L’educazione civica è la risposta concreta al deterioramento delle democrazie occidentali

Qual è la situazione della democrazia nel mondo contemporaneo? Democrazia è una parola che spesso diamo per scontata, ma che viene costantemente snaturata e minacciata. A volte accade in modo plateale, altre in modo più subdolo. Il risultato? Nel 2024 l’indice di democrazia, calcolato ogni anno dall’Economist, è sceso al minimo storico di 5,17.
Linkiesta Festival 2025 si è aperto con i progetti vincitori di un’iniziativa dell’Università Bocconi, nata con l’obiettivo di mostrare agli studenti che la democrazia non è solo un concetto teorico, ma un valore da comprendere a fondo, monitorare e proteggere anche in contesti che, a prima vista, sembrano meno a rischio rispetto ai Paesi in conflitto o sotto regimi autocratici.
Sul palco, dopo l’introduzione di Fabrizio Fasanella, è salita Viktoriia Lapa, docente di Diritto pubblico all’Università Bocconi di Milano. È il secondo anno che Lapa organizza col collega Justin Orlando Frosini questo progetto in cui gli studenti del World Bachelor in Business realizzano lavori di ricerca simili a vere e proprie inchieste giornalistiche: anche quest’anno hanno parlato con esperti, esaminato dati e portato proposte per analizzare il rapporto tra democrazia e stato di diritto, e per capire cosa possiamo fare noi, come singoli cittadini, per fermare l’erosione della democrazia.
Secondo Lapa, «le università hanno un impatto che va al di là delle aule. Progetti come questo permettono agli studenti di entusiasmarsi, approfondire temi complessi e rivolgere domande ai professionisti che difendono i diritti umani in vari Paesi: perché alcuni diritti scompaiono e cosa possiamo fare noi come cittadini».
Soprattutto nei Paesi occidentali, prosegue la professoressa della Bocconi, «l’insegnamento di alcuni concetti talvolta si perde in tecnicismi e aspetti troppo teorici, e molti ragazzi non comprendono il vero valore della democrazia, finendo per dare molte cose per scontate, quando non è così». Nell’Europa orientale, invece, proprio negli Stati a rischio di derive autoritarie, sono spesso i giovani a sentirsi in dovere di andare in piazza per difendere questi diritti.
In Paesi come Ungheria, Georgia e Serbia, per esempio, i veri protagonisti delle proteste sono sempre gli studenti e i giovani. Lo stesso avviene in Ucraina, dove ragazze e ragazzi hanno riempito le piazze persino durante la guerra, per difendere le istituzioni democratiche.
«I nostri studenti devono diventare i veri protagonisti del cambiamento democratico e poter difendere ogni valore», conclude la docente prima di lasciare il palco ai giovani. Gli studenti del primo gruppo hanno presentato un progetto sul tema criminal disenfranchisement, ovvero la privazione del diritto di voto per le persone con precedenti penali. Il voto è uno dei diritti fondamentali alla base della democrazia, riconosciuto a livello internazionale: «Tutti hanno il diritto di partecipare al governo del proprio Paese, direttamente o tramite rappresentanti scelti liberamente».
Questo è il motivo per cui questo tema ha sollevato molti dibattiti su scala globale. Su centotrentasei Paesi esaminati si sono notati esempi come quello del Canada, dove non c’è alcun tipo di criminal disenfranchisement. In altri Stati, come Germania, Francia e America, questo fenomeno è presente ma meno visibile («parziale»).
Il secondo gruppo ha affrontato il ruolo del giornalismo nella salvaguardia della democrazia. L’informazione è la colla che tiene insieme governo e popolo, e quando inizia a essere minacciato è un chiaro allarme di instabilità per la democrazia. Stando alla ricerca degli studenti della Bocconi, le principali minacce ai danni del giornalismo sono tre: soppressione da parte dello Stato, la proprietà concentrata, l’indottrinamento.
Sul palco è stato presentato il caso studio della Tanzania, un tempo definita il «Paese più democratico del Continente africano». Ora, invece, il suo governo manipola le notizie sulle proteste. Inoltre, sono stati evidenziati casi di giornalisti scomparsi. In Occidente, però, non siamo esenti da queste problematiche: basti pensare alle fake news che dilagavano prima del referendum del 2016 sulla Brexit.
«Il silenzio non è più un’opzione, perché se il pilastro della verità crolla, non è solo il giornalismo che cade, ma tutti noi. Cosa dobbiamo fare per cambiare? Informarci e cercare la verità anche quando è difficile», conclude una studentessa del secondo gruppo.
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