato dell’assemblea d’istituto veneziano-palestinese: «Butler e Gadot non verranno a Venezia. […] V4P non ha richiesto l’esclusione di Gal Gadot e Gerard Butler per la loro nazionalità (tra l’altro Butler è scozzese…), ma perché i due attori si sono negli anni pubblicamente esposti a favore del governo Netanyahu e in particolare dell’esercito israeliano […] Non si tratta di silenziare opinioni, ma di dire che le posizioni che giustificano un genocidio non possono avere spazio nel confronto democratico. Non chiederemmo mai l’esclusione di qualunque artista in base a etnia, nazionalità o religione». Ho tagliato per carità cristiana alcuni crampi dell’intelletto in latino, ma sono qui che mi chiedo se possa esistere una trovata più spassosa che vantarsi dell’assenza dei due la cui presenza non è mai stata prevista.
Forse solo Luca Nivarra, che non so chi sia (in una sceneggiatura decente, sarebbe l’ideatore di V4P), ma insegna all’università, come tutte le menti più prive del senso del ridicolo di questo secolo. L’altroieri le agenzie riportavano che Nivarra avesse invitato, naturalmente su Facebook, a togliere l’amicizia Facebook agli ebrei, come grandioso gesto dimostrativo (“Proposta choc”, titolava il Corriere).
Poiché sono scettica circa l’esistenza di adulti che credono che quella social sia amicizia, sia significativa, sia qualcosa, sono andata a cercare sulla bacheca del professore. Bacheca monografica su Gaza, un gigantesco «Cagatemi, vi prego», nella quale non trovo questo post (forse sono impedita, forse l’ha tolto) ma ne trovo uno, di martedì, che inizia con le parole «Poiché alcune mie recenti prese di posizione sull’Olocausto palestinese hanno indotto taluni “amici” di FB a ritirarmi l’amicizia». Ora, io ho poche ma sentite parole.
Potete smetterla tutti di essere scemi? Tutti: da Nivarra, che leggo abbia 67 anni, l’età alla quale mia nonna metteva la dentiera nel bicchiere, ed è lì che dice tu mi hai tolto l’amicizia social ma io me ne frego pappappero; alla conduttrice dell’“Isola dei famosi”, che fa un video per dire a Emanuela Fanelli che lei la stima tanto ma «i morti di Gaza scorrono come i granelli di sabbia di una clessidra» (ah, anche poeta).
La Fanelli, che tutti gli dèi di tutte le religioni ce la conservino, aveva dato un’intervista al Corriere in cui aveva detto l’unica cosa adulta e sensata e non da disperatamente bisognosa d’essere cagata che si possa dire, in risposta alla domanda «Parlerà di Palestina?».
«Sono umanamente vicina a chi prende posizione contro la guerra. Ma non parlerò dal palco, perché non potrei parlarne quanto questo argomento meriterebbe e non ne ho nemmeno le competenze. E perché provo imbarazzo all’idea di dire una frase o due per la vicinanza che sento, mentre indosso un abito costosissimo e gioielli costosissimi per poi fare ritorno nella mia suite all’Excelsior».
Naturalmente il punto non è che non dormi al Quattro Fontane e puoi parlare di geopolitica solo in stanze dai mille euro in giù; non è che la frasetta sulla Palestina solo se i tramezzini con cui poi cenerai non sono dell’Harry’s bar.
Il punto è che dire «stop al genocidio» o altri slogan che fanno di te immediatamente la gif più amata da social (poi al cinema non ci vanno uguale, ma tantissimi cuoricini) non serve a risolvere una sega di niente ai palestinesi (ma invito di nuovo a immaginare Netanyahu colpito: perbacco, ora che Elio Germano me le ha cantate mi calmo subito), ma serve a te.
A posizionarti dalla parte dei buoni, a non farti dare dell’ignava come con la Fanelli stanno facendo tutti, dalle conduttrici di reality alle Vongola75, a venire finalmente cagata. A essere qualcosa se non sei niente: il posizionamento giusto è un ottimo rifugio, se non hai abbastanza talento.
Soprattutto, serve a non farti cancellare dagli amici di Facebook. Possiamo, dopo una certa età, acquisire consapevolezza dell’irrilevanza delle opinioni politiche degli attori e degli artisti in generale? Possiamo, da grandi, sapere che differenza c’è tra un amico (uno che chiami se buchi una gomma alle tre di notte) e un contatto social (uno che ti mette i cuoricini)?
Possiamo avere, cortesemente, degli adulti la cui priorità prima e ultima non sia il consenso social? O anche solo degli adulti che, pur di avere il consenso social, non siano disposti proprio a tutto, anche a fingere che gli importi qualcosa della gente che muore: se ti piace il mio essere contro le guerre, clicca “segui” e attiva la campanellina.
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