Le Isole Salomone, eden in Terra, rischiano di sparire sotto l’oceano
Sikaiana è un “granello di terra” nel cuore del Pacifico, un atollo che non raggiunge i due chilometri quadrati e che sembra fluttuare nel nulla, a più di duecento chilometri dall’isola principale delle Salomone. I suoi trecento abitanti vivono sospesi tra l’incanto del mare e la minaccia dello stesso oceano che da sempre li sostiene. La maggior parte delle case sorge a pochi metri dall’acqua, tanto vicine alla riva che le alte maree arrivano ormai a lambire le fondamenta, insinuandosi sotto gli alberi e penetrando nei pozzi che un tempo fornivano acqua potabile.
In un simile e fragile scenario, la quotidianità non ha però perso il suo ritmo. I bambini corrono verso scuola senza scarpe, i pescatori intrecciano reti all’ombra delle palme, le famiglie curano orti che richiedono uno sforzo sempre maggiore. La normalità resiste, ma lo fa su un equilibrio che si assottiglia giorno dopo giorno.
La scuola dell’isola e la lotta per ogni goccia d’acqua
Nel cortile dell’unico edificio scolastico, il preside Tuiao Kapule si ferma davanti a una cisterna arrugginita, e raccoglie l’acqua piovana che rappresenta una delle poche fonti davvero affidabili sull’isola. Rievoca la sua infanzia con una punta di malinconia, ricordando un ambiente molto diverso da quello attuale. Livelli di marea più bassi, raccolti più generosi, terreni che non dovevano essere difesi dal sale.
Osserva i ragazzi giocare poco distante, le loro voci che rimbalzano tra le aule aperte, e ammette quanto sia diventato difficile garantire condizioni stabili alle famiglie. Sempre più spesso, alcuni studenti non si presentano in classe perché in casa manca il cibo. Il legame tra natura e sopravvivenza, che per generazioni ha garantito autosufficienza, oggi viene spezzato dalle maree imprevedibili e da stagioni che non seguono più un ordine leggibile.
Il tempo che cambia e la memoria dell’isola
Mary Maike, una delle presenze più rispettate della comunità, ha trascorso tutta la vita in riva al mare e conosce le trasformazioni dell’atollo come pochi altri. Le piogge ora sono intense, così violente da impedire la raccolta dell’acqua, mentre lunghe giornate di sole che prosciugano le cisterne, costringendo le famiglie a cercare pozzi più lontani e a bollire ogni goccia prima di berla.
Mentre guarda i nipoti che giocano, riconosce che un trasferimento potrebbe diventare inevitabile. Ma l’idea di lasciare il mare la spaventa più di ogni altra cosa. La pesca, la raccolta di conchiglie, il contatto costante con l’acqua sono ciò che dà senso alla vita sull’isola. Spostarsi nell’entroterra, significherebbe modificare in maniera radicale il loro modo di vivere, forse perfino comprometterlo.

Un arcipelago minacciato da un futuro incerto
Le storie di Tuiao e Mary riecheggiano in molte altre isole delle Salomone. L’intero arcipelago sta vivendo un cambiamento che non è più teorico ma quotidiano: pozzi contaminati dall’acqua salata, giardini distrutti dalle mareggiate, coste mangiate dall’erosione. A Sikaiana, l’allarme è visibile ogni giorno. L’atollo si alza appena quattro metri sopra il livello del mare, un margine che le maree più alte superano con facilità, erodendo la sottile fascia di mangrovie che rappresenta la prima e unica difesa naturale.
Non esistono zone elevate dove rifugiarsi, né risorse sufficienti per costruire barriere costiere imponenti. Per molte comunità del Pacifico, il trasferimento non è più un concetto astratto, ma un’opzione che si avvicina inesorabilmente.
Prepararsi all’inevitabile: la risposta delle istituzioni
Il destino delle piccole isole minacciate dall’innalzamento del mare sarà uno dei temi centrali della prossima Conferenza delle Nazioni Unite sul Clima, la COP30 di Belém. Ma la questione non è nuova per gli abitanti delle Salomone. Nel 2022 il governo, con il sostegno dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, ha adottato le Linee Guida per il Ricollocamento Pianificato, un quadro pensato per accompagnare eventuali trasferimenti di comunità dalle zone più esposte ai rischi climatici.
L’obiettivo è chiaro: prepararsi a spostamenti che, se mai dovessero avvenire, dovranno essere organizzati in modo trasparente, rispettoso e attento alla dignità delle persone coinvolte. Per chi vive in un atollo come Sikaiana, tale prospettiva rappresenta un misto di timore e speranza: paura di lasciare il proprio mondo, desiderio di garantire un futuro ai figli.
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